La Repubblica 17 aprile 2008, MAURIZIO RICCI, 17 aprile 2008
Tasso di riferimento manipolato in Inghilterra nuovo scandalo banche. La Repubblica 17 aprile 2008 C´è un barometro della crisi finanziaria mondiale e continua a segnare tempesta
Tasso di riferimento manipolato in Inghilterra nuovo scandalo banche. La Repubblica 17 aprile 2008 C´è un barometro della crisi finanziaria mondiale e continua a segnare tempesta. Anzi, se sono fondate voci e dubbi che circolavano ieri negli ambienti finanziari, le prospettive potrebbero essere anche peggiori di quello che sembrano. Quel barometro è il mercato interbancario di Londra e registra la liquidità e il grado di fiducia reciproca delle banche. Ieri, il tasso sui prestiti che le banche si fanno l´una con l´altra è arrivato, sia sul mercato in dollari che su quello in euro, ai massimi del 2008. Per l´Euribor, cioè in euro, siamo al 4,77 per cento, segno della riluttanza delle banche dal separarsi dei propri soldi per consegnarli temporaneamente ad un altro istituto. Ma la notizia non è brutta solo per le banche. E´ una pessima notizia per tutti noi, per le decine di milioni di famiglie che, in Europa come negli Usa, pagano il mutuo sulla casa, con interessi collegati ai tassi del mercato interbancario. La quasi totalità dei mutui a tasso variabile, in Italia, calcola, infatti, l´interesse come una maggiorazione sull´Euribor. Se sale l´Euribor, sale la rata mensile: associazioni dei consumatori, come l´Adusbef, calcolano che l´ultimo aumento dell´Euribor comporti un aggravio di 180 euro sul costo annuo di un mutuo da 100 mila euro per una famiglia italiana. Ma i motivi di inquietudine sono più profondi. All´occhio degli esperti, più ancora che il livello del tasso interbancario, conta la sua distanza, lo spread, rispetto ai tassi ufficiali delle banche centrali, che sono l´ancora di riferimento di tutta la struttura dei tassi. Normalmente, questo spread si aggira sui 10-25 punti base, cioè uno 0,10-0,25 per cento in più. Ma, attualmente, siamo a 50 punti base per il tasso in dollari e quasi 80 per quello in euro. Centinaia di miliardi di dollari e di euro pompati nel mercato dalle banche centrali, la decisione della Fed di accettare anche titoli di dubbia affidabilità (come i titoli basati sui mutui subprime) e, sempre nel caso americano, una politica di taglio dei tassi di inedita aggressività non sembrano aver avuto effetti. In particolare, duraturi. L´analisi dei due mercati, mostra che, dall´estate ad oggi, i massicci interventi di Fed e Bce sono riusciti a ridurre lo spread, ogni volta, solo per poche settimane. E´ successo ad ottobre, poi a dicembre e, ancora, fra marzo e aprile. Lo spread fra Euribor e tasso di riferimento della Bce, a quasi 80 punti base, è praticamente lo stesso di settembre, all´esplodere della crisi. E se fosse anche più ampio? Dando voce a dubbi che serpeggiano fra le banche, ieri il Wall Street Journal ha avanzato l´ipotesi che il Libor (e, di conserva, l´Euribor) dovrebbero, in realtà, essere più alti di quanto ufficialmente attestato. Attualmente, i due tassi vengono calcolati come media dei tassi effettivamente pagati sul mercato, secondo quanto dichiarano, giorno per giorno, gruppi selezionati di banche (45 per l´Euribor, 16 per il Libor in dollari). Secondo il giornale americano, tenderebbero a dichiarare tassi più bassi di quelli effettivi. Ma perché, visto che una sottovalutazione del Libor va, apparentemente, contro gli interessi delle banche? Paradossalmente, infatti, un Libor più basso significa anche rate più basse incassate sui mutui. Il Journal ipotizza che le banche preferiscano non indicare i tassi effettivamente pagati, per non rivelare le difficoltà che incontrano a trovare credito. Un´ipotesi più maliziosa è contenuta in un recente rapporto della Banca dei Regolamenti internazionali: le banche potrebbero preferire perdere sui mutui, perché, con un Libor più basso, guadagnano di più sui derivati legati a quel tasso. Lo stesso rapporto aggiunge, però, che non ci sono prove significative che questo avvenga davvero. E avanza un´altra ipotesi, solo apparentemente meno preoccupante: poiché i prestiti trimestrali sono, ormai, praticamente inesistenti, le banche non potrebbero che dare indicazioni, praticamente, virtuali. Ormai, infatti, le banche si prestano soldi a non più di una settimana. Poi, vogliono rientrare subito. E questo è, forse, il segnale peggiore della crisi. MAURIZIO RICCI