Corriere della Sera 17 aprile 2008, A. Far., 17 aprile 2008
E Ratzinger scrive ai soldati americani che lo arrestarono. Corriere della Sera 17 aprile 2008 Un biglietto di ringraziamento, su carta intestata della Santa Sede, scritto e autografato da Benedetto XVI in persona
E Ratzinger scrive ai soldati americani che lo arrestarono. Corriere della Sera 17 aprile 2008 Un biglietto di ringraziamento, su carta intestata della Santa Sede, scritto e autografato da Benedetto XVI in persona. Poche parole commosse per benedire i veterani dell’esercito Usa, oggi ultraottantenni, che nel 1945 lo catturarono in Germania e adesso si sono messi in contatto con lui. Spedendogli il libro Finding My Father’s War, dove Walter Eldredge raccoglie le loro memorie. La vicenda risale a qualche tempo fa ma emerge soltanto ora che il primo Papa nella storia a essere stato prigioniero di guerra degli americani è in visita negli Stati Uniti. Sul suo storico viaggio, secondo fonti della Chiesa cattolica americana, aleggerebbe proprio lo spirito e la generosità dei suoi carcerieri di un tempo. Il pontefice rievoca l’incontro ravvicinato con i soldati Usa nelle proprie memorie, dove racconta di come, allora 18enne, fu costretto a reindossare la divisa ripudiata giorni addietro, quando aveva disertato dalle file naziste, rischiando la vita. Anche se non aveva mai sparato un colpo in vita sua, il giovane Ratzinger dovette marciare su un’autostrada deserta per tre giorni, insieme a migliaia di prigionieri tedeschi. «Gli americani ci scattavano foto – scrive Ratzinger – specialmente i più giovani tra loro, che volevano portare a casa un souvenir di quell’armata sconfitta ». Ma a cercarlo, 60 anni più tardi, sono proprio quei «giovani»: i veterani del «2nd Chemical Mortar Battalion » che nel maggio del 1945 entrò in Traunstein, Baviera, e lo fece prigioniero spedendolo per tre mesi in un campo di detenzione a Ulm, in Germania. L’ammirazione del Papa per l’America, secondo il settimanale Time, ha le radici in quel periodo. «Rimase colpito da come gli americani evitarono di vendicarsi sui nemici tedeschi e sul suo paese», teorizza il settimanale nel suo ultimo numero di copertina intitolato «Perché il papa ama l’America ». «Gli concessero di tornare a casa – incalza – ed essere testimone di uno degli atti di carità più grandi della storia moderna: la ricostruzione della Germania da parte della forza di occupazione». A confermare la tesi è uno dei più stretti collaboratori di Benedetto XVI, il cardinale americano William Levada, suo successore alla guida della Congregazione per la dottrina della fede: «Questo Papa è di una generazione che ricorda, con gratitudine», afferma. Elliott Stalnaker, uno dei veterani che entrarono a Traunstein, è riuscito nel 2005 a mettere il proprio passato in relazione a quello di Ratzinger, grazie ad un amico prete cattolico. «Lui mi disse "Grazie a Dio non hai sparato al Papa" – racconta Stalnaker – e io gli ho risposto: "Grazie a Dio che lui è rimasto in fila con gli altri"». A. Far.