Corriere Economia 14 aprile 2008, MASSIMO MUCCHETTI, 14 aprile 2008
Nucleare all’italiana. Corriere Economia 14 aprile 2008 Ventinove anni dopo l’incidente di Three Mile Island, negli Stati Uniti si torna a costruire una centrale nucleare nuova
Nucleare all’italiana. Corriere Economia 14 aprile 2008 Ventinove anni dopo l’incidente di Three Mile Island, negli Stati Uniti si torna a costruire una centrale nucleare nuova. Georgia Power ha infatti firmato il contratto per due reattori di terza generazione da 1100 megawatt ciascuno, con la Westinghouse, filiale locale del colosso giapponese Toshiba. Poco prima la francese Areva, leader mondiale del settore, aveva annunciato di aver raccolto ordini per nuove centrali atomiche, soprattutto in Oriente, per 40 miliardi di euro. Il Rinascimento nucleare, intravisto dall’Economist due anni fa, è ormai una tendenza reale trainata da due esigenze: trovare una grande fonte energetica aggiuntiva alle tradizionali fonti fossili e idriche per soddisfare la domanda in rapidissima crescita delle nuove economie; contrastare l’effetto serra, determinato dall’eccesso di anidride carbonica, con una produzione senza emissioni e più economica rispetto al vento e al sole per come possono essere sfruttati oggi. L’onda è arrivata anche in Italia, dove il nucleare era stato bandito con il referendum post Chernobyl. Giuliano Zuccoli, presidente del consiglio di gestione di A2A, Umberto Quadrino, presidente di Edison, Fulvio Conti, amministratore delegato dell’Enel, hanno saltato il fosso con interviste e dichiarazioni. E tuttavia non l’hanno ancora fatto negli organi amministrativi delle società. E Conti è stato abbastanza cauto nell’audizione parlamentare del 5 dicembre 2007. Costruire consenso Costruire consensi formali non è semplice, perché l’azionariato può avere interessi divergenti. L’Enel è controllata dal governo e bisognerà vedere se l’azionista politico, fatti i conti, troverà ancora conveniente scontrarsi con la tendenza nazionale a non voler niente sotto le finestre di casa. I vantaggi per i consumatori infatti restano da dimostrare. Enel, Edison e A2A parlano di costruire non più di 10-11 mila megawatt di nucleare, che a regime potranno dare un quarto della produzione nazionale. Se prendiamo per buono che l’energia nucleare costi la metà di quella da gas con il barile a 80 dollari, avremmo in teoria uno sconto del 10-12% sulla bolletta del sistema. Sarebbe poco più di quanto stiamo da anni regalando ai produttori privati del Cip 6. vero che oggi i prezzi del gas e del carbone sono più alti, e dunque la convenienza immediata del nucleare ancora più rilevante, ma lo stesso leader dell’Eni, Paolo Scaroni, si attende la discesa del barile nei prossimi 3-4 anni. In realtà, il punto vero è che la bolletta del sistema non è quella degli italiani in genere. I margini di guadagno sul nucleare rimarranno in capo ai soci del consorzio, se consorzio sarà: ai soci grandi consumatori come potrebbero essere i siderurgici, che avranno energia a prezzo dimezzato per i loro usi, e ai soci elettrici che potranno rivendere ai consumatori normali ai prezzi di mercato. Certo, i 10 mila megawatt nucleari cacceranno 10 mila megawatt tradizionali meno efficienti, ma alla Borsa elettrica, che fa ancora il prezzo all’offerta marginale, nessuno regala nulla. Il secondo polo elettrico italiano, la Edison, è diviso tra i francesi dell’Edf, massimi produttori di energia nucleare e padrini di Areva, interessati anche a vendere reattori in Italia, e la superutility A2A, dove Zuccoli è un «nuclearentusiasta», mentre il presidente del consiglio di sorveglianza, Renzo Capra, senza bollare il nucleare, esalta le rinnovabili. L’offensiva a favore dell’atomo è ancora alla fase delle parole. E così consente agli altri produttori di restare defilati. La Sorgenia del gruppo De Benedetti, che ha un gruppo editoriale assai sensibile alle posizioni ambientaliste, è pronta a entrare in gioco se e quando il governo chiarisse il contesto, ma lascia a Enel e a Edison il ruolo di battistrada. Questa fase di preparazione lascia spazio ai partiti per usare il ritorno al nucleare come arma polemica in campagna elettorale, mentre i più responsabili tra i leader approcciano il tema con diverse forme di cautela: Giulio Tremonti suggerisce di costruire le centrali nucleari in Albania; Pierluigi Bersani sfida tutti a presentare progetti credibili, e aggiunge che, forse, le imprese non hanno il fisico. L’Italia dell’atomo, dunque, rischia di rimanere appesa ai recentissimi libri di Chicco Testa, già leader dell’antinuclearista Lega Ambiente in gioventù e poi presidente dell’Enel e ora banchiere in Rothschild, che suggerisce di tornare all’atomo, ma teme la prevalenza dei veti localistici, e del professor Alberto Clô, influente consigliere dell’Eni, che ripropone la tesi di Hans-Holger Rogner e Alan McDonald, dell’International Atomic Energy Agency di Vienna, secondo la quale, nei mercati liberalizzati e a minor crescita dell’Occidente, il nucleare non può competere con il gas. Il vantaggio di prezzo attuale, infatti, sarebbe comunque labile in relazione ai 60 anni di vita utile sui quali andranno ammortizzate le nuove centrali nucleari e ai 25 anni dei relativi project financing .E non riuscirebbe a fronteggiare, in un mondo finanziario ormai votato al breve termine, l’enorme incidenza dei costi di capitale e il premio che pur va concesso ai rischi politici dai quali dipendono i tempi di costruzione e i costi finali che, secondo fonti Edf citate da Clô, possono anche raddoppiare. Lo stesso Clô, tuttavia, individua l’eccezione vincente nella nuova centrale finlandese di Oikiluoto 3 dove i grandi clienti e le imprese elettriche hanno formato un consorzio e ritirano, a fermo e al costo, tutta l’energia prodotta. Questa garanzia azzera il rischio di oscillazioni della domanda generate dal ciclo economico e dalla concorrenza. Una tale certezza attenua i costi finanziari e la rinuncia al dividendo riduce molto i costi di capitale. La Tvo può dunque cedere il megawattora a 25 euro anziché ai 46 dell’impianto gemello dell’Edf a Flamanville. Secondo fonti ufficiose, tuttavia, il costo finlandese sarebbe salito a 35 euro. Del resto, fino a quando non ci sarà un piano vero, le previsioni di costo vanno prese con le pinze: Edison stima 44 euro per megawattora nucleare, Zuccoli 40 e Conti, nell’audizione, oscilla tra i 41 e i 52 euro. Ma il punto non cambia. Il costo delle emissioni L’esponente dell’Eni, centro di potere storicamente contrario al nucleare, considera irripetibile l’esperienza finnica. Ma è proprio a quel modello che sta guardando il partito italiano dell’atomo. Nella certezza di avere nella faretra due frecce assai efficaci: il contributo che l’atomo, non avendo emissioni, può dare a pulire l’aria dalla CO2 e il costo crescente che avrà il diritto di inquinare usando combustibili fossili. Oggi si pagano 4 euro a tonnellata di CO2, perché non è ancora finita l’assegnazione gratuita dei diritti. Nei raffronti tra i costi delle diverse tecnologie, si considera un’incidenza di 20 euro a tonnellata di CO2 emessa. Ma Zuccoli cita il commissario Ue, Andris Piebgals, secondo il quale, dopo il 2011, si arriverà a 40 euro. MASSIMO MUCCHETTI