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 2008  aprile 14 Lunedì calendario

Le tecno-tute che creano i campioni. Corriere della Sera 14 aprile 2008 ROMA – Torniamo allo slippino? Non se ne parla

Le tecno-tute che creano i campioni. Corriere della Sera 14 aprile 2008 ROMA – Torniamo allo slippino? Non se ne parla. Il costume, o meglio il body che fa volare sull’acqua i campioni delle piscine e diventare campioni anche i nuotatori della domenica, si può usare liberamente. Lo ha deciso, l’altroieri a Manchester, la Fina (la Federazione internazionale del nuoto) liberalizzando l’uso del supercostume della Speedo. Quello che ha contribuito a migliorare oltre 20 record mondiali negli ultimi due mesi garantendo a chi lo indossava maggior galleggiabilità e riducendo l’attrito dei corpi sull’acqua. C’era chi voleva proibirlo per ristabilire la par condicio tra le corsie. Palesemente violata da chi lo usava e aveva una marcia in più rispetto a chi faceva in maniera anacronistica ancora leva sulla sola vecchia forza di braccia e gambe. Chiedere a Filippo Magnini, campionissimo, che si è visto sfrecciare davanti, agli Europei di Eindhoven, il francese Alain Bernard, indossatore spot del costume che ha migliorato il primato del mondo dei 100 stile libero, la madre di tutte le gare di nuoto, con la stessa facilità con cui si esce di casa a far due passi. «Ma la tecnologia rischia di alterare ogni cosa», sbottò Magnini che ha deciso di andare a provare subito il super-body che l’Arena gli ha messo a disposizione. La Cina è vicina. E per non buttare a mare chilometri e chilometri consumati in allenamento, si può anche vestire i panni del Robocop delle acque. Certamente si è aperta una porta pericolosa: cosa riserverà il domani nelle piscine? Il semaforo verde all’alta tecnologia rischia di creare dei mo-stri, intesi come nuotatori vestiti come astronauti. Le altre case produttrici non capiscono ma si adegueranno in fretta. E anche la federazione italiana, che ne aveva intelligentemente interdetto l’uso agli ultimi campionati italiani di Livorno, ha dovuto alzare bandiera bianca. La ricerca dell’«aiutino» nell’abbigliamento non è però un’esclusiva del mondo delle piscine. Anche altrove si è cercato di supportare le prestazioni dei propri campioni al di là della naturale evoluzione di capi e tessuti. Fate indossare a Francesco Totti o Alex Del Piero una maglia dei loro colleghi di trent’anni fa e avrebbero la sensazione di giocare con la sciarpa della nonna addosso. Nell’atletica correva l’anno 1987 quando la velocista americana Florence Griffith si presentò ai mondiali di Roma con un body con cappuccio. La moda si diffuse rapidamente. Salvo evaporare con la stessa velocità quando si capì che se le gambe non giravano il body serviva a poco e nulla. Nel rugby le maglie elasticizzate per rendere più complicati i placcaggi sono diventate un must anche nelle rimpatriate tra vecchi amici della palla ovale. La Canterbury, ditta specializzata, è andata però oltre: brevettando una maglia con un liquido che, a contatto con la pelle, genera piccole scariche microelettroniche che stimolano la circolazione e l’ossigenazione del sangue. Secondo gli addetti ai lavori prestazioni migliorate anche del 15%. Morale: la federazione internazionale ne ha vietato l’uso a chi, come il Sudafrica, chiedeva di indossarla negli ultimi mondiali in Francia. Per la cronaca, il XV sudafricano ha lo stesso alzato al cielo la Coppa del Mondo. Nel volley l’uso di calzoncini più aderenti tra le donne venne caldeggiato dal gran capo della pallavolo mondiale, il vulcanico messicano Ruben Acosta. Migliorava le prestazioni sotto rete? No: valorizzava le forme delle giocatrici. Ma questa è un’altra storia. Roberto Stracca