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 2008  aprile 15 Martedì calendario

Creazionismo, destra religiosa e Bush. Liberazione 15 aprile 2008 La Grande Mela macina e sommerge ogni cosa

Creazionismo, destra religiosa e Bush. Liberazione 15 aprile 2008 La Grande Mela macina e sommerge ogni cosa. Almeno per ora, nella brulicante selva di facciate color mattone o nel razionale disordine della cinquantesima strada non è facile scovare qualche traccia dell’imminente visita del papa che pure è finito in copertina sul Time come grande amico dell’America. Ratzinger arriverà a New York soltanto sabato prossimo e si recherà subito al Palazzo di vetro dell’Onu. Oggi invece (le 22 in Italia) atterrerà a Washington alla Andrews Air Force Base. Ci sarà Bush ad accoglierlo insieme alla first lady e sarà uno strappo al protocollo visto che la cerimonia di benvenuto è prevista per il giorno dopo alla Casa bianca. George W. Bush, che si dice "rinato" alla fede in Dio, può forse dirsi rinato anche in Vaticano. Mentre Osama, Illary e McCain non sono certi di portare a casa una foto elettorale accanto al papa, il presidente conta di andare in pensione con un ricco album di sorrisi papali. Dopo la grazia divina da tempo va cercando quella pontificia. Sull’aereo di Benedetto XVI avrebbe avuto titolo di viaggiare anche l’ambasciatrice statunitense Mary Ann Glandon. Prima di essere rappresentante del suo Paese oltre le mura apostoliche è stata infatti presidente dell’Accademia pontificia di scienze sociali e ha guidato la delegazione vaticana alla conferenza Onu di Pechino sulla donna, opponendosi alle politiche di regolazione delle nascite. Solo le regole diplomatiche le hanno impedito di recitare due parti in commedia. Le più recenti dichiarazioni del cardinale Tarcisio Bertone fanno ben sperare Bush. L’inarrestabile Segretario di stato vaticano ha consegnato all’agenzia Ap e a Foxnews un sacco di complimenti per gli States, come da tempo non si ascoltava. «Gli Usa - ha detto - condividono gli ideali delle Nazioni Unite e le mete della Chiesa, i valori che sono fondati sulla natura umana in se stessa». Questi Stati Uniti che stampano Dio perfino sui dollari promettono a Ratzinger molto più dell’Europa, malgrado la secolarizzazione, il consumismo, i divorzi, gli aborti e le bombe di Bush. D’altra parte i presidenti passano mentre l’America resta. Il papa ritiene che questa religione "pubblica" alla lunga sia un antidoto alla perdita di consenso e più rassicurante del paventato "laicismo" eurpopeo. Ratzinger - sottolineano tutti - conosce bene gli Usa, ogni virtù e segreto più o meno confessabile della sua chiesa cattolica locale. Come prefetto della dottrina ha controllato molti dossier e ha visitato gli Usa più volte. La sua attenzione si concentra sui seminari e sulle università cattoliche, epicentri dello scandalo dei preti pedofili ed anche dei dissensi interni contro la "normalizzazione" successiva al Concilio. L’approccio teologico e "occidentale" al rapporto tra fede e ragione rende Ratzinger sensibile ai richiamo della destra religiosa americana e al revival del "creazionismo" in campo scientifico. Come il suo amico cardinale Schomborn, che ha scritto editoriali sul New York Times, incoraggia i sostenitori del "disegno intelligente" contro le pretese "ideologiche" del darwinismo. Inoltre papa Ratzinger, mentre invoca il dialogo intrerreligioso con i musulmani, non risparmia provocazioni culturali, come fece a Ratisbona, sul terreno scottante (per entrambe le religioni, almeno storicamente) della libertà religiosa e del ricorso alla violenza. Papa Wojtyla si lasciava affascinare molto meno dal credo americano e soprattutto si irritò fino allo sdegno per la guerra scatenata da Bush in Iraq. Nei sacri palazzi il giudizio storico su quella impresa non è mutato. Anzi, agli occhi vaticani, la persecuzione contro le minoranze cristiane in Iraq e l’assassinio di monsignor Rahho hanno tragicamente confermato che il disastro è peggiore del previsto. Lo stesso Benedetto XVI ha espresso un commento severo benché messo in sordina dai giornali: «Il popolo iracheno - ha detto - da cinque anni porta le conseguenze di una guerra che ha provocato lo scompaginamento della sua vita civile e sociale». E così il cardinale Renato Martino, che resta un inflessibile oppositore delle scelte belliche dell’amministrazione americana, ha consigliato di diffidare delle facili interpretazioni secondo cui questo papa e Bush ormai si scambierebbero rose e fiori. Per il presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace, l’incontro di domani alla Casa Bianca non esprimerà un appoggio a Bush «più ampio» della convergenza evidente su temi come l’aborto e l’eutanasia. Martino non è neppure convinto che le truppe Usa in Iraq siano necessarie oggi, a danno consumato, per evitare il peggio. «La valutazione è difficile», si limita a commentare ben sapendo che la diplomazia vaticana è costretta ad un certo realismo e soprattutto che il ritiro dei soldati è argomento centrale nelle presidenziali americane. Deal Hudson, direttore di "Inside catholic", nota che «la più grande differenza delle elezioni 2008 è l’instabilità del voto cattolico suscitata dalla guerra in Iraq». Non bastano le cosiddette questioni etiche a orientarlo a favore del repubblicano McCain, il quale non può dunque ricevere il sostegno pieno delle gerarchie cattoliche. D’altra parte il democratico Obama sembra meno affidabile per la chiesa nel campo dei diritti individuali ma vorrebbe interpretare la religiosità dell’America in continuo cammino verso la terra promessa che fu dei puritani e che si espresse al meglio in Martin Luther King. Intanto il cardinale Bertone fa molti sconti a George W. Bush. Lo scontro aperto del 2003 tra Santa sede e Casa Bianca viene ridotto ora a semplici «differenze di metodo». «Anche gli Usa - spiega il capo della diplomazia pontificia - perseguono metodi diplomatici, a volte metodi direi più forti, ma comunque metodi di dialogo, convinzione, mai di imposizione». L’esportazione della democrazia sulle ali dei bombardieri sarebbe stata dunque soltanto una diplomazia troppo vigorosa? Bush è ormai un presidente agli sgoccioli. Al papa interessa piuttosto la politica futura. Il Vaticano giura che la campagna elettorale non c’entra con la sua visita. Ma rimettere assieme i pro-life antiaboristi e il no alla pena di morte, l’esortazione al disarmo e le sforbiciate ai libri su Darwin, sarebbe senz’altro un bel colpo per l’ex custode della dottrina. Senza contare che con Bush si parlerà sicuramente anche di Cina, la patata più bollente per la diplomazia vaticana insieme al rischio della scomparsa dei cristiani in Palestina. E poi c’è Cuba, un argomento su cui Bertone è ferratissimo. Reduce da una visita nell’isola proprio nei giorni della successione a Fidel, il cardinale ribadirà che l’embargo è stato un errore e spiegherà a Condoleeza che per il futuro di Cuba la chiesa ha più carte in mano degli States. Fulvio Fania