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 2008  aprile 13 Domenica calendario

«Io con Ratzinger per rifare la Chiesa». Il Sole 24 Ore 13 aprile 2008 Prima del Concilio, nel 1960, il mio libro Concilio e ritorno all’unità era la costruttiva "offerta di un teologo alla chiesa" e alla sua guida per trovare la via verso un futuro nuovo

«Io con Ratzinger per rifare la Chiesa». Il Sole 24 Ore 13 aprile 2008 Prima del Concilio, nel 1960, il mio libro Concilio e ritorno all’unità era la costruttiva "offerta di un teologo alla chiesa" e alla sua guida per trovare la via verso un futuro nuovo. L’offerta venne accettata: «Like it or not, in prospettiva storica questo libro ha fatto più di qualunque altra cosa per mettere in moto il Concilio», scrive il domenicano inglese Fergus Kerr un quarto di secolo più tardi. Parimenti, un’offerta simile è ora, dopo il Concilio, nel 1967, il mio libro La chiesa, più precisamente l’offerta di realizzare le grandi istanze del Concilio. Coerentemente motivato a partire dall’origine neotestamentaria, veracemente cattolico (e proprio per questo di tanto in tanto distante dalla consueta mentalità cattolico-romana), ho cercato di indicare una via: che cosa la chiesa, dall’origine fino al difficile presente, può e deve essere in vista di un futuro migliore. Anche questa offerta – questo è il «servizio nella chiesa» che io desidero – verrà accettata dalla chiesa e dalla sua guida? Nel 1960 io percepivo dietro di me il Concilio e il papa, chi, ora nel 1967? A Roma, ben presto, stando alle voci, si occupa del libro il Sanctum Officium, che ora si chiama Congregazione per la fede. Più tardi verrò a sapere che viene preparata un’azione che mi può costare caro. Davvero a Roma non sono a conoscenza che la reazione di influenti teologi cattolici ed evangelici, nonostante alcune obiezioni in questioni di poco conto, è sorprendentemente positiva? Karl Barth mi dice, dopo averlo letto: «Questo è un libro profondamente evangelico». Ed Ernst Käsemann spiega, in una lezione che segue una presentazione delle tesi principali de La chiesa nel Salone delle feste dell’Università di Tubinga: «Con questo libro è sanata la spaccatura ecclesiale tra me e Küng». Che benedizione, penso io, sarebbe per la chiesa cattolica e per l’intera ecumene se, con tutte le correzioni, si potesse trovare un accordo sulla linea di questo libro! Presto in parecchi seminari, tanto cattolici, quanto protestanti, sarà adottato come manuale... Ma al "Sant’Uffizio" la si vede diversamente e viene istituito in fretta e furia un processo inquisitoriale che darà vita a un conflitto permanente con il Vaticano e che negli anni Settanta toccherà il culmine con la disputa sull’infallibilità. I miei scolari Hermann Häring e Josef Nolte documenteranno in modo completo la discussione in un loro apposito libro intitolato Discussione su: Hans Küng, "La chiesa" (1971). Nel complesso, però, la discussione ha preso una buona piega e avrebbe potuto portare a risultati positivi. Non da ultimo, le reazioni provenienti dal l’ambito della "Anglican Communion" mi dimostrano che su questa base sarebbe possibile una buona volta una riconciliazione tra Roma e Canterbury, un modello per un ulteriore progresso nell’ecumene cristiana. Su un collega con cui condivido l’età, le idee e le capacità ripongo qui particolari speranze: su Joseph Ratzinger. Quando il mio collega di Dogmatica, il prof. Leo Scheffczyk, ottiene una chiamata dall’Università di Monaco, da cui proviene, come Decano faccio tutto il possibile per convincerlo a restare a Tubinga. Ma non riesco a smontare la sua argomentazione: il clima intellettuale critico di Tubinga è per me, così pensa, il posto giusto per operare. Egli invece si sentirebbe di casa piuttosto nell’atmosfera conservatrice di Monaco. ... Chi sarà però il suo successore? Per me non può essere altri che Joseph Ratzinger, all’epoca professore di Dogmatica a Münster. Sebbene abbia solo 37 anni, egli gode di un’elevata considerazione, come mostra la carriera che ha fatto finora. Ha un suo orientamento di ricerca e possiede nel contempo una grande apertura per le questioni del presente, presupposto per una buona collaborazione. In più, nel periodo conciliare l’ho conosciuto come una persona simpatica. Così mi sembra una copertura della cattedra addirittura ideale. Questa è poi anche l’argomentazione che io, contrariamente alle abitudini, sostengo fin dall’inizio della seduta della mia Facoltà. Come Decano e contemporaneamente detentore della cattedra parallela mi ritengo giustificato a comportarmi così. Con schiacciante successo. All’unanimità si accetta la mia proposta: mettere Joseph Ratzinger – e questo è estremamente inusuale – unico loco (dunque senza l’indicazione di un candidato di seconda e terza scelta) nella lista di chiamata. Alla delibera unanime della Facoltà segue, un paio di settimane dopo, la delibera unanime del Grande Senato. Ratzinger arriverà però a Tubinga solo dopo la fine dei suoi tre anni a Münster, nel semestre estivo 1966. Il nostro teologo fondamentale, Max Seckler, che probabilmente aveva nutrito qualche speranza sulla cattedra di Dogmatica, ma non poteva o voleva concorrere con Ratzinger, mi dichiara in seguito che ai colleghi di Facoltà aveva fatto grande impressione che io fossi andato a chiamare il mio più forte concorrente. Ma è ovvio, penso io, che si chiami il meglio. No, dice pensieroso, non è affatto ovvio. Evidentemente, devo farmi ancora esperienza per capire certi meccanismi di chiamata: che solo i forti chiamano colleghi forti, mentre i mediocri chiamano mediocri. E questo è il segreto per cui certe Facoltà – e, a dire il vero, non solo quelle di teologia – restano mediocri. «Mi rallegro enormemente del Suo sì», scrivo a Ratzinger l’8 luglio 1965. Ma non correrò con questa chiamata effettivamente dei rischi? Sono consapevole che egli resta più di me ancorato alla tradizione neoscolastica e dà un peso maggiore all’autorità dei Padri della chiesa (quella di Agostino in particolare), a cui egli dedicherà anche la sua lezione inaugurale. Ma accentuazioni e orientamenti di ricerca differenti possono solo essere un vantaggio. D’altra parte, la sua cattedra risulta essere di "Teologia dogmatica e storia dei dogmi", mentre la mia è di "Teologia dogmatica ed ecumenica". Per me è più importante l’accordo nel senso del Concilio Vaticano II: orientamento al rinnovamento della teologia, della chiesa e alla comprensione ecumenica. Perciò è fondamentale la libertà nella chiesa. Ho già ben presto inviato a Ratzinger la mia conferenza che ora appare nella collana "Meditazioni teologiche". La sua risposta: «Innanzi tutto grazie di cuore per l’invio del Suo Chiesa nella libertà. Non c’è bisogno che Le dica quanto concordo con Lei proprio su tale questione». Il nostro accordo risulta evidente nel l’Introduzione alla collana editoriale "Ricerche ecumeniche", diretta da lui e da me e che si apre con il mio libro La chiesa. Vi si legge, con la data "Gennaio 1967": «Il tempo è maturo per una regolazione sistematica delle differenze teologiche tra le chiese cristiane. Il movimento ecumenico delle diverse teologie cristiane non ha tenuto il passo del sorprendente movimento ecumenico delle diverse chiese cristiane. E tuttavia, le chiese cristiane si avvicineranno sempre di più solo se verranno sgombrati i blocchi teologici, e talvolta anche i banchi di sabbia, che stanno tra loro, o se in generale si troveranno nuove vie di incontro che rendano possibile – spesso dopo essersi liberati di inutili zavorre teologiche – uno scambio dei loro doni. ... Non si possono risolvere tutte le questioni esistenti tra le chiese cristiane. Ma devono essere risolte le questioni che dividono le chiese». Nessun dubbio, ora a Tubinga abbiamo una costellazione di teologi straordinariamente favorevole, documentata nella rivista dell’Università «Attempto» del dicembre 1968: dal versante evangelico scrivono Jürgen Moltmann su Dio e resurrezione e Hermann Diem su Richieste e pretese dell’opinione pubblica alla chiesa, dal versante cattolico Joseph Ratzinger scrive su Tendenze nella teologia cattolica del tempo presente, mentre io scrivo su Magistero infallibile?. Il direttore Walter Jens annota nell’Introduzione: «E poi, che caso fortunato! Un articolo basilare, uscito dalla penna di Ratzinger, fondamento di riflessioni ulteriori, e accanto si leva audace verso il cielo un missile, scagliato da rampe elvetiche, che ora vola in tondo sopra Tubinga ... e nella redazione aleggia la domanda: se il papa non dovesse essere un lettore di «Attempto», come possiamo fargli avere la rivista? Un grazie ai teologi ... un simile favore i redattori non lo vivono neppure una volta ogni dieci anni!». Così coltivo la fondata speranza di riuscire a formare a Tubinga un forte gruppo teologico, supportato da valenti esegeti e storici e in collaborazione con interessanti colleghi evangelici. Contemporaneamente, ripongo fiducia in Karl Rahner, con il quale, dopo la conclusione del Concilio, mi confronto in una trasmissione televisiva a Monaco il 9 dicembre 1965. ... Stranamente, adesso l’ordinariato episcopale di Coira richiede (da me!) una valutazione per la "Meditazione teologica" di Rahner (!). « da tempo», scrive Lehmann, «che qualcuno blocca Rahner nell’imprimatur. ... Ti invidio per i Tuoi giorni di calma (quanto meno esteriore) a Sursee. Qui (a Monaco) c’è molto da fare, perché il vol. X del Lexikon für Theologie und Kirche e il vol. II dello Handbuch für Theologie und Kirche (Manuale di Teologia pastorale) sono prossimi alla conclusione». Sì, il mio sogno è questo: Rahner, Ratzinger e io, supportati dai più giovani Hermann Häring, Walter Kasper, Karl Lehmann, Johann Baptist Metz, Otto Hermann Pesch e se possibile molti altri, le avanguardie di una rinnovata teologia cattolica in Germania, con in più il legame con "Concilium". Solo che so anche troppo bene di aver bisogno di compagni. Non sono mai stato un lone wolf. A Roma, ne sono certo, non si dorme. già evidente: la curia, e il Sant’Uffizio in particolare, fanno senza dubbio di tutto per recuperare nel modo più rapido e più completo possibile le posizioni perdute col Concilio. E, in effetti, all’improvviso mi confronterò personalmente con la controffensiva romana. Hans Küng Una battaglia per la libertà «La mia battaglia per la libertà», in libreria in questi giorni per i tipi di Diabasis (Reggio Emilia), è il racconto dei primi quarant’anni di vita di uno dei più importanti teologi contemporanei: Hans Küng. La formazione nell’elitario Collegium Germanicum, l’ordinazione sacerdotale a Roma, la nomina a soli 32 anni a professore di Teologia e poco dopo a consulente del Concilio Vaticano II avrebbero potuto propiziare una carriera ecclesiastica di primissimo rango. Ma Küng sperimenta sulla propria pelle la coercizione del sistema romano, e allora il tema della sua vita diventa appunto la battaglia per la libertà, per la verità e la veracità nella vita cristiana. Dell’esperienza del Concilio offre un resoconto dettagliato, che ci mette a conoscenza dei compiti e delle aspettative, dei problemi in discussione e delle lotte che si svolgevano dietro le quinte. A quei tempi conobbe Joseph Ratzinger che, come si legge nello stralcio che qui proponiamo, Küng chiamò all’Università di Tubinga.