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 2008  aprile 14 Lunedì calendario

DAL NOSTRO INVIATO

WASHINGTON – Il Nord del mondo parla della crisi dei mercati finanziari, il Sud di quella dei mercati di strada: i 25 miliardi di euro persi solo da Ubs sul credito, contro il 25% del reddito delle famiglie yemenite speso solo per comprare il pane da mettere in tavola. Tommaso Padoa-Schioppa e Dominique Strauss-Kahn, le figure di vertice dell’Fmi, non hanno potuto fare a meno di notare la differenza di accenti fra i Paesi ricchi e gli altri al vertice di Washington di questo weekend. Ma è probabile che non finisca qui, perché l’esplosione dei prezzi delle derrate trasmette già i suoi choc sugli equilibri politici internazionali. Ieri all’assemblea della Banca mondiale, i rincari del 120% sul grano o del 75% sul riso in un anno hanno alimentato fra i Paesi emergenti le accuse all’Europa e agli Stati Uniti.
Criticati, entrambi, per i sistemi di dazi e sussidi agricoli e per gli incentivi a trasformare i cereali in carburante da vendere a caro prezzo come il petrolio. «In un mondo in cui persistono fame e povertà, non c’è giustificazione per dirottare le colture verso la produzione di etanolo – ha detto il ministro delle Finanze indiano Palaniappan Chidambaram – . imperativo che i Paesi avanzati taglino i sussidi al carburante vegetale». Il messaggio dell’India è rivolto agli aiuti al mais da etanolo nella corn belt
americana, ma anche all’Europa: a colpi di sussidi, Germania, Francia e Spagna seguono già gli Stati Uniti e l’Italia mantiene 250 mila ettari di girasole per il «biodiesel». Chidambaram non ci sta e prevede «rivolte sociali» per il cibo con un «contagio globale da cui neanche i Paesi ricchi saranno al riparo».
Ma non è il solo a mettere la politica agricola europea sulla graticola, mentre le popolazioni dei Paesi emergenti spendono metà del reddito in cibo e Bruxelles 50 miliardi di euro l’anno in aiuti improduttivi agli agricoltori. Robert Zoellick, presidente della Banca mondiale, stima che un miliardo di persone vive con meno di un dollaro al giorno e spera: solo un accordo all’Organizzazione mondiale del commercio, dice, «può occuparsi delle distorsioni agli scambi globali di questi sussidi».
Cosa ciò significhi lo mette in chiaro Tito Mboweni, governatore del Sudafrica: «I consumatori africani hanno la peggio nell’aumento del cibo e gli agricoltori restano tagliati fuori dai mercati più ricchi». Ma neanche Mario Draghi si tira indietro: per il governatore, la corsa dei prezzi delle materie prime «è una nuova minaccia alla lotta contro la povertà».
Federico Fubini