Il Sole 24 Ore 13 aprile 2008, Giuseppe Antonelli, 13 aprile 2008
Eutanasia del punto e virgola. Il Sole 24 Ore 13 aprile 2008 Il congiuntivo è morto, il punto e virgola è morto e anche l’italiano - ci vorrebbero far credere - non si sente troppo bene: rimbalzando sulla stampa britannica, l’eco di un pesce d’aprile francese si è trasformata, qui da noi, in un grido d’allarme
Eutanasia del punto e virgola. Il Sole 24 Ore 13 aprile 2008 Il congiuntivo è morto, il punto e virgola è morto e anche l’italiano - ci vorrebbero far credere - non si sente troppo bene: rimbalzando sulla stampa britannica, l’eco di un pesce d’aprile francese si è trasformata, qui da noi, in un grido d’allarme. Tuttavia, se davvero si vuole parlare di un’imminente "morte del punto e virgola", bisogna tener presente che l’agonia sarebbe cominciata un po’ di tempo fa. «Siamo costretti a rivelare che il punto e virgola ha dei nemici. In questo mondo non c’è pace per nessuno. E quei nemici sono feroci a tal segno che vorrebbero morto e sepolto il povero punto e virgola», scriveva allarmato - in un suo saggio sulla punteggiatura manzoniana - il professor Piero Zama. Il riferimento era probabilmente alla provocazione fatta da Leo Longanesi in un articolo di qualche anno prima: «Altro ci rimarrà della prosa di frammento, ma il punto e virgola ne è la parte ben morta. Salutiamolo con molto rispetto ma senza troppo rimpianto». Correva l’anno 1939. Già all’inizio del secolo, d’altra parte, Giuseppe Malagoli (Ortoepia e ortografia italiana moderna) aveva notato che non era raro, «nello scrivere moderno, l’uso del punto fermo dove una volta si sarebbero messi i due punti o anche il punto e virgola». la prima testimonianza dell’insorgere di quello che è stato recentemente definito estremismo interpuntorio: virgole per pause brevi, punti per pause lunghe; i segni intermedi giudicati superflui (come dire: signora mia, non esistono più le mezze interpunzioni...). Non sarà un caso che il T9 - almeno quello del mio telefonino - offra in sequenza punto, virgola, trattino, punto interrogativo, punto esclamativo, apostrofo, chiocciola e solo in fondo alla lista i due punti e il punto e virgola. Ma la tendenza è riscontrabile ben oltre i confini della scrittura privata, risultando largamente attestata anche in quella professionale (soprattutto in rete), in certa scrittura giornalistica e ultimamente anche nella prosa letteraria, specie quando si tratti di scrittori giovani. Se non ho visto male, nel suo La solitudine dei numeri di primi (Mondadori) - ben piazzato ormai da qualche settimana nelle classifiche di vendita - Paolo Giordano (classe 1982) usa solo virgole e punti, oltre ai punti interrogativi e a rari puntini di sospensione. Nel suo caso sembrerebbe avverarsi un’altra frofezia di morte, quella pronunciata da Antonio Frescaroli che - nel suo manuale La punteggiatura corretta, la punteggiatura efficace (1968) - intitolava il capitolo dedicato al punto esclamativo «Un segno che ha i giorni contati» In realtà, come sappiamo bene, il punto esclamativo scoppia di salute: la scelta di Giordano, anzi, andrà interpretata proprio come volontà di allontanarsi dalla punteggiatura enfatica e concitata della testualità giovanile. Quella, per intendersi, delle e-mail e degli sms, con i tipici accumuli di punti esclamativi (e interrogativi), con i puntini di sospensione sovrabbondanti (in serie che vanno spesso oltre i tre previsti dalla norma), con le maiuscole che cercano di rendere il tono di voce e le faccine che mimano le espressioni del viso. Un tipo di interpunzione che ha talvolta suscitato perplessità: «Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica» (Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, 22 aprile 1821) Giuseppe Antonelli