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 2008  aprile 15 Martedì calendario

Lettere Annunziata Tibet. La stampa giorni vari Autore: ANNUNZIATA LUCIA 17 marzo 2008 POSTA, RISPOSTA In Cina i Giochi sono ben altri Di tutti gli orrori che vengono dal TIBET, il peggiore per me e’ il modo come sono stati riassunti i fatti TIBETani dalla agenzia Nuova Cina

Lettere Annunziata Tibet. La stampa giorni vari Autore: ANNUNZIATA LUCIA 17 marzo 2008 POSTA, RISPOSTA In Cina i Giochi sono ben altri Di tutti gli orrori che vengono dal TIBET, il peggiore per me e’ il modo come sono stati riassunti i fatti TIBETani dalla agenzia Nuova Cina. Tanto per capire di cosa parlo, ve la trascrivo cosi’ come l’ho letta in un articolo: «Gli atti di vandalismo a Lhasa sono stati organizzati, premeditati e manovrati dalla cricca secessionista del Dalai Lama. La violenza ha messo in pericolo le vite umane e i beni delle persone. I disordini sono condannati vigorosamente dalle popolazioni di tutti i gruppi etnici del TIBET. Le forze dell’ordine hanno messo in salvo 580 persone, inclusi dei turisti stranieri, che rischiavano la vita nelle banche, i supermercati, le scuole e gli ospedali messi a fuoco dai sabotatori» . «Cricca», «sabotatori». E’ il vecchio armamentario comunista e stalinista, che gli stati-dittatura usano ancora oggi quando meno ce l’aspettiamo. Non mi sono sorpreso, da conoscitore del paese quale sono, grazie ad anni di esperienza di lavoro. Ma di fronte a tanta sfrontatezza, credo che non serva nemmeno chiedere di boicottare le Olimpiadi. Perche’ in Cina un boicottaggio non farebbe altro che provare agli occhi di una nazione fatta di donne e uomini ampiamente ingnoranti del grande mondo che lo Stato ha ragione. Bisognerebbe ricominciare dal commercio, dalle intese di mercato, e poi si’ che si vedrebbero i Cinesi nel panico. MARIO DEL PENNINO, NAPOLI Al momento, al netto dunque di una precipitazione ulteriore degli eventi in TIBET, non pare proprio che la opzione boicottaggio sia realistica. Come lei dice, infatti, i governi, il cinese come quelli occidentali, sono consapevoli che le Olimpiadi trascendono la stessa politica delle nazioni che le ospitano. E che una delle grandi tradizioni olimpiche e’ proprio la «Tregua Olimpica», grazie alla quale gia’ nella Grecia del IX secolo, atleti, artisti e pellegrini potevano viaggiare in totale sicurezza per partecipare o assistere ai Giochi. Il Cio si ispira a questo concetto quando dice che le Olimpiadi creano «una finestra di dialogo, riconciliazione e soluzione dei conflitti». Certo bisognerebbe allora andare, come lei dice, sulle questioni economiche. Ma quelle sono, appunto, il cuore di tutto: e sarebbe davvero possibile affrontarle ora? Due editoriali usciti ieri - uno su La stampa, a firma di Barbara Spinelli, e l’altro su La Repubblica, a firma di Federico Rampini - colgono diversi aspetti di questa impossibilita’. La Spinelli ricorda la fragilita’ della posizione degli Usa nei confronti della Cina, e sottolinea che proprio in questo mese, la Cina e’ stata cancellata dalla lista delle nazoini che violano i diritti umani. Rampini invece parla delle delicatissime poste in gioco dentro la stessa Cina intorno alla rivolta del TIBET. Chi osera’ mai mettere il dito in questi difficili equilibri? 4 aprile 2008 Autore: ANNUNZIATA LUCIA POSTA, RISPOSTA TIBET oppresso pacifisti indifferenti V orrei sapere da lei dove sono i famosi pacifisti italiani, quelli della bandiera arcobaleno della «pace» che tutti sventolavano sempre con tanto di marce ridicole sempre contro gli Usa mai a favore di un popolo oppresso. Ora che l’unico vero popolo pacifista, il popolo del grande TIBET, viene soggiogato, umiliato e preso a calci (per usare un eufemismo) nessuno marcia a loro favore, nessuno tira fuori le famose bandiere. Il popolo cosiddetto pacifista e’ veramente lo schifo d’Italia. Tutta quella gente e’ veramente ridicola insignificante, per me. Non hanno nessun valore se non l’antiamericanismo. E tutti i media tacciono su questo. Se uno e’ pacifista deve abbracciare tutte le cause non solo quelle che fanno comodo ai loro dirigenti di partito. Dove sono i vari Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio, Giordano, loro che sono cosi’ pacifisti? Sono solamente degli ipocriti, gente piccola piccola che va in tv a pontificare i valori della non violenza e poi non spende una sola parola a favore del TIBET. Anzi il Dalai Lama non e’ stato neppure ricevuto ufficialmente da, in serie, Bertinotti, presidente della Camera, Prodi presidente del Consiglio (lui non puo’ essendo il principale agente commerciale del governo cinese), Marini presidente del Senato, Napolitano (presidente ridicolo della nostro ridicolo Paese). MARCO DA TORINO Il popolo dei pacifisti italiani non si e’ scaldato sul TIBET: e’ vero, e non e’ nemmeno il solo ad averlo notato. Che le ragioni abbiano radice politica mi pare abbastanza chiaro. Il TIBET, ricordiamolo, non solo e’ sempre stato considerato parte della propria terra dalla Cina nei secoli (ben prima di Mao e di oggi) ma e’ anche uno stato che non ha mai raccolto molte simpatie, forse a causa di alcuni passaggi nella sua storia. Tra il 1914, data in cui il Trattato di Simla con l’India britannica ne riconobbe l’indipendenza (non lo ha mai fatto pero’ la Cina) e l’invasione cinese del 1949, interpreto’ la sua neutralita’ in modi che non furono ben visti dall’Occidente. Si ricordano le amicizie con i nazisti (molto attratti dalla religiosita’ TIBETana) cui fu permessa, ad esempio, la spedizione del Terzo Reich, nel 1938 per cercare Shambhala, un regno sotterraneo la cui capitale Agharti sarebbe stata governata da saggi rappresentanti della «razza ariana». E si ricorda pure che nel 1942, nel corso della seconda guerra mondiale, quando la strada di rifornimento tra India e Cina via Birmania fu interrotta dai giapponesi, e il governo inglese richiese al governo del TIBET il permesso di aprire una via militare per i rifornimenti attraverso Zayul (TIBET Nord- orientale), il TIBET rispose con un netto rifiuto. Detto questo, la storia passata non giustifica l’indifferenza del presente. Pubblicazione: 21-03-2008, STAMPA, NAZIONALE, pag.34 Sezione: Societa’ e Cultura Autore: ANNUNZIATA LUCIA POSTA, RISPOSTA Il vero ruolo degli Usa nella crisi Cina-Tibet Leggo esterrefatta il suo articolo in cui lei addossa, di fatto, la responsabilita’ delle stragi in TIBET agli Usa e alla loro politica estera, soprattutto in Iraq. Lei ha tutti i diritti di disapprovare quella guerra, ovvio, ma non puo’ fare strame di sessant’anni di storia per giustificare la sua opinione. Gli orrori della politica cinese (invasione del TIBET, distruzione di 2300 monasteri, uccisione del 20% del popolo, lento e continuo genocidio di quella popolazione, dal 1948 fino a oggi) si sono svolti progressivamente e in momenti storici estremamente diversi da quello attuale, sia per Usa che per l’Europa, e nonostante cio’ non si e’ fatto niente per impedirli. Contestualmente, la pregherei di ricordare che mentre il Dalai Lama era in esilio molta gioventu’ europea, tra cui diversi amici suoi, sfilava agitando il Libretto Rosso. Le stragi in Darfur sono vecchie di 25 anni, quando nessuno ipotizzava nemmeno la guerra nel Golfo. E cio’ nonostante nessuno in Europa muoveva un dito. E, di grazia, puo’ spiegarmi cosa abbiamo fatto noi europei (e l’Onu) per evitare gli orrori dei Khmer rossi (cui nessuno voleva credere!) e il genocidio in Ruanda Burundi, avvenuto ben prima della crisi politico-morale che lei attribuisce agli Usa? Sessant’anni di storia in cui e’ cambiato tutto, tranne l’indifferenza europea per il sangue che continua a scorrere, purche’ non interferisca col fiume di denaro che arriva a casa nostra. FRANCESCA BOSI Ritorno su questo tema della politica fra Usa e Cina. Basta che Lei rilegga la mia risposta di alcuni giorni fa e vedra’ che non sostengo che le colpe di quel che accade in TIBET e’ degli Usa. Sappiamo tutti che e’ la Cina la grande responsabile, e che moltissimi altri regimi comunisti hanno violato i diritti umani, senza che la sinistra europea si mobilitasse. Ma gli Usa hanno un ruolo importante in TIBET, in particolare in questa drammatica situazione. Sono gli Usa infatti ad avere nelle mani i maggiori strumenti di pressione nei confronti del governo di Pechino. Il peso economico e la forza dei legami fra le due grandi potenze non ha paragoni con quelle che sono le relazioni Europa-Cina. Gli Usa potrebbero dunque ora con una loro decisione far cambiare il destino del TIBET. Ma, come ho sottolineato, uno scontro fra Washington e Pechino metterebbe a rischio l’intero equilibrio mondiale. Possiamo invocare un intervento con queste conseguenze, anche se la causa del TIBET merita ogni attenzione? Questo e’ il punto oscuro di una solidarieta’, pur dovuta. Credo sia giusto manifestare, far sentire la propria voce di cittadini e anche inviare messaggi a livello di Stati. Le proteste saranno pero’ di tipo formale. Serviranno, non c’e’ dubbio, ma a meno di un ulteriore deteriorarsi delle tensioni indipendentiste in TIBET, non credo che la Cina subira’ alcun boicottaggio. Pubblicazione: 18-03-2008, STAMPA, NAZIONALE, pag.38 Sezione: Societa’ e Cultura Autore: ANNUNZIATA LUCIA POSTA, RISPOSTA Sulla Cina l’ipocrisia non e’ solo di sinistra Sarebbe facile inveire contro i nostri governanti che in passato non hanno perso occasione di andare a fare visite ufficiali a Pechino per discutere di rapporti Italia-Cina, di relazioni economiche di investimenti e scambi reciproci. Tutti quanti erano ben consci della difficile situazione presente in TIBET, che cosi’ come hanno fatto nell’ordine Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Montenegro e ora Kosovo se ne vuole andare. Tale problema non e’ emerso l’altroieri, il Dalai Lama, quello che nessuno ha voluto incontrare quando e’ venuto in Italia, e’ in esilio da decenni. Nessun accenno ai diritti umani durante quelle visite, non si deve urtare la delicata sensibilita’ dei vertici del partito comunista cinese, e nel 2005 Bertinotti uno che del comunismo se ne intende e’ addirittura andato a dar lezioni di socialismo a un Paese che pensa solo al libero mercato globale, troppo rosso anche per loro. Ora questo personaggio ci viene a dare lezione di dignita’, di diritti e di tante belle cose che quando era a Pechino forse ha dimenticato o ha finto di non vedere. Troppo semplice prendersela con chi va in Cina a stringere mani grondanti del sangue attuale e di quello di piazza Tien-an-men, tanto per usare una metafora usata molte volte dalle sinistre quando commentavano gli incontri dei nostri politici con Bush. Intanto laggiu’ stanno parlando le armi, brutta cosa. Cosa avra’ voluto dire l’allora presidente Ciampi quando di ritorno da una visita di Stato in quelle terre ricordo’ al Paese che dobbiamo competere ad armi pari con la Cina? GUIDO LANCIARELLI Effettivamente, pochi casi come la Cina dimostrano in maniera sfacciata il continuare e riproporsi di diversi metri di misura. Non c’e’ dubbio, caro lettore, che i comunisti italiani - e piu’ le generazioni recenti che quelle di estrazione «moscovita» - siano stati molto innamorati della Cina e di una serie di paesi dove i diritti umani non sono stati mai davvero rispettati. Come del resto e’ successo per Cuba. Tuttavia, sarebbe persino consolante pensare che nei confronti della Cina l’unica ipocrisia sia quella della sinistra. Sulla Cina, ripeto quello che molti dicono, e’ vero invece che tutti i governi mondiali rifuggono dall’esprimersi con decisione e durezza sui diritti umani. Come spiegare il silenzio del Vaticano? E il mellifluo doppio gioco di parole degli Usa? Nel primo caso la spiegazione ha a che fare con il timore di ritorsioni contro i Cristiani; nel secondo con il timore di uno strappo politico ed economico, che porti il mondo a uno scontro pericolosissimo. La Cina insomma e’ troppo forte. Lo stesso succede, del resto, anche nei confronti della Russia. E’ vero dunque che gli Occidentali fanno un diverso uso della forza, dividendo fra paesi non importanti e importanti. Ingiustizia dell’Occidente? No - e’ la politica estera, bellezza!