Avvenire 12 aprile 2008, GIUSEPPE O. LONGO, 12 aprile 2008
Oltre le telecamere, con la biometria il corpo si trasforma in una password. Avvenire 12 aprile 2008 La caduta dei confini, l’incremento degli scambi, le migrazioni e gli episodi di terrorismo hanno accre sciuto, a livello delle nazioni e a livello individuale, il senso di precarietà e di in sicurezza; di conseguenza è aumentata la richiesta – e l’offerta – di tecnologie capaci di identificare, sorvegliare e con trollare le persone e le loro attività
Oltre le telecamere, con la biometria il corpo si trasforma in una password. Avvenire 12 aprile 2008 La caduta dei confini, l’incremento degli scambi, le migrazioni e gli episodi di terrorismo hanno accre sciuto, a livello delle nazioni e a livello individuale, il senso di precarietà e di in sicurezza; di conseguenza è aumentata la richiesta – e l’offerta – di tecnologie capaci di identificare, sorvegliare e con trollare le persone e le loro attività. Alcune di queste tecnologie si basano su sistemi già esistenti, il cui scopo è quello di agevolare la vita quotidiana: carte sanitarie e di credito, tessere del bancomat, viacard e così via. Altri strumenti invece, come le tecnologie biometriche o i dispositivi d’i dentificazione a radiofrequenza, sono nuovi. L’uso delle tecnologie informatiche trasforma ciascuno di noi in una sorgente di tracce elettroniche che nel loro insieme forniscono un profilo sempre più ricco dei nostri movi menti e delle nostre abitudini. E spesso non siamo neppure consapevoli delle briciole che, come ignari Pollicini, ci la sciamo dietro. In prospettiva, tutte queste scie saranno riunite in un unico grande affresco a nostra immagine e somiglianza, che potrà essere usato per il nostro bene e per il nostro male, per age volarci o per sfruttarci, per guidarci o per sorvegliarci, con fermando il carattere ambivalente della tecnologia. Quanto alla biometria, essa è considerata lo strumento d’elezione per il controllo e la sicurezza. L’identificazione di un individuo avviene in base a certe caratteristiche somatiche che ne fanno un unicum irripetibile: la voce, l’immagine dell’iride, le impronte digitali, la mappa delle vene, il profilo genetico, l’odore e così via. All’aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy di New York, un ingresso del terminale 4 degli arrivi è munito di un apparecchio per il riconoscimento dell’iride degli impiegati. Negli aeroporti di Vancouver e di Toronto è in funzione Canpass-Air, un’altra tecnolo gia per il controllo dell’iride dei passeggeri in transito, e così pure nell’aeroporto di Schiphol, in Olanda, e in quello giapponese di Narita. In molti Paesi esistono ormai, a disposizione della polizia, sistemi di riconoscimento dei volti colle gati a basi di dati contenenti le foto di migliaia di pregiudicati. Le riprese continue delle telecamere dislocate nei punti strategici delle città più importanti sono confrontate con i volti registrati e se, la so miglianza supera una certa soglia biometrica, scatta un allarme. La biometria, insomma, comincia a far parte di un intreccio di biologia, elettronica e genetica che tende a trasformare il corpo in una password non alterabile e non riproducibile: il corpo può essere usato come veicolo di tecniche di autenticazione, identificazione, transazione commerciale e rintracciamento, ma a scapito di quel valore aggiunto della democrazia che è la privatezza. L’altra novità per il controllo e la sorveglianza riguarda i dispositivi a radiofrequenza, in particolare il VeriChip, il cui uso è stato ammesso nel 2004 dalla Food and Drug Administration, l’ente federale americano che concede il nulla osta per l’immissione sul mercato di cibi e farmaci. Si tratta di un chip, o pulce, grande quanto un chicco di riso, contenente un codice che fornisce l’accesso a una serie di dati relativi al portatore. La cosa interessante è che il VeriChip viene inserito sottopelle, di norma nella parte posteriore del braccio destro, tra il gomito e la spalla, con un’operazione microchirurgica in anestesia locale che dura pochi minuti. Dopo l’inserimento sottocutaneo mediante una specie di grossa siringa, il chip è invisibile e indistruttibile. Inoltre è do tato di un rivestimento di polietilene speciale che si lega ai tessuti, impedendogli di spostarsi. Poiché non ha batteria, non contiene sostanze chimiche dannose e non si esauri sce, si ritiene che sia innocuo. La sua durata dovrebbe es sere di una ventina d’anni. Essendo inerte, il dispositivo funziona solo quando è attivato da un lettore esterno a radiofrequenza. In risposta, il VeriChip rivela dati personali, per esempio sanitari (allergie, intolleranze, inter venti chirurgici subiti, gruppo sanguigno...), che il portatore stesso vi ha inserito e che ha tutto l’interesse a mantenere aggiornati. Una volta impiantato mini-apparecchio, chi lo pos siede diventa, tuttavia, una sorta di bersaglio mo bile per tutti i lettori in grado di risvegliare il chip dor miente: è come se avesse nel braccio un codice a barre. Per un verso la cosa è molto utile: è possibi le reperire subito le informazioni mediche essenziali su pazienti svenuti o traumatizzati; in più la rapida lettura eviterebbe il controllo del passaporto o di altri documenti; la pulce potrebbe anche fungere da borsellino digitale o da carta di credito, evitando code al le casse; infine, potrebbe se gnalare l’ubicazione del portatore in caso di incidente, smarrimento o rapimento. Insomma, la persona ’impiantata’ sarebbe collegata con, o meglio inserita in, una vasta rete di comunicazione e localizzazione di cui farebbero parte umani, animali e cose: in un certo senso non potrebbe più allontanarsi, nascondersi o perdersi, sarebbe tenuta al ’guinzaglio elettroni co’. Ma è proprio questa locuzione che allude agli aspetti potenzialmente sinistri della connessione. Ciascuno di noi è ormai inserito in una rete comunicativa di cui non fanno parte solo altri esseri u mani, ma anche macchine e oggetti. Non solo la comunicazione è mediata dagli apparati della tecnologia, ma sempre più si rivolge a quegli apparati. E’ una sorta di rete parallela e analoga a Internet, che prima o poi con Internet si integrerà. Qualcuno ha detto, esagerando, che le cose hanno co minciato a pensare. Cer to hanno cominciato a comunicare. Un chip sotto pelle immagazzina dati salvavita, esponendo il portatore a continua rintracciabilità GIUSEPPE O. LONGO