Avvenire Agorà 13 aprile 2008, Adriano Guarnieri, 13 aprile 2008
Così è morta una stella... 8 miliardi di anni fa. Avvenire Agorà 13 aprile 2008 La nascita di un Buco Nero avvenuta circa otto miliardi di anni fa, è stata recentemente osservata ’dal vivo’, seppure per così dire ’in cronaca registrata’
Così è morta una stella... 8 miliardi di anni fa. Avvenire Agorà 13 aprile 2008 La nascita di un Buco Nero avvenuta circa otto miliardi di anni fa, è stata recentemente osservata ’dal vivo’, seppure per così dire ’in cronaca registrata’. Otto miliardi di anni infatti sono stati necessari perché il segnale luminoso che ci racconta l’evento, giungesse fino a noi, lo scorso 19 marzo. Quella notte il telescopio italo-russo ’Tortora’, sulle Ande cilene, ha captato il segnale di una sorgente apparsa improvvisamente in cielo, denominata GRB080319b. Si pensa che quel segnale sia l’estremo messaggio – quasi un Sos! – che ci proviene dal collasso gravitazionale, cioè dall’implosione, di una stella di grande massa: insomma, il suo certificato di morte; o, se si preferisce, il primo ”vagito’ che narra la nascita di ciò che quella morte ha generato: un Buco nero. Quando una stella di grande massa (in questo caso probabilmente alcune decine di volte quella del Sole) ha esaurito il suo ’carburante’ nucleare, che la mantiene in equilibrio, avviene un collasso (implosione) del nucleo centrale che produce anche una gigantesca esplosione (la più grande e catastrofica nell’intero Universo). Da qui nasce un Buco nero, luogo in cui il campo gravitazionale diventa di parossistica intensità, tanto da «inghiottire» tutto, compreso la luce. questa l’interpretazione oggi più accreditata del fenomeno dei GRB «lunghi», la cui durata va da qualche secondo a qualche decina di minuti al massimo. Ci sono anche i GRB «brevi», che durano da qualche frazione di secondo a un paio di secondi. Oggi per lo più si ritiene che i GRB «brevi» raccontino la coalescenza o fusione di una stella di neutroni con un’altra, o di un Buco nero con una stella di neutroni che gli «cade addosso». Si tratta in ogni caso di fenomeni brevissimi: già brevi se paragonati ai tempi umani; incredibilmente brevi su una scala di tempi astronomica, che normalmente misura gli avvenimenti nell’ordine dei milioni o centinaia di milioni o anche miliardi di anni. Ma come si manifestano i GRB e qual è la loro storia? GRB è l’acronimo di Gamma Ray Burst, che significa «lampo di luce gamma» (la radiazione gamma è di altissima energia, maggiore di quella X). La loro scoperta, avvenuta nel 1967, è capitata per caso, come non raramente succede nella storia della scienza; anzi, in connessione con questioni di interesse militare piuttosto che scientifico. Stati Uniti e Unione Sovietica avevano allora firmato un trattato di interdizione degli esperimenti nucleari nello spazio. Gli Usa misero subito in orbita una serie di satelliti denominati «Vela», in grado di scoprire l’eventuale violazione del trattato. Nel 1967 un impulso in luce gamma (che viene prodotta in una esplosione nucleare) fu captato da uno di quei satelliti; fu ben presto chiaro però che si trattava di radiazione non proveniente da artefatti umani, ma di origine cosmica. Dunque, un evento prodotto dalla natura, non dall’uomo. La notizia tuttavia rimase sconosciuta – forse per ragioni di segreto militare – fino al 1973, quando un articolo sulla prestigiosa rivista «Astrophysical Journal» la rivelò alla comunità scientifica internazionale. La quale, da allora, si proiettò alla ricerca della spiegazione di questi oggetti misteriosi. Diversi satelliti astronomici furono messi in orbita allo scopo di ’catturare’ tali eventi; molti telescopi a terra furono dedicati alla loro ricerca. Ma il mistero rimase fitto per circa trent’anni. Perché? Innanzitutto la difficoltà osservativa. La luce ’gamma’ dei GRB non arriva a terra, ed è perciò necessario un satellite per osservarli; sono lampi brevissimi e imprevedibili nel tempo e nello spazio; cioè non se ne può ipotizzare né il «quando» né il «dove» avverranno. Perciò mancando l’osservazione in altre bande energetiche (X, ultravioletta, ottica o radio), non si poté a lungo comprendere il fenomeno astrofisico che ne è all’origine, nonostante ne avvengano mediamente più di uno al giorno. «Si deve conoscere un evento – ammoniva Einstein – prima di poter verificare una teoria che riguarda quell’evento». Ma l’insufficienza dei dati osservativi non è sempre un danno nelle scienze della natura, perché consente alla fantasia dei teorici, libera da vincoli, lo sviluppo di idee nuove. A metà degli anni ”90 si contavano oltre 130 ipotesi sull’origine dei GRB. La questione era a quel tempo di capire quanta energia è emessa in un GRB, per inferire poi quale sia il ’motore centrale’ che la produce. E ciò non è possibile se non se ne conosce la distanza. ome è facile comprendere, una luce pari a quella di un cerino implica una emissione di energia modesta se giunge da un distanza di pochi metri, ma enormemente grande se la stessa quantità di luce proviene da un oggetto lontano, magari ai confini dell’Universo. Il satellite CGRO della Nasa ha dato un contributo importante allo studio dei GRB nei primi anni ”90, mettendo in evidenza che essi provengono ugualmente da tutte le direzioni dello spazio cosmico; cioè, come si dice tecnicamente, la loro distribuzione è isotropa. E ciò può capitare solo se si tratta di oggetti o molto vicini (astronomicamente parlando), cioè ai confini del nostro sistema solare o nell’alone della nostra galassia; oppure molto lontani, ai confini dell’Universo. Nei secondi anni ”90 il satellite italo-olandese BEPPO Sax diede il contributo decisivo individuando con buona precisione la zona di spazio da cui proveniva l’immagine ai raggi X dell’evento gamma, il che consentì finalmente, per il GRB970228, di identificarne per la prima volta la ”controparte’ ottica. A queste osservazioni ha dato un contributo rilevante anche l’astronomia italiana, con i telescopi dell’Università di Bologna e dell’Osservatorio di Roma. Da allora la sfida ai GRB divenne tutta in discesa; ben presto fu possibile determinarne la distanza, e quindi l’energia emessa. Risultò che si trattava di eventi originatisi a distanze enormi, cosmologiche. Quando osserviamo un GRB, perciò, noi vediamo oggi ciò che è avvenuto miliardi di anni fa, quando l’Universo era ancora giovane. E’ così che l’Universo, si lascia leggere indietro nel tempo. E l’energia emessa in pochi attimi è veramente enorme: un solo GRB corrisponde all’energia liberata in un secondo da qualcosa come un miliardo di miliardi di Soli. L’importanza dell’osservazione del 19 marzo, durata un minuto e mezzo, sta nel fatto che, grazie al Tortora, è stato per la prima volta possibile vedere l’evento – se pure con un ritardo di otto miliardi di anni – proprio mentre esso avveniva, e documentarlo con una ’fotografia’ ogni 13 centesimi di secondo! Non sono mai state fatte osservazioni ottiche di GRB con una risoluzione temporale superiore a questa, che addirittura ne ha documentato l’evoluzione alcuni momenti prima, e poi durante la catastrofe conclusiva. A far comprendere la sua eccezionalità basterà il fatto che il Tortora congiunto al telescopio robotico Rem, benché operativo sin dal maggio del 2006, non aveva ancora ’catturato’ neppure un evento. Il successo attuale ripaga ampiamente per la delusione iniziale. I dati delle osservazioni sono ora allo studio. Ci daranno delle sorprese? Adriano Guarnieri