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 2008  aprile 13 Domenica calendario

L’accusa: volevano far saltare un edificio governativo «Hanno confessato» La Stampa 13 aprile 2008 La Cina è decisa a mostrare la sua versione della vicenda tibetana e provare che i suoi nemici non sono monaci pacifici in cerca di libertà religiosa, ma terroristi che cercano di rompere l’unità del Paese

L’accusa: volevano far saltare un edificio governativo «Hanno confessato» La Stampa 13 aprile 2008 La Cina è decisa a mostrare la sua versione della vicenda tibetana e provare che i suoi nemici non sono monaci pacifici in cerca di libertà religiosa, ma terroristi che cercano di rompere l’unità del Paese. L’agenzia Nuova Cina ieri ha scritto che nove monaci lamaisti sono stati arrestati perché accusati di avere tentato di far saltare con una bomba un edificio governativo il 23 marzo. Il capo del gruppo era un prete di alto grado del monastero di Tongxia, nella città di Gyanbe, nella regione autonoma del Tibet. Non è chiaro se la bomba abbia provocato danni o vittime, ma secondo l’agenzia tutti e nove hanno confessato. Gruppi di militanti tibetani avevano condotto azioni di guerriglia nella regione fino agli anni ”70. Sempre ieri la Nuova Cina ha pubblicato un lungo dispaccio dedicato al Congresso dei giovani tibetani accusato di essere un gruppo terrorista. «La polizia - scrive l’agenzia - recentemente ha trovato nelle residenze di alcuni lama in Tibet 178 armi da fuoco, 13.013 pallottole, 359 spade, 3.504 chili di dinamite, 19.360 detonatori e due bombe a mano». Della questione tibetana ieri ha parlato per la prima volta il presidente Hu Jintao: «Il nostro conflitto con la cricca del Dalai non è un problema etnico, non è un problema religioso, né un problema di diritti umani – ha detto – è un problema di mantenere l’unità nazionale o spaccare la madrepatria». Hu ha poi detto che la Cina è pronta a incontrare il Dalai Lama purché lui smetta di cercare di «spaccare la madrepatria», «incitare la violenza» e «rovinare le olimpiadi di Pechino». Il Dalai Lama è contrario al boicottaggio delle Olimpiadi, non chiede l’indipendenza del Tibet ma una larga autonomia. Secondo persone a lui vicino in realtà il Dalai sarebbe disponibile a ulteriori concessioni. Il problema da parte cinese però sembra essere i suoi rapporti e la «copertura politica» che lui offre a gruppi più militanti che chiedono l’indipendenza del Tibet. Hu ha sottolineato l’impegno attuale e futuro della Cina per le riforme «che hanno reso possibile lo sviluppo veloce degli ultimi 30 anni e hanno la chiave del futuro sviluppo cinese». Ieri Hu ha avuto un incontro storico con il vice presidente di Taiwan Vincent Siew. Si tratta del primo colloquio ufficiale fra vertici politici di Pechino e di Taipei dal 1949, quando il partito comunista conquistò tutta la Cina e gli sconfitti del partito nazionalista, Kmt, si rifugiarono sull’isola di Taiwan. In questo che è simbolicamente un primo passo per la riunificazione non si sono discussi elementi concreti, quali i voli, trasporti e telecomunicazioni diretti. Ma è significativa la coincidenza dell’appuntamento ieri e della denuncia contro il terrorismo tibetano. Il Kmt, di cui fa parte Siew, è stato per oltre 70 anni la colonna della politica americana in Asia, ed anche oggi ha rapporti privilegiati a Washington, secondi solo a quelli di Israele. FRANCESCO SISCI