Vari, 13 aprile 2008
Mozzarella, stop a Tokio La Ue all’Italia: chiarite Bruxelles: notizie sulla diossina entro due giorni Il Giappone potenzia le analisi sui nostri prodotti
Mozzarella, stop a Tokio La Ue all’Italia: chiarite Bruxelles: notizie sulla diossina entro due giorni Il Giappone potenzia le analisi sui nostri prodotti. La Coldiretti: contaminata soltanto un’esigua parte della produzione MILANO – Il comunicato numero uno del Consorzio dei produttori Dop è arrivato nel primo pomeriggio: «A causa delle notizie apparse sulla stampa internazionale, il Giappone ha bloccato in dogana le mozzarelle di bufala campana». Il secondo è di tre ore dopo: «Tokio sta svolgendo controlli più accurati ma non ha bloccato le importazioni ». Il terzo, telegrafico, nemmeno sette righe: «I controlli non sono stati eseguiti solo sulle mozzarelle di bufala ma anche su latte vaccino e derivati, prodotti da aziende soprattutto del Nord e del Centro». Difficile dire se e quando i trentadue nippon-importatori di mozzarella potranno riappropriarsi delle loro partite ferme alla dogana di Tokio. Certo è che dopo l’allarme diossina lanciato dai giornali di mezzo mondo e dopo il blocco delle importazioni deciso dalla Corea del Sud, anche il Giappone (al quale è destinato il 6% dell’export) ha potenziato i controlli sui prodotti caseari Made in Italy. E, secondo fonti diplomatiche, ieri anche Taiwan avrebbe chiuso le frontiere alla mozzarella di bufala. Quanto basta per far scattare una richiesta di chiarimenti da Bruxelles: «Entro due giorni – hanno fatto sapere dalla commissione alla Salute Ue – aspettiamo informazioni più dettagliate sulla presunta presenza di diossina negli alimenti originari della Campania». E per mettere a rischio l’intero export della mozzarella di bufala dop: un giro d’affari di 48 milioni di euro, il 16% del totale. A poco è servito il dietrofront del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana dop («Abbiamo avuto informazioni sbagliate precedentemente; le mozzarelle, poche migliaia di chili, sono ferme da venerdì in dogana, il Giappone sta facendo solo il suo dovere»), la regione dell’emergenza rifiuti è finita al centro di un nuovo caso. Una bufera che ha dato vita a una girandola di telefonate tra Roma e Tokio, tra la Farnesina e le ambasciate di Giappone e Corea del Sud. Quindi di incontri, come quello tra il ministro degli Esteri D’Alema e l’assessore regionale all’Agricoltura Cozzolino. Per oggi, invece, è stato convocato un vertice: al tavolo i ministeri di Salute, Agricoltura e Ambiente, quindi Regioni e Istituti profilattici interessati. «Metteremo a confronto i risultati dei controlli, quindi compileremo un verbale con informazioni che verranno girate a Bruxelles e a Tokio», ha anticipato il ministro dell’Agricoltura De Castro. E la Corea del Sud? «Quella è un’altra: noi lì non esportiamo. E il mondo, si sa, è pieno di produttori di pseudo mozzarelle». De Castro ricorda come in tre mandati da ministro non abbia «mai assistito a un attacco così contro la Campania». E precisa: «Il Giappone ci ha solo inviato una lista di importatori per sapere se qualcuno di loro si rifornisce da produttori positivi alla diossina». E aggiunge: «Nessun caso Campania. Nessun collegamento con i rifiuti. La magistratura sta facendo il suo lavoro. Certo, se le informazioni fossero state gestite meglio fino al risultato delle indagini...». Dal consorzio fanno sapere come dei 29 produttori ispezionati, solo nove siano riconducibili al marchio dop: «Nessuna ci risulta essere risultata positiva». Perché la contaminazione, sottolineano dalla Coldiretti, riguarderebbe solo un’esigua parte della produzione: «Serve una seria azione diplomatica, le vendite sono già in calo». E qui ognuno dice la sua: «Da un minimo del 20% a punte del 60». Al lavoro Operai di un’azienda produttrice di mozzarella Alessandra Mangiarotti Don Alfonso: in Giappone a piedi per difenderla MILANO – Dopo quello della Corea, il secondo veto alla bufala giunto da Oriente è per lui l’ennesimo colpo al cuore: «Andrei in Giappone subito, a piedi, e mi metterei a mangiare mozzarella tutto il santo giorno», dice accorato Alfonso Iaccarino, stellatissimo chef di uno dei ristoranti più celebri al mondo, quel «Don Alfonso» fondato da suo nonno nel lontano 1890 a Sant’Agata sui Due Golfi, nella penisola sorrentina. Iaccarino i giapponesi li conosce bene, viaggia spesso in Asia nelle vesti di ambasciatore della cucina mediterranea: «Sono il popolo con più gusto al mondo. Hanno un’opinione altissima dei cibi italiani e ora rischiamo di perdere la faccia per colpa delle solite mele marce». Le mele marce sarebbero quei produttori che si sono arricchiti con le discariche abusive, permettendo che nei loro terreni venissero versate o bruciate sostanze tossiche: «Mi piacerebbe spiegare a Tokyo che questi delinquenti sono una minoranza. I veri agricoltori campani sono persone responsabili, e la bufala è simbolo dell’amore che hanno per la loro terra. Serve un piano anti-psicosi: la Regione faccia i controlli, ma nello stesso tempo proponga ai Paesi in cui la esportiamo di fare delle controanalisi. Scopriranno che nella nostra mozzarella la diossina non c’è». Lo chef parla della bufala come farebbe un sommelier, con naso e palato è in grado di scomporla, sapore dopo sapore, negli elementi che la rendono unica: «Le sue qualità olfattive cambiano a seconda del periodo in cui viene prodotta. In primavera ci si sentono i fiori, è ricca e aromatica come un Traminer, mentre in autunno ecco l’erba tagliata, con quel profumo denso tipico di un Sauvignon». E quale sarebbe il miglior modo per degustarla? Al naturale, naturalmente, con basilico, un filo d’olio e un pomodoro rigorosamente «allevato» al sole: «Ma anche in uno spiedino a base di aragosta, cicale di mare e astice, come la propongo nel mio ristorante. Ed è perfetta pure per farci il gelato o la granita». Veterano Alfonso Iaccarino, proprietario del ristorante «Don Alfonso» a Sant’Agata sui Due Golfi: venne fondato nel 1890 dal nonno Alfonso Costanzo Fabio Cutri WASHINGTON – Paul Samuelson, il primo Premio Nobel americano dell’economia, crede di avere una spiegazione plausibile della caduta della mozzarella. Ritiene che sia un effetto della globalizzazione e della congiuntura, o meglio di certi mali che esse hanno portato. «Questo delizioso prodotto italiano, di cui sono ghiotto – dichiara – mi sembra vittima della economia dell’ansietà in cui oggi viviamo ». Per il nonagenario Premio Nobel, la memoria storica dei flussi e dei riflussi economici dalla Grande depressione degli Anni trenta a oggi, «l’economia odierna è un’economia di tensioni in cui anche i migliori prodotti possono crollare all’improvviso, sebbene momentaneamente, come dovrebbe essere per la mozzarella». Che cosa intende per economia dell’ansietà? «L’economia ostaggio delle nostre apprensioni. Prendiamo la Cina: ha esportato alcuni prodotti nocivi se non venefici, dagli alimentari ai giocattoli dei bambini. E questo ha fatto sì che altri prodotti cinesi, sani e sicuri, venissero scartati da noi e da voi. Ha anche destato allarme su tutto ciò che viene importato, come nel caso della mozzarella nella Corea del Sud e in Giappone. La storia dei rifiuti a Napoli deve avere destato dei sospetti. Sono fattori di cui tutti dobbiamo tenere conto». In che modo? «In due modi. In primo luogo, bisogna rafforzare il controllo di qualità. Quando produciamo qualcosa, dobbiamo verificare che non sia difettoso, soprattutto in Occidente, che è chiamato a competere con i Paesi emergenti dove i costi sono molto inferiori, e che può chiedere prezzi alti solo se i suoi beni sono superiori. Questa regola vale soprattutto per prodotti tipici cruciali per l’economia locale, come la mozzarella in Campania. Non so che cosa sia successo, ma è chiaro che l’incidente non deve ripetersi ». E in secondo luogo? «Occorre combattere il protezionismo, che sta rialzando la testa, e questo è un compito degli Stati. Il protezionismo è facile da usare soprattutto contro i prodotti alimentari stranieri, perché c’è sempre una scusa, la contaminazione, l’igiene, e così via. Noi americani ce ne siamo serviti per decenni, a esempio contro il vostro prosciutto. Qualche volta avevamo ragione, ma più spesso avevamo torto. Lo scopo vero era aiutare la nostra agricoltura limitando le importazioni e aumentando le esportazioni ». Lei ha parlato anche di economia di tensioni. «Sì, perché la globalizzazione ha causato fenomeni imprevisti come il trasferimento dei posti di lavoro dall’America e l’Europa ai nuovi colossi come l’India, vendite sottocosto da parte di questi ultimi, ecc., e ha creato frizioni tra Occidente e Oriente. In un clima del genere le incomprensioni e le ripicche sono inevitabili. Mi consenta una battuta: Napoleone diceva che ogni tanto conveniva impiccare un generale per tenere tutti svegli». La caduta della mozzarella danneggia l’immagine dell’Italia? «Direi di no. La mozzarella italiana rimane la migliore del mondo come il vostro design o la vostra moda. La vostra economia ha molte pecche, ma in settori come questi vantate grandi tradizioni risalenti addirittura alle corporazioni medioevali, e le vostre piccole e medie imprese sono la forza del Paese. E non crediate di avere dei problemi diversi dai nostri o da quelli del Giappone». In che senso? «Che le cadute dei prodotti anche più apprezzati sono all’ordine del giorno ovunque, basta pensare alle nostre automobili. Il punto è sapere come porvi rimedio. Questa è una delle sfide ai nostri e ai vostri leader politici ed economici, una sfida che rende ancora più importanti le vostre e nostre elezioni ». ❜❜ Occorre rafforzare i controlli di qualità e combattere il protezionismo che rialza la testa Ennio Caretto CARLO PETRINI In napoletano si dice "parlare a schiòvere", espressione sublime e intraducibile per indicare i discorsi insulsi, vuoti. Una cosa così, come la pioggia: va dove vuole, smette, può succedere, ma anche no. Diossina nella mozzarella di bufala vuol dire, innanzitutto, diossina nell´aria che respiriamo e nell´acqua che cade sui nostri suoli, che irriga l´erba e i vegetali di cui si nutrono le bufale. Con l´esclusione del consumo diretto di erba, tutti gli altri elementi riguardano allo stesso modo anche noi. Le diossine sono molecole di sintesi che hanno avuto in sorte una forma molto simile a quella degli ormoni. l sistema riproduttivo dei mammiferi quindi si confonde, le prende per ormoni e li ingloba nel sistema: apparati genitali, ghiandole mammarie, ecc. Ecco perché finiscono nel latte. Eppure ci preoccupiamo della diossina non se sta, come già dimostrato in altre zone del mondo, nel latte materno, ma se essa ha l´impudenza di compromettere l´export e il buon nome del made in Italy, ergendosi a simbolo del fallimento istituzionale. Ci allarma solo il danno economico, perché pensiamo alla terra, al suolo, come ad una materia prima da sfruttare secondo logiche capitalistiche. Essa è, invece, il capitale medesimo e una buona gestione del capitale è l´unica maniera per continuare ad avere attività economicamente redditizie. Il suolo agricolo da decenni cede il passo a capannoni, impianti industriali, ipermercati, discariche, a qualunque attività – non necessariamente lecita - che preveda un rapido accumulo di denaro, una consistente cementificazione e un rilascio nell´ambiente di sostanze inquinanti. Nel 2000 il suolo nazionale cementificato era il 7%. Oggi si stima che sia intorno al 10. Sembrano numeri piccoli, ma se si considera che il territorio destinabile all´agricoltura coincide con quello su cui insistono le attività di cementificazione la situazione cambia. Quando si dice 10%, infatti si considera che il 100 sia formato anche dalle montagne, dalle pietraie, dalle spiagge… tutte aree che ai cementificatori non interessano. I loro antagonisti sono proprio gli agricoltori di pianura e prima collina. un´enormità. Dove pensiamo che siano le risorse di biodiversità, le possibilità di ripresa, le chances di invertire la tendenza al riscaldamento globale? Nei capannoni che infestano le nostre pianure più fertili? La produzione agroalimentare viene confusa con quel che si fa nelle industrie di trasformazione e il made in Italy diventa un elemento di marketing prima che una realtà culturale da difendere nella sostanza. Lo stesso rischio, al seguito, lo corrono le indicazioni geografiche, pensate per proteggere un territorio e ridotte invece al rango di un qualsiasi marchio di fabbrica. Certo che le imitano, ma la colpa è di chi non ha saputo farne elementi sostanziali di diversità. Questo modello di sviluppo sta catastroficamente mostrando tutta la sua inadeguatezza, ma intanto si è mangiato il futuro di una terra, la Campania, che oggi non sa come riemergere dal pantano civile e istituzionale in cui è stata lasciata sprofondare, non per ignoranza o incompetenza ma per dolo e per precise responsabilità. Oltre che per ignavia e indifferenza della società civile. Ora la storia presenta il conto, ma purtroppo lo presenta alle persone sbagliate, a quegli agricoltori che, pur producendo secondo il rispetto delle norme vigenti, lavorano con la terra e la natura che hanno a disposizione e si ritrovano il prodotto rifiutato da un mercato internazionale dove i controlli si fanno e i risultati non si minimizzano. Non ci sono soluzioni se non nel radicale cambio di orientamento politico e produttivo: e guai se qualcuno si farà anche solo passare per la mente l´idea di innalzare i limiti di tollerabilità della diossina negli alimenti, come successe decenni fa con l´atrazina nell´acqua e ancora oggi non beviamo dai nostri rubinetti grazie a questo intervento. Se vogliamo difendere l´export rendiamolo inimitabile. Non si vive di rendita se non si accudisce il capitale. E il nostro capitale di prestigio e cultura si radica nelle condizioni ambientali in cui si svolge la nostra agricoltura e la nostra vita. Se non capiamo questo, allora, davvero, stiamo parlando a schiòvere. CONCHITA SANNINO NAPOLI - Fermare la psicosi. Che ora viaggia dal mercato asiatico agli Usa, dal Regno Unito fino alla Russia. E contenere l´enorme danno economico che, dopo la fibrillazione innescata sui mercati internazionali, ha già prodotto un buco di 30 milioni di euro e sta travolgendo come uno tsunami il marchio "mozzarella campana". Contro un «allarme da bolla mediatica», contro la «tempesta immotivata» si apre un vertice a Roma con una folta rappresentanza del governo, formata dai responsabili dei nostri ministeri della Salute, degli Esteri, delle Politiche Agricole, dell´Ambiente, oltre che dai vertici del Nas dei carabinieri, dell´Istituto superiore della Sanità e dei maggiori Istituti zooprofilattici italiani. Il sottosegretario del Ministero della Salute, Giampaolo Patta, chiarisce: «Attendiamo i risultati degli esami su campioni di latte e di mangimi prelevati in 83 aziende campane (tra allevamenti e caseifici), considerate a rischio per precedenti test. Si tratta comunque di sforamenti limitati». Dalle analisi più approfondite in corso nei laboratori di Roma, Brescia e Teramo, affiorano i primi risultati: in particolare, 2 test sul latte di avrebbero confermato una «contenuta» positività alla diossina; mentre l´esito di altri 4 controlli sui foraggi avrebbe smentito il rischio. Patta aggiunge: «Nessun quantitativo di mozzarella è stato fermato all´estero perché risultato positivo ai test, si tratta di soste preventive decise in Corea e Giappone». Allarme che, per il comandante dei Nas, «è frutto di una bolla mediatica». «Il prodotto in commercio è sicuro», insistono dall´Istituto zooprofilattico di Portici. Tuttavia, la diffidenza monta. Tanto più che proprio ieri, a Taranto, sono stati sequestrati 400 capi di bestiame perché nel latte sono stati trovati livelli preoccupanti di diossina. Così, l´incubo del divieto notificato al più celebre formaggio italiano, scattato inizialmente in Corea del Sud, ora contagia altri sette mercati. Attendono risposte ai loro quesiti Taiwan, Hong Kong e il Giappone. In Russia i latticini campani sarebbero già spariti dagli scaffali della distribuzione per essere sottoposti a controlli, come riferisce il quotidiano Kommersant. Intere partite di mozzarella - stando al racconto di alcuni produttori campani, tra cui il patron del noto marchio casertano Mandara - risulterebbero tenute sotto "esame" preventivo in alcuni aeroporti negli Usa e in Inghilterra. Anche dalla Germania, il portavoce del ministero dell´ambiente tedesco, Thomas Hagbeck, avverte: «Se i test da diossina dovessero dare risultato positivo, il blocco delle importazioni sarebbe giusto». Intanto Bruxelles attende delucidazioni da Roma. Una bufera che la politica cavalca. Arroventando il clima elettorale. Il ministro degli esteri Massimo D´Alema, in queste ore impegnato nel suo tour campano come capolista del Pd alla Camera, lancia un appello alla ragionevolezza: «Sulla mozzarella è esploso un allarme eccessivo, immotivato. Tra l´altro, quello della diossina non è un problema solo campano e la pericolosità per la salute è molto limitata». Tesi nettamente condivisa dal ministro Pierluigi Bersani: «Non spingiamo la psicosi fino ad immaginare un mondo senza mozzarella». Auspicio spazzato via dalla bordata di Gasparri, deputato di An. Che affonda: «L´onta che oggi macchia persino le rinomate mozzarelle è l´ennesimo regalo di Bassolino a questa terra». Fendenti a cui il presidente della giunta regionale reagisce con forza: «A chi giova - si chiede il governatore Bassolino - che sulla mozzarella si dicano cose sbagliate e ingiuste? Contro chi vuole rovesciarci addosso più problemi di quelli che abbiamo, reagiamo compatti». Rifiuti e mozzarella sono argomenti usati come clava, argomenta Bassolino. Che rilancia. «Scendiamo in campo contro razzismo e meschinità. Siamo in battaglia e io sono un combattente. Non scappo». CRISTINA ZAGARIA DAL NOSTRO INVIATO CASERTA - Indossano camici bianchi e guanti sottili. Sembrano più chirurghi che cow-boy. Sono gli allevatori di bufale, i produttori di mozzarella dop, l´oro bianco campano che esportano in Giappone, ma anche in America, Russia, Francia. Sono quelli che da tre giorni non dormono e, sfidando i vari fusi orari, inviano in tutto il mondo analisi chimiche, documenti, certificazioni per "sbloccare" i carichi fermi in dogana a Seul e a Tokyo, ma anche negli Usa e in Russia. Sono quelli che ora devono combattere contro la crisi (c´è chi parla già di riduzione del personale) e contro chi, approfittando del calo delle vendite, specula sul prezzo del latte. «Non abbiamo paura dei controlli, perché il nostro prodotto è sicuro, al cento per cento. Abbiamo paura del futuro. Nel comparto siamo 20.000 famiglie e da oggi il futuro non è più sicuro per nessuno». Giuseppe Mandara è titolare di una delle più grandi aziende di mozzarella della Campania, una di quelle finite nella lista dei controlli alla dogana giapponese. A Mondragone, nel casertano, il vento non trova quiete, ma tutto funziona come un normale giorno di lavoro nei capannoni della Mandara Spa. «Da otto anni ormai facciamo controlli settimanali sul latte, sul mangime degli animali, sulle mozzarelle - precisa subito l´anziano titolare, che cammina piano e sorride sempre - Abbiamo tutte le carte che ci chiedono. Il 13 aprile, per esempio, abbiamo un´ispezione in azienda dei tecnici della "Desco" - dice il produttore - una delle più grandi catene di supermercati in Gran Bretagna. Ma è la prassi. Anzi, venite tutti in Campania, venite a controllarci così vedrete che la nostra mozzarella non solo è buona ma è anche sicura». L´azienda Mandara al momento ha 500 chili di latticini fermi alla dogana di Seul. «In Giappone invece è tutto tranquillo. Abbiamo inviato i documenti e il carico è ripartito». L´allevatore di Mondragone lavora nel settore da tre generazioni e ha 150 dipendenti: «Un periodo così nero io non lo ricordavo dai tempi del colera, dagli anni ”70, non so quanto potremo resistere se continua questa psicosi». La Cooperativa allevatori Bufalini Abc, a Vitulazio, sempre nel casertano, ha 300 chili formaggio fermi alla dogana di Tokyo: «Lavoro per un cliente francese che esporta in Giappone. Ieri, da Parigi, mi hanno chiesto all´improvviso documentazione supplementare e oggi nuovi documenti ancora - dice Antonio Capo, uno dei soci della cooperativa - Ho inviato tutte le analisi. In Giappone ogni settimana esportiamo 350 chili di prodotto». Il 95 per cento della produzione della Cooperativa è destinata all´estero: innanzitutto in Francia, poi in Usa, Spagna, Germania, Inghilterra e Grecia. «D´ora in poi esporteremo mozzarella e analisi - dice a labbra serrate Capo - da tutto il mondo ci chiedono una carta di identità del prodotto. Ma questo è solo una garanzia, prima di tutto per noi». E c´è anche chi in aperta campagna, vicino Capua, nella sperduta contrada Torre Lupara, ha realizzato un´azienda agricola su misura per i giapponesi. «Ogni mese esportiamo in Giappone 15.000 chili di mozzarella congelata - racconta Alfredo Iemma, mentre in camice bianco fai il giro dello stabilimento - un viaggio in nave di 25 giorni. Il nostro cliente è una catena nipponica con 900 ristoranti, dove l´ultima moda è servire caprese fresca. Lavoriamo con i giapponesi da anni e, a parte questo allarme, loro sono fissati con l´igiene, perciò abbiamo adattato il nostro stabilimento alle loro richieste. Diciamo che in una giornata per la metà del tempo produciamo mozzarella e per l´altra metà controlliamo e sterilizziamo lo stabilimento e il prodotto». L´azienda Iemma è familiare: il fratello di Alfredo, Cesare, si occupa dell´allevamento, Alfredo e suo figlio della produzione ed esportazione di mozzarelle, un terzo fratello lavora su Latina. «Il 60 per cento del latte lo produciamo noi e lo controlliamo fino all´esasperazione; il restante 40 lo prendiamo solo da aziende che abbiamo fidelizzato negli anni» spiega Cesare Iemma, mostrando docce per le bufale, sterilizzatori degli imballaggi, vasche di lavaggio. Rabbia, impotenza. Paura. «Ho già riunito i miei dipendenti, due giorni fa, per comunicare che, se l´allarme diossina continua, sarò costretto "tagliare" il personale - dice Giuseppe D´Agostino, titolare del piccolo caseificio La Pagliara, che produce mozzarella nel casertano da 20 anni - In pratica li ho autorizzati a cercare un altro lavoro, su 20 operai potrò trattenerne la metà. Produzione e fatturato, da novembre sono dimezzati». E da Salerno arriva l´Sos contro gli speculatori: «Alcuni caseifici della zona ci hanno fatto sapere che acquisteranno il nostro latte al prezzo di quello vaccino, che costa molto di meno, o non se ne fa niente. A questo punto, meglio buttarlo», dice Giovanni Mottola, allevatore di Altavilla Silentina. Gli addetti al settore parlano di un calo delle vendite anche del 35 per cento e c´è chi è già pronto a buttare la spugna. «Alcuni colleghi me lo hanno annunciato - dice Mottola - Spero non sia così, ma i costi di gestione sono diventati impossibili. Se potessimo lasceremmo tutti, questo è sicuro». FULVIO MILONE ROMA E’ in allerta il ministero della Salute che ha convocato un summit per oggi, si muove la Commissione europea che chiede rassicurazioni «entro due giorni» all’Italia. Perfino in Asia sono preoccupati. La psicosi della mozzarella alla diossina sta facendo il giro del mondo. Miete vittime anche fra gli stessi produttori i quali, paradossalmente, stanno alimentando in modo ingiustificato il clima di tensione che sta facendo colare a picco le vendite del latticino più famoso che ci sia. Dopo la messa al bando del prodotto decretata dalla Corea del Sud, ieri mattina il Consorzio per la tutela della mozzarella di bufala dop ha annunciato che anche il Giappone aveva chiuso le frontiere al formaggio tipico della Campania. Notizia falsa: non di blocco si trattava, ma solo di controlli. In compenso, pare che l’esempio della Corea del Sud sia stato seguito da Taiwan. Sono giorni davvero neri per la candida mozzarella. I 131 produttori del formaggio di bufala dop probabilmente non hanno mai conosciuto una crisi così grave. Cala a vista d’occhio l’esportazione, che sfiora il 16 per cento e vale 48 milioni di euro. Vacilla paurosamente anche il mercato interno: secondo il presidente del Consorzio Franco Consalvo il calo complessivo delle vendite è del 30, 35 per cento, e «a comprare meno mozzarella sono stati prima i consumatori campani, poi quelli del Nord». Almeno a breve scadenza non si può certo ipotizzare un futuro migliore per i caseifici e gli allevatori. Lo sa bene anche il ministero della Salute che questa mattina ha convocato un summit a cui parteciperanno anche funzionari e tecnici dei dicasteri dell’Agricoltura e dell’Ambiente e delle Regioni interessate. «La riunione - spiega Gian Paolo Patta, sottosegretario alla Salute - servirà a ”fotografare” la situazione alla luce degli ultimi dati e ad assumere le decisioni necessarie». Sono precauzioni giustificate, quelle del ministero, visto che anche la Commissione europea si sta muovendo per capire se davvero, e quanto, la mozzarella di bufala in giro per il vecchio continente sia contaminata dalla diossina. In realtà la Commissione si sta interessando al rischio di un’eventuale presenza di diossina in tutti i prodotti alimentari campani, non solo quindi delle mozzarelle, in seguito ai continui roghi di immondizia appiccati per l’emergenza-rifiuti. Ad ogni modo Bruxelles dà all’Italia due giorni di tempo per fornire dati certi sulla presenza della sostanza tossica nei latticini. «La Commissione - è scritto in una nota - ha chiesto alle autorità italiane già nel febbraio scorso di fornire risultati recenti delle analisi sui prodotti provenienti dalla Campania». La nota della Commissione si conclude con un dato relativamente incoraggiante: in attesa dei nuovi test, va infatti sottolineato che «nessun campione di alimenti o mangimi prelevati in Campania nel 2005 e nel 2006 conteneva livelli di diossine inaccettabili». E per quanto riguarda il 2007? «Alla fine dello scorso anno sono stati prelevati più di 100 campioni di mozzarella. I risultati saranno pronti alla fine del mese. In una riunione del 3 marzo la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di tenerla informata dei risultati, ma finora non è pervenuta alcuna notizia». La mozzarella alla diossina, insomma, rischia di creare un’autentica psicosi. «Psicosi che sta trascinando indiscriminatamente tutti i produttori in una crisi senza precedenti», commenta il professore Roberto Rubino, direttore del Consiglio per la ricerca e sperimentazione di Monterotondo, che fa capo al ministero dell’Agricoltura. «Il fatto che in alcune mozzarelle possa essere rilevata della diossina, naturalmente non significa che tutta la mozzarella di bufala prodotta sia contaminata - prosegue Rubino -. L’area a rischio è ben delimitata: è compresa fra le province di Napoli e di Caserta. Che cosa c’entrano con l’allarme diossina gli allevatori e i produttori del Salernitano o del basso Lazio?». Stampa Articolo Per la verità ci pensò già nel 2003 lo scrittore Giuseppe Montesano, che in un racconto immaginò la nascita di mozzarelle mutanti dal caos di inquinamento e rifiuti nel Napoletano. C’era già allora, ma non era arrivato sui media internazionali fra articoli e servizi giornalistici sempre più preoccupati. Ora l’Unione Europea ci bacchetta, e la mozzarellofobia dilaga; la Corea ha messo al bando quel simbolo di piacere e di italianità che è la mozzarella di bufala, associata pare indebitamente alle montagne di rifiuti e ai veleni che trasudano. Ieri la stretta del Giappone. E Edoardo Raspelli, principe dei gourmet, sospira. «Non si sa se essere più arrabbiati o più delusi». Se però fosse un giapponese, che legge le cronache sui giornali e vede le immagini alla tv, che farebbe? «Non bloccherei l’importazione e la vendita. Qui non si tratta di colera, non siamo a un’epidemia come pure si è verificato in passato, quando le cozze erano diventate molto pericolose. Il nostro Paese almeno sotto questo aspetto è affidabile. Se non ci sono provvedimenti interni di carattere igienico sanitario, non c’è motivo che ce ne siano di esterni». Però più lontano si è dalla Campania, maggiore è la paura. E’ un comportamento comprensibile. «Ho visto titoli anche su giornali molto più vicini, se è per questo. C’è una combinazione di timori infondati e misure protezionistiche». Rispetto ai quali siamo del tutto innocenti? «Forse no. E’ il momento di ripensare un po’ tutto: per esempio le fabbriche nel cuore delle città, o affacciate su paesaggi meravigliosi, sui campi, sulle coltivazioni. Di questo passo, dopo la mozzarella arriverà il turno del limoncello, e magari degli aranci di Sorrento. Mi fermo, meglio non dare altre idee». Detto questo, a lei piace? «A me piace moltissimo quella di bufala, l’unica vera; la legge consente infatti di chiamare mozzarella anche ciò che si dovrebbe più appropriatamente definire fiordilatte. Mi piace mangiarla a Paestum e dintorni, e sto parlando del piacere sensuale di un formaggio appena fatto. E’ la fine del mondo. I denti devono quasi rimbalzare quando la si addenta. Deve essere elastica e resistente. In termini tecnici si parla di ”ciccosità”». Per i mozzarellofobi, però, non vale una cicca. Ci sentono odore di diossina. «Questo è un episodio che fa capire, in fondo, la fragilità della nostra bandiera». I cui colori vediamo ogni giorno sulla Caprese: bianco di mozzarella, rosso di pomodoro, verde di basilico. Piatto povero e geniale. «Infatti ci servirebbe forse meno fantasia e più rigore, in tutti i campi. Anche se gli allevatori di bufale sono indenni da accuse. Il bufalo è un animale che vive negli acquitrini ma è pulitissimo. Negli allevamenti ho visto stalle con docce e lettini di plastica per tenere le bestie sempre all’umido. Docce fra l’altro che le bufale stesse azionano quando ne hanno voglia, colpendo una sorta di interruttore». Un eden. Ma un giapponese o un coreano queste meraviglie non le hanno mai viste. E a quella distanza è difficile abbiano potuto apprezzare la «ciccosità». «Intendiamoci, se anche la si mangia dopo tre o quattro giorni non è certo una schifezza, al contrario. Anche scontando i tempi di trasporto, resta uno dei formaggi più buoni del mondo». Stampa Articolo