Sergio Romano, Corriere della Sera 13/4/2008, 13 aprile 2008
La cittadinanza Caro Romano, sul voto agli italiani all’estero, le volevo ricordare che il problema non è l’italiano stentato degli emigrati in Argentina o in Australia (quanti italiani d’Italia si esprimono in un italiano stentato oppure solo in dialetto veneto o napoletano?) bensì un altro: il voto di noi cittadini italiani all’estero vale un terzo di un voto di un cittadino italiano residente in Italia
La cittadinanza Caro Romano, sul voto agli italiani all’estero, le volevo ricordare che il problema non è l’italiano stentato degli emigrati in Argentina o in Australia (quanti italiani d’Italia si esprimono in un italiano stentato oppure solo in dialetto veneto o napoletano?) bensì un altro: il voto di noi cittadini italiani all’estero vale un terzo di un voto di un cittadino italiano residente in Italia. Siamo infatti circa 2,6 milioni di elettori residenti al di fuori dell’Italia, quasi quanto gli elettori residenti in Toscana. Solo che noi eleggeremo 12 deputati e 6 senatori, mentre in Toscana si eleggeranno ben 38 deputati e 18 senatori: il triplo. I francesi, gli spagnoli, i belgi votano anche se residenti all’estero e il loro voto ha lo stesso valore di un voto espresso da un cittadino residente. Il nostro voto no, vale un terzo. Ma l’articolo 48 della Costituzione italiana non sancisce che il diritto di voto è legato alla cittadinanza (e non alla residenza)? Non afferma che il voto è «eguale»? Del resto, prima dell’attuale legge noi potevamo già votare proprio in quanto «cittadini»: bastava recarsi al proprio seggio elettorale in Italia. Se per essere elettori è dunque sufficiente avere la cittadinanza italiana, mi sembra che questo concetto sia difficile da capire e soprattutto da accettare da parte degli italiani residenti in Italia. Matteo Lazzarini Bruxelles Come ho ricordato in altre occasioni, una legge italiana di qualche anno fa ha concesso generosamente la cittadinanza anche a coloro che non hanno mai vissuto in Italia e ha creato così un potenziale elettorato italiano all’estero ben più grande di quello della maggior parte dei Paesi europei. Se questi italiani votassero per corrispondenza nel collegio da cui proviene la loro famiglia, un voto così quantitativamente rilevante di non residenti potrebbe alterare la volontà dei residenti. Per ovviare a questa intollerabile prospettiva, il governo Berlusconi e il Parlamento hanno creato alcune grandi circoscrizione elettorali all’estero assegnando ad esse dodici deputati e sei senatori. A lei sembrano troppo pochi. A mio avviso non sono né troppi né pochi. Sono semplicemente un errore politico che occorrerà, prima o dopo, correggere.