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 2008  aprile 13 Domenica calendario

VIGONE

(Torino) – C’è poco di romantico nella nuova vita di Varenne, il Capitano, forse il più grande trottatore italiano di tutti i tempi che ora si concede, tre volte alla settimana, alle monte artificiali che già hanno prodotto altri puledri campioni. Eppure, è difficile sottrarsi al mito che un cavallo così bello e così maestoso emana intorno a sé. Anche al Grifone, l’allevamento torinese dove vive da quando ha lasciato le piste dopo aver vinto per la seconda volta il Grande Slam e dove in queste ore si prepara la mega-festa (che durerà tutta la settimana e avrà il culmine domenica prossima) per i suoi tredici anni, chi lavora con lui ne parla con un misto di affetto e cameratesca stima: «Il migliore, un professionista in tutto…». Ci sarà un grande party all’allevamento, con tavole imbandite e tende bianche, musica e bambini, il modo che hanno gli umani per dire «grazie» e «lunga vita!». Lui si concederà ai fotografi, trotterà qualche minuto a beneficio dei fans, poi passerà una giornata come tutte le altre, perché un cavallo non è un cane, non scodinzola e i suoi rapporti con le persone sono limitati, fatti di segni impercettibili di riconoscimento riservati a pochi.
Per fecondare una cavalla, Varenne, o meglio proprietario e manager (il cavallo è tuttora di Enzo Giordano, mentre Roberto Brischetto amministra la società che si occupa di lui e altri famosi stalloni) vengono ricompensati 15.000 euro. Ma solo quando il puledro nascerà. una cifra probabilmente destinata a salire, se è vero che i figli del Capitano nati nel 2003 e nel 2004, i puledri «I» e «L» – ad ogni annata corrisponde una lettera dell’alfabeto – stanno già dando buona prova di sé sulle piste del mondo. Ma il grande baio non lo sa: per lui, la monta – un’operazione asettica da tre minuti che si compie immancabilmente ogni lunedì, mercoledì e venerdì da gennaio a luglio, in tutto 150 volte all’anno – è un lavoro come un altro, come prima lo era allenarsi e vincere.
Le sue giornate sono quelle di un atleta prezioso, tutte uguali, tutte armoniche perché nulla possa turbarlo e influire così sulla qualità della sua stirpe: un pasto abbondante, la digestione, 40 minuti di allenamento alla corda per mantenersi tonico, la monta quando è prevista, poi il paddock recintato, dove il Capitano regna da solo, ma abbastanza vicino alle fattrici e ai puledri da non scordarsi il loro odore e i loro suoni. C’è una donna, una professionista che conosce tutti i suoi segreti: Giovanna Romano, 45 anni, la veterinaria che fin dagli esordi della nuova carriera lo cura, lavora con lui, ne percepisce i momenti felici e ne intuisce ogni minimo problema.
Dottoressa, nessun senso di colpa per quegli artifici scanditi dall’orologio ai quali sottopone Varenne? «Proprio no. Ho studiato tre anni in Irlanda, dove la monta dei cavalli è per legge naturale, perché si vuole ridurre il numero dei puledri. E posso assicurare che sia per la cavalla, legata e imbragata perché non possa far male al suo partner, sia per lo stallone, che non ha neppure la possibilità di conoscerla prima, non è affatto divertente. La verità è che o gli animali sono liberi davvero, come da noi avviene ormai soltanto in piccole zone della Maremma, oppure i rapporti tra loro sono dettati dall’uomo, e allora è meglio che tutto avvenga nel modo più razionale possibile ».
Quanto può durare una seconda vita da stallone? «Finché l’animale sta bene e fino a quando è fertile: vent’anni di età, forse di più se i risultati sono buoni. Poi, c’è un’altra vita ancora, che può durare fino a trent’ anni». Emozioni? «Aiutare i puledri di Varenne e degli altri stalloni a nascere, come facciamo regolarmente quando la cavalla è del nostro allevamento. un lavoro, certo, ma anche una grande gioia».
Vera Schiavazzi