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 2008  aprile 13 Domenica calendario

Nella foga della campagna elettorale, i sindacati l’avevano indicata come azionista nazionale dell’Alitalia targata Air France-Klm e garante di una ristrutturazione più morbida

Nella foga della campagna elettorale, i sindacati l’avevano indicata come azionista nazionale dell’Alitalia targata Air France-Klm e garante di una ristrutturazione più morbida. Poi, il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha dichiarato decaduta l’ipotesi Fintecna. Ma quando a una società si pensa di affidare il ruolo del salvatore della patria, è meglio accendere i riflettori: non ci sarà sempre un Jean-Cyril Spinetta a dire di no. Che cos’è, dunque, Fintecna? Fintecna è una holding posseduta dal ministero dell’ Economia. A partire dal 1994, ha ristrutturato le principali attività dell’Iri, cedendo 750 società e infine incorporando lo stesso Iri in liquidazione con la conseguente intestazione delle partecipazioni residue, Fincantieri e Tirrenia di Navigazione. Fintecna, inoltre, ha svolto un’intesa attività immobiliare sulle proprietà pubbliche. Ha 250 dipendenti guidati dal presidente Vincenzo Dettori, succeduto a Maurizio Prato quando questi è stato chiamato in Alitalia. Il gruppo di società controllate da Fintecna ha 19 mila dipendenti e comprende, oltre a Fincantieri e Tirrenia, la Patrimonio dello Stato, alcune immobiliari, le vecchie liquidazioni e Az Service. Il bilancio 2006 dice che il sistema Fintecna realizza ricavi consolidati per 4,2 miliardi con un risultato operativo lordo di 414 milioni e un utile netto di 272 anche grazie ai proventi della gestione finanziaria. Questi derivano dal tesoretto in parte accumulato da Prato e Dettori, due manager di scuola Iri, con l’efficace gestione delle liquidazioni e dei contenziosi. A fine 2006 la holding ha debiti per 677 milioni contro una liquidità pari a 4,1 miliardi. Nel 2007, accantonato il progetto del ponte sullo Stretto, il ministero si è ripreso 1,5 miliardi assegnati alla società di scopo, che Fintecna ha contestualmente girato all’Anas. Poiché al passivo Fintecna espone un fondo rischi di 2,1 miliardi, ci si può chiedere quanta parte della liquidità andrà a copertura di eventuali oneri da liquidazioni e contenziosi. Ma il successo dei recuperi fatti autorizza a dire che sarà una parte non grande. Dunque un tesoretto esiste, sia pure non precisabile. E tanto basta ad alimentare l’idea di trasformare la virtuosa Fintecna in una nuova Gepi, la tristemente nota finanziaria di salvataggio della Prima Repubblica. A Fintecna è già stata accollata la maggioranza di Az Service per consentire ad Alitalia di deconsolidare un’attività in rosso con quasi 9 mila dipendenti, ma il venditore ha dovuto almeno concedere una dote per i primi tempi. Fosse entrata davvero in Alitalia, riportando dentro i servizi ceduti nel 2005, Fintecna avrebbe dovuto coprirne le perdite in puro stile Gepi. Per evitare che i fantasmi si ripresentino, sarebbe meglio reinvestire il tesoretto per smobilizzare altri edifici pubblici a beneficio dei conti dello Stato oppure per sostenere Fincantieri che, con la possibile acquisizione del concorrente Aker Yards, avrà forse bisogno di un aumento di capitale più robusto di quello riservato alla Borsa. (con la consulenza tecnica di Miraquota) mmucchetti@corriere.it