www.ccsnews.it, 12 aprile 2008
Enrico Ruggero DALLA MUSICA ALLA TV di Massimo Emanuelli Enrico Ruggeri esordisce in tv come cantante dapprima coi Decibel al Festival di Sanremo edizione 1980, quindi compare a Pop Corn, Chewing gum, Superclassifica show, ed altre trasmissioni musicali di Telemilano58, poi Canale5
Enrico Ruggero DALLA MUSICA ALLA TV di Massimo Emanuelli Enrico Ruggeri esordisce in tv come cantante dapprima coi Decibel al Festival di Sanremo edizione 1980, quindi compare a Pop Corn, Chewing gum, Superclassifica show, ed altre trasmissioni musicali di Telemilano58, poi Canale5. Il 5 dicembre 2005, pur senza rinnegare la musica, il suo primo amore, Ruggeri ha esordito come conduttore de Il bivio… cosa sarebbe successo se… su Italia1. Enrico Ruggeri è nato a Milano il 5 giugno 1957: ”I miei genitori mi iscrissero alle elementari quando avevo cinque anni, perché sapevo già leggere e in casa mi annoiavo. Apprendevo tutto molto in fretta e per qualche anno rischiai di diventare un vero bambino prodigio. Mio padre mi insegnava l’inglese e i numeri relativi, leggevo Dante e l’Iliade. Così una mattina sbagliai apposta tutto un compito in classe di aritmetica: volevo provare la sensazione di quelli che non ce la facevano. Da quel giorno mi ha accompagnato per tutta la vita un senso di solidarietà con i perdenti, gli umiliati, le minoranze, le diversità. E ogni volta che mi è capitato di appartenere a una di queste categorie ho sempre provato un grande senso di orgoglio. Ho sempre avuto eroi negativi o eroi sconfitti, da Ettore in avanti, e ho sempre diffidato delle maggioranze e del clamore che circonda i trionfatori. E quando mi è capitato di vincere qualcosa ho sempre vestito i miei successi con tutto il pudore di cui disponevo. Non sono soltanto figlio unico, sono anche nipote unico, perché non ho primi cugini. Credo che i figli unici sviluppino un particolare allenamento alla fantasia: non avendo compagni di giochi sono portati a dare corpo, anima e parola a tutto quello che hanno vicino. Io, per esempio, ho passato tutta la mia infanzia parlando da solo, organizzando interminabili pantomime con pupazzi, soldatini, automobili, suppellettili. Stavo scoprendo il grande fascino della parola, della dialettica, e anche della polemica. Questa caratteristica non mi ha mai abbandonato: rimango un conversatore pregevole, un ascoltatore attento (anche dei silenzi) e un amante della discussione, se è leale e stimolante. E sono grato a tutti i fratelli e cugini creati dalla mia immaginazione. Non mi ricordo il momento preciso in cui ebbi la prima ”folgorazione” musicale: però ho stampato nella memoria il mio primo mangiadischi, con i pochi dischi che mi regalarono un Natale (allora credevo me l’avesse portato Gesù Bambino): una dozzina di canzoni in tutto, che ascoltavo per ore, in piedi al centro del salotto con un manico di scopa a mo’ di asta di microfono, gli occhi socchiusi e l’illusione di avere davanti il pubblico. Ero già consapevole che stavo assaporando, anche se solo in sogno, la sensazione più forte che esista in natura, intensa e dolorosa, lacerante e frastornante. Ho avuto la fortuna di trasformare il gioco in realtà, e oggi vivo con il timore di non essere mai completamente naturale nella mia vita: quando parlo o mi muovo non mi sento mai del tutto a mio agio, non sono mai al massimo, non sono mai a fuoco”. Ultimate le scuole medie Enrico frequenta il liceo classico: ”La mia adolescenza è stata dolorosa almeno quanto fu felice la mia infanzia. Ero troppo timido e decisamente goffo: non mi piacevo, e di conseguenza non interessavo agli altri. Erano gli anni del post sessantotto, nel mio liceo imperava la legge dell’arroganza; una ventina tra i figli dell’alta borghesia milanese, tutti dell’ultrasinistra, tenevano in pugno tutta la scuola: essere comunisti era praticamente obbligatorio. Quelli che non lo erano tacevano, quelli che si ribellavano erano come minimo isolati, quando non accadeva di peggio. I professori erano allineati ai tempi, e parteggiavano sfacciatamente per quelli che ”facevano politica’. Ancora una volta mi avrebbe salvato la musica, mi avrebbe dato quell’identità che non riuscivo a crearmi. Tendevo a differenziarmi già nei gusti, visto che ostentavo il mio amore per quello che si definiva ”rock decadente”, caratterizzato da iconografie ed atteggiamenti fuori linea: cercavo di vestirmi bene, avevo i capelli cortissimi e gli occhiali scuri. Di positivo c’era il fatto che la scuola era occupata o in ”sciopero” almeno due giorni alla settimana: si scappava ad ascoltare musica, o in qualche cantina a cercare di imparare i pezzi che avevamo sentito. Ogni mese si cambiava band, si litigava e si faceva la pace in continuazione, perché le scelte ”artistiche” cambiavano più in fretta delle nostre attitudini. Naturalmente in casa mia cominciavano a non capire nulla. Non ho molti ricordi d’infanzia legati alla televisione, perché mio padre non voleva che la vedessi: non ne acquistò mai una. Credo che questa sua decisione abbia inciso profondamente, nel bene e nel male, sulla mia formazione. Leggevo molto, divoravo anche i quotidiani, ma ero costretto anche in questo frangente a fare appello alla mia fantasia. La televisione la vedevo dalle zie: erano i tempi in cui lo slogan era ”a letto dopo Carosello”. Uno dei personaggi che segnarono la mia sensibilità di bambino fu Kennedy; lo trovavo bello, dinamico e rassicurante: il suo assassinio fu il mio primo trauma riferito agli eventi pubblici, al punto che mi misi a ritagliare tutto quello che trovavo su di lui, malgrado avessi solo sei anni. In quel 1963 morì anche Papa Giovanni: mi diedero il permesso di seguire i funerali da qualche zia. La morte di un Papa mi sembrava un evento terribile, arcano, ricco di mistero e sacralità, al punto che, durante la processione, mi aspettavo di vederlo alzarsi. Non mi meravigliai quando, mentre un brivido chi stupore percorreva il mondo, sembrò che si mettesse a sorridere”. Nel 1973 Ruggeri fonda la sua prima band musicale, i Josafat, che debutta in concerto al Teatro San Fedele di Milano con un repertorio di classici del rock anni Sessanta. L’influenza del ”rock decadente” alla David Bowie e Lou Reed caratterizza la produzione della sua successiva band, gli Champagne Molotov, che fonda con Silvio Capeccia e con cui si esibisce in numerosi licei milanesi. La prima canzone Living Home che più tardi si chiamerà Vivo da Re è del 1975, scritta durante l’ultimo anno di liceo classico. Nell’inverno successivo, iscrittosi alla Facoltà di Giurisprudenza, insegna italiano e latino come supplente presso la scuola media inferiore Tito Livio di Milano. Nel 1977 la band si trasforma in Decibel, in ottobre i muri di Milano vengono tappezzati di manifestini che annunciano un concerto punk dei Decibel. Si tratta di una provocazione in stile Malcolm Mc Laren (il concerto era infatti un’invenzione) che suscita la reazione anti-punk dei movimenti giovanili della sinistra. Si assiste a zuffe e pestaggi e, l’indomani, i quotidiani parleranno per la prima volta dei Decibel. Incuriosite, le case discografiche contattano la band, la Spaghetti Records li manda a Carimate per registrare l’album del debutto. Comincia la scalata al successo: incidono i singoli Punk, Indigestione Disko e A mano armata, nel 1979 è la volta dell’album Vivo da Re. Nel 1980 i Decibel partecipano al Festival di Sanremo con il brano Contessa riscuotendo notevole successo. Enrico sfoggia originali montature di occhiali, e una chioma originale (mezzi che Ruggeri usa per farsi notare), col passare degli anni la metamorfosi: operazione per vincere la miopia e perdita dei capelli. Durante la promozione dell’album Vivo da Re i rapporti all’interno del gruppo e quelli con la casa discografica cominciano a incrinarsi seriamente, la band si scioglie nel 1981 ed Enrico incide Champagne Molotov, il suo primo album da solista. Nel 1982 Ruggeri gode del primo vero successo come autore con Tenax interpretata da Diana Est, interprete che spopola sull’emittente Telemilano 58 di proprietà di un certo Silvio Berlusconi. Nel 1983 Ruggeri abbandona il genere punk (lo manifesterà apertamente nella canzone Punk (prima di te) e pubblica l’album Polvere, successivamente scriverà brani per Loredana Bertè, Anna Oxa, Gianni Morandi, Fiorella Mannoia, Mia Martini, I Pooh, Riccardo Cocciante e Mina. A partire da questo momento Ruggeri sforna un successo dietro l’altro: Presente (1984, in cui è contenuto Nuovo Swing presentato a Sanremo), Tutto scorre (1985), Rien va plus (1986), Difesa francese e Enrico VIII (sempre del 1986). Nell’estate 1985 Enrico è in tour con Mimmo Locasciulli, esperienza da cui viene tratto il live Confusi in un playback, la collaborazione con Locasciulli prosegue con la tournèe teatrale della stagione 1986/87 e nel 1987 al Club Tenco, i due, prima del concerto di Tom Waits, eseguono il brano Foreign affairs. A metà degli anni ”80 Enrico si sposa con Laura Ferrato, studentessa di filosofia dell’Università Statale di Milano. Da sempre tifoso di calcio, sportivo lui stesso, il 21 marzo 1984 Enrico debutta, per solidarietà e per divertimento, nella Nazionale Cantanti, di cui fa ancora parte oggi. Grande tifoso dell’Inter Ruggeri riceve dalla società la proposta di curare un inno dedicato alla squadra. Nel 1987 vince, con Gianni Morandi ed Umberto Tozzi, il festival di Sanremo con il brano Si può dare di più, e pubblica gli album La parola ai testimoni e Vai rouge; nel 1989 incide Contatti, un mix di cover, da Battisti a De Gregori, e inediti, e pubblica il libro di racconti La giostra. Il 1990 è l’anno della nascita del figlio Pier Enrico e della pubblicazione dell’album Il falco e il gabbiano, che segna un ritorno al rock. Nel 1991 esce l’album Peter Pan, nel 1993 vince il festival di Sanremo con Mistero (primo brano rock a trionfare nella città dei fiori) e pubblica l’album antologico La giostra della memoria, con il quale fa il punto della sua carriera, la raccolta contiene numerose riletture in versione live di brani scritti per sé e per altri: ”Ogni volta che interpretavo dal vivo Il mare d’inverno qualcuno al termine del concerto mi diceva: Ah perché… è tua?”. Nel 1994 incide l’album Oggetti smarriti e conosce Andrea Mirò, componente della sua band e sua attuale compagna, nel 1996 esce l’album Fango e stelle, nel 1997 è la volta di Domani è un altro giorno, nuova metamorfosi per Ruggeri: completamente rasato a zero. La fine degli anni ”90 è dedicata al lavoro letterario Racconti e poesie (1998) e all’album L’isola dei tesori (1999). Nel 2000 esce Piccoli mostri, nel 2001 il doppio album live La vie en rouge, nel 2002 presenta a Sanremo, con l’orchestra diretta da Andrea Mirò, Primavera Sarajevo. Enrico, che vive a Milano in zona Porta Venezia, con la compagna Andrea Mirò, alla sua città ha dedicato il brano Salviamo Milano. Ruggeri parteciperà al festival di Sanremo 2003 presentando, con la milanese Andrea Mirò, il brano Nessuno tocchi Caino. Il 6 settembre 2003 esce l’album Gli occhi del musicista, nel 2004 esce l’album Punk prima di te, contenente brani del repertorio punk con i Decibel e brani di Lou Redd, Clash, Sex Pistols, Ramones, e altre star storiche del movimento. Enrico Ruggeri è il rocker pop, per eccellenza, è stato definito cantautore rock per la propria capacità di mescolare i ritmi più violenti del rock con la passione melodica. Nel 2004 esce il dvd Ulisse, a coronamento dei venticinque anni di carriera da solista. Nel 2005 esce il nuovo cd Amore e guerra, quindi Enrico si esibisce in una tourneè teatrale. Enrico Ruggeri, che è stato anche premiato dal Comune di Milano con l’Ambrogino d’Oro, è stato uno dei più importanti autori di questi ultimi anni scrivendo stupende canzoni del repertorio di Loredana Bertè, Fiorella Mannoia, Mina, Mia Martini, Riccardo Cocciante, Gianni Morandi, ma è anche un grandissimo interprete. Il 5 dicembre 2005, pur senza rinnegare la musica, il suo primo amore, Enrico Ruggeri esordisce come conduttore de Il bivio… cosa sarebbe successo se… su Italia1. Enrico Ruggeri: una voce fuori dal coro di Luciano Lanna Irregolare per vocazione. Fuori del coro per istinto. Rivendica la libertà di non lasciarsi incasellare e imprigionare da niente e da nessuno. Non da uno stile (passa dalla canzone d’autore al rock, dall’acustico al melodico), non da una canzone particolare (sente sue tanto "Il portiere di notte" che "Il mare d’inverno", sia "Contessa" che "Si può dare di più"), non da una ideologia (lontano da qualsiasi pensiero politicamente corretto, può però anche permettersi di criticare certi aspetti del globalismo), non da una identità (ha sempre fatto avanguardia ma non ha mai disdegnato la sagra nazionalpopolare di Sanremo). Questo è Enrico Ruggeri, milanese, 44 anni, cantautore e musicista di successo: tifa Inter, odia la Juve, ha scritto alcune delle più belle canzone italiane del dopoguerra, ha una passione per la letteratura e ha pubblicato libri di racconti e poesie ("La giostra" del 1988, "Per pudore" del 1994, "Racconti e poesie" del 1995 e "Piccoli mostri" del 2000). Solo lui poteva portare all’ultimo Sanremo la bellissima "Primavera a Sarajevo", dove "lungo i giardini tra le croci e le moschee il fiume va più nero della sera". Questo e altro è quanto emerge da "La vie en rouge", un libro in cui Ruggeri si racconta a Massimo Cotto e che è arrivato in libreria per i tipi della Sperling & Kupfer. "Sui cancelli di Wimbledon - esordisce Enrico - è scritto che Vittoria e Sconfitta sono due imbroglione che vanno trattate con la medesima diffidenza. Nella mia vita le ho incontrate entrambe, spesso separatamente, altre volte a braccetto". Adolescenza difficile per via degli occhiali: "I ragazzi mi discriminavano: non ti picchio perché hai gli occhiali… per non morire, ho trasformato gli occhiali da oggetto di discriminazione a segno distintivo, mi venne in aiuto Knox, il cantante dei Vibrators, che portava occhiali scuri dalla montatura bianca". La via dell’estetica come superamento, quindi. Ma si aprono comunque altri problemi. "Ostentando gli occhiali - racconta ancora Enrico - ho rotto le catene come Spartaco, ma ho incontrato, negli anni dell’allineamento politico a sinistra, altri problemi: gli occhiali scuri erano, almeno così dicevano, di destra". E Ruggeri, ragazzo per bene di famiglia borghese, bambino prodigio mandato a scuola a cinque anni, sceglie la via della musica: "Ricordo i primi concerti con gli Champagne Molotov, dove venivamo tenuti sotto osservazione dalla gente di sinistra per la musica che proponevamo". Demenzialità degli anni Settanta, periodo in cui Lou Reed veniva considerato di destra e politicamente scorretto solo perché vestiva di nero e aveva i capelli molto corti: al Palalido di Milano gli permisero solo due-tre canzoni, poi gli tirarono sassi e lattine, costringendolo a lasciare il palco. Sono gli anni in cui Enrico frequenta il Liceo Berchet, "protetto da un ambiente famigliare e da un modo di vivere quasi fuori del tempo perpetuato da alcuni parenti che credevano in certi valori ormai al tramonto". Quando, nell’autunno 1970, Enrico arriva al liceo è sopraffatto da un clima assurdo: un Sessantotto non ben digerito, le femministe, le assemblee, la caccia al fascista: "Del liceo, ricordo la professoressa di matematica, la signora Fincato, considerata fascista, subiva settimanalmente un’assemblea contro. Arrivava in classe accompagnata dalla polizia, solo perché era l’unica che pretendeva di interrogare e contemplava l’idea di darti 5 come voto". Ruggeri trovava aberranti le lezioni di filosofia: sei mesi su Marx e nemmeno una lezione su Nietzsche e Schopenhauer. "In italiano, niente D’Annunzio e poco Leopardi e Foscolo, ma ore e ore su Gramsci". Non mancano i ricordi tragici e imbarazzanti: "Ricordo un giorno del 1972, l’intero liceo riunito in assemblea quasi permanente. Due ragazzi presero il microfono: Compagni, un’ora fa il proletariato ha giustiziato il commissario Calabresi. Ovazioni, applausi anche dai professori". Per Enrico la lezione fu indimenticabile: "Da quegli anni ho imparato quanto sia bello combattere contro l’arroganza, quanto sia gratificante stare fuori dal coro". Il 4 ottobre 1977, nell’anno dei portenti, con una provocazione situazionista, Ruggeri avvia la sua carriera musicale. Milano è tappezzata di manifesti che recitano "Concerto punk con i Decibel. Discoteca Piccola Broadway, via Redi angolo corso Buenos Aires". Sull’onda del vento punk proveniente da Londra, Enrico segue l’esempio dei Sex Pistols: strombazza un concerto mai organizzato per vedere che effetto facesse. Arrivarono 300 punk da tutto il Nord Italia e quello che sembrava uno spettacolare raduno divenne un campo di battaglia: "La paura di un nuovo movimento, erroneamente considerato di destra, scatenò uno scontro feroce tra gli adepti della nuova parrocchia e due dei gruppi giovanili della sinistra, Avanguardia Operaia e Movimento Studentesco". Il risultato? Si pestarono a sangue, la discoteca chiuse le porte, continuando a ripetere che nessun concerto era previsto per quella sera. "In un amen - ricorda Ruggeri - finimmo sui giornali. Radio Popolare ci invitò a una trasmissione. Grazie a un mio coinquilino, che conosceva Pepe dei Dik Dik, a sua volta amico di Silvio Crippa, che ora è il mio manager, entrammo in contatto con la Spaghetti Recors…. A novembre, eravamo nel castello di Carimate, per registrare un album, Punk, che oggi è preda ambita dei collezionisti. Tutto senza aver fatto assolutamente nulla…". Tre anni e i Decibel arrivano a Sanremo. Nel 1981 il primo album da solista, "Champagne Molotov". E gli anni Ottanta saranno un crescendo di successi per Enrico: Festivalbar, ancora Sanremo, collaborazioni con i più importanti cantanti italiani, testi per altri interpreti, tour internazionali. Nel 1983 scrive "Il mare d’inverno" per Loredana Bertè. Un trionfo. Un secondo colpo dopo "Polvere", dello stesso anno. Nell’87 è la volta di "Si può dare di più". C’è questo e altro nel libro che è, in realtà, una biografia a muso duro, frizzante come Champagne, incendiaria come Molotov. Ci sono le tante storie reali dietro ad ogni singola canzone, i particolari inediti e privati, le passioni, gli amori, le donne, le mille avventure con i compagni di viaggio, i torti, le speranze, le rivendicazioni, i sogni: tutto nella "vie en rouge" sempre a tinte forti, mai banale, sempre autentica di un musicista italiano. "Il compito di un’artista - conclude Enrico - è anche, forse soprattutto, illuminare ciò che in genere resta al buio, cogliere i dettagli che rimangono sempre nella polvere, trascurati da tutti. I particolari apparentemente insignificanti sono la chiave di lettura della vita o di una parte del cammino". Non è la vittoria, ma la lotta il senso della vita: "Mondo di uomini, fatto di uomini, pronti a rincorrere il vento, partono deboli, tornano uomini". Grazie, Enrico! 15 marzo 2002 Enrico Ruggeri ed il ’sapore’ della sua musica Da bambino si addormentava solo con certe favole… Stanco di rincorrere mondi immaginari, popolati dagli eroi delle sue impegnative letture. search tag Musica commenta l’articolo firma il tuo commento il tuo commento copia le lettere le lettere vanno copiate tutte con carattere minuscolo Da bambino si addormentava solo con certe favole… Stanco di rincorrere mondi immaginari, popolati dagli eroi delle sue impegnative letture. Sin da piccolo, infatti, i genitori entrambi professori, gli raccontavano l’Iliade e la Divina Commedia. Insieme ad Ettore, Dante ed i suoi soldatini, la sola compagna di giochi era la fantasia. Da quegli intensi discorsi di bambino fatti tra sé e sé, quando ancora la Tv non aveva privato l’infanzia del piacere di parlare con se stessi, nasceva per il piccolo Enrico il gusto della parola. La musica sarebbe venuta più tardi ad accompagnarla. Figlio di un milanese ed una siciliana, racconta di aver avuto una mamma molto più attenta alla sostanza delle cose che non alla forma. Questo anche nel cibo. Dal momento, infatti, che Ruggeri era miope, lei si preoccupava di fargli mangiare miliardi di carote, convinta che gli facessero bene alla vista. >. Per lei i cibi confezionati, specie le merendine erano un vero e proprio tabù alimentare. In un’educazione culinaria così severa, le uniche concessioni gli venivano dalle zie, che dopo averlo portato al parco giochi gli facevano assaggiare quella tanto desiderata coca – cola che esiste da sempre. Sarà per questa ragione che poi ha trasgredito tanto anche in fatto di cibo? >. Enrico Ruggeri parla spesso del cibo nelle sue canzoni. Da quel singolo Indigestione, disco del 1979, ne ha fatta di strada. Quello che era iniziato come un gioco è diventato la sua vita. La musica. Oggi, nelle corde della sua chitarra, non vibra più quella rabbia degli esordi canori perché il tempo ha ammorbidito un po’ la sua voce che negli anni settanta, influenzata dal punk-rock, era più acuta e sfrontata. Ora è più profonda e pacata. E c’è anche il fatto che non nasconde più la sua timidezza dietro quegli occhiali prima neri e poi bianchi, un po’ da snob, un po’ sempre contro la ’corrente dell’ovvio’. Quando era andato a vivere da solo, il futuro era un’ipotesi mentre il cibo rappresentava un alibi musicale. Negli anni ottanta presentò a Sanremo un brano dal titolo ’Contessa’: la storia di una donna che trattava i suoi uomini-amanti come bignè. Per uno strano destino gastronomico era stata una casa discografica chiamata Spaghetti Records a produrre il suo album del debutto ’Decibel’ oggi introvabile. Ha scritto tanto anche per altri uomini e soprattutto donne: Mina, Bertè, Mannoia, Oxa, ancora molto prima che arrivasse la sua popolarità ed il grande successo a Sanremo con ’Si può dare di più’, condiviso con Tozzi e Morandi. >. La gola è perciò un peccato cui indulge volentieri è uno dei vizi capitali per il quale nutre maggiore simpatia. Non vive da re, come forse sperava in suo vecchio brano scritto negli anni settanta. >. Per lui in fondo è più importante essere una persona che un personaggio e fare musica divertendosi. Ed il cioccolatino sul tavolo non manca mai. tra una parola ed una nota, una dolce poetica concessione al palato che allevia la fatica. di Debora Serrau anno 2 - numero 26 - edizione 2005 - del 11/04/2005 stampa l’articolo