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 2008  aprile 17 Giovedì calendario

Veltroni tra le macerie del prodismo Posso sbagliarmi, ma penso che Walter Veltroni perderà le elezioni

Veltroni tra le macerie del prodismo Posso sbagliarmi, ma penso che Walter Veltroni perderà le elezioni. Non si sopravvive alla catastrofe combinata di un governo e di una alleanza politica, alla caduta rovinosa di Romano Prodi e alla scomparsa dell’Unione e dell’Ulivo. Questa però è una previsione facile e molto diffusa. Se vogliamo andare sul complicato, sull’azzardo, si può pensare che, sconfitto nella battaglia per il governo, il capo del Partito democratico vincerà quella per la guida dell’opposizione. Invece di essere buttato giù dal cavallo, Veltroni resterà in sella e, magari con l’aiuto del Cavaliere, farà la sua brava traversata nel deserto fino alla costruzione compiuta di quel soggetto politico nuovo della democrazia italiana che è nei suoi sogni. Quanti sono contrari al progetto del Partito democratico si dicono difensori della tradizione del socialismo europeo. Ma è un po’ tardi per farsi alfieri di una simbologia e di una forma politica sommersa dal naufragio della vecchia repubblica dei partiti. Dovevano pensarci prima. Che il socialismo europeo possa essere resuscitato dagli eredi del partito comunista e della sinistra democristiana è un’ipotesi che fa sorridere. Il fenomeno Berlusconi ha imposto un nuovo schema di gioco alla politica e alle istituzioni in Italia. Occorrono anche a sinistra idee e forme nuove capaci di contenere e di dare voce all’Italia che non si riconosce nella cultura, nella prassi e nella classe dirigente berlusconiana. La vera questione è fino a che punto Veltroni ha capito questa necessità, la crisi traumatica del governo Prodi e della legislatura ha portato a una campagna elettorale vecchia e stanca nei toni, e ha mascherato l’unica vera novità politica degli ultimi 15 anni: l’abbattimento del muro di separazione e di inimicizia fondamentalista, antropologica, fra destra e sinistra. Comunque vada, dopo il voto è di lì che Veltroni e Berlusconi devono ripartire. Un’opposizione misurata e intelligente, capace di costruire un’alternativa e non di perseguire di nuovo lo sfascio, è nell’interesse del vincitore e anche del vinto. Veltroni non ha rinunciato a battersi, ma è restato leale verso la sua idea di farla finita con la poltiglia neoqualunquista e demagogica del vecchio antiberlusconismo. In questi giorni finali gli argomenti si faranno di nuovo contundenti e assisteremo a qualche sparatoria di moda negli anni scorsi, ma chiunque sappia leggere tra le righe avrà capito che qualcosa è cambiato. Il progetto politico di Veltroni si salverà solo se ci sarà un’intesa generale per una vera modifica del sistema istituzionale e se il Partito democratico non tornerà a essere un’arena per la lotta tra capi e correnti in cui l’ultima parola spetta sempre a chi la spara più grossa contro il «nemico ideologico». Il Pd deve ridefinirsi intorno alla sua leadership indicando un altro modo di pensare e praticare la politica moderna e riformista che Veltroni dice di avere in mente. Se dovesse prevalere la solita ansia revanscista, ci troveremmo in pochi mesi di fronte a un nuovo fallimento strategico a sinistra. Guardare lontano, inventare un nuovo contenitore del blocco sociale progressista, ricreare le condizioni di una visione per un popolo che si sentirà battuto ed escluso dai dividendi sociali della politica: per Veltroni non sarà affatto facile evitare la ricaduta negli incubi del passato, ma è nel tremendo stridore di denti del dopoelezioni che si vedrà se ha il coraggio di cambiare il codice, il linguaggio di base, la cultura della sinistra. Se sarà finalmente un uomo capace di rottura, Veltroni costruirà qualcosa sulle macerie che il prodismo e la infinita lotta dei capi gli hanno lasciato. Altrimenti si spezzerà.