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 2008  aprile 12 Sabato calendario

NATALIA ASPESI

Le buche delle strade di Roma erano in campagna elettorale uno dei temi preferiti dalle televisioni, in chiave antiveltroni; le montagne di spazzatura di alcune zone napoletane, pur lì da decenni, erano state riscoperte all´improvviso sempre in funzione politica, e per renderle più spaventose, venivano teletrasmesse a pranzo e a cena. Chiunque viva in città come Milano sa che quella spessa e graziosa coltre di nebbioline rosa sfumate nell´azzurro che sigillano il cielo sono il risultato di inquinamento a livelli killer, come dicono i giornali. E l´inquinamento acustico, i gioiosi fracassi del traffico sempre più nervoso e del giovanile frastuono che spesso sino all´alba circonda bar e ritrovi, per non parlare dei concerti a un milione di decibel che tanto piacciono ai sindaci? E le puzze? Talvolta umane, nei metrò affollati, oppure derivate da veleni prodotti da tutto e depositati ovunque, o dagli ortaggi che marciscono tra le bancarelle dei mercati, o dalle cantine di certi ristoranti da cui escono miasmi da decomposizione. C´è un libro appropriato su questi disastri in cui ci siamo rassegnati a vivere e che paiono le inevitabili conseguenze del cosiddetto progresso: il suo titolo apocalittico in italiano potrebbe essere: "Horror! Sudiciume, baccano & tanfo".
Però, e meno male, non riguarda l´Italia e neppure il presente. Infatti Hubbub, Filth, Noise & Stench (di Emily Cockayne, Yale University Press), è un´appassionata, divertente e spaventosa ricerca storica sull´orrore, il sudiciume, il baccano e il tanfo nell´Inghilterra del ´600/´700. Quella che si conosce attraverso i raffinati e delicati ritratti di Wattau, Gainsborough e Reynolds, le lettere colte delle sorelle Lennox, almeno il Tom Jones di Fielding, e sin da bambini (forse non quelli di oggi, purtroppo) I viaggi di Gulliver di Swift (ambedue diventati film, il secondo tre volte). Se ci si imbatte nel Diario dell´anno della peste, scritto da Defoe nel 1722, si trova la rievocazione di quello spaventoso evento nella Londra del 1665, (quando l´autore era una bambino), e quindi la bruttura di una città infetta come sempre, ma in più disseminata di cadaveri. A illustrare Hubbub ci sono alcune incisioni di Hogarth, le più violente e disperate, della serie Quattro stadi della crudeltà o della Via del gin, in cui nelle strade della città i cavalli vengono bastonati, le pecore ammazzate, i bambini travolti dalle carrozze; oppure in cui, tra una moltitudine di straccioni, una donna ubriaca, mezza nuda e piena di piaghe, lascia cadere il neonato dalle scale, mentre un vecchiaccio strappa coi denti, a un cane, un osso già spolpato.
L´odierna Napoli dei sacchi di spazzatura sarebbe apparsa, ai londinesi del XVIII secolo, un luogo particolarmente ordinato: infatti la città stessa era una discarica all´aperto, malgrado le autorità emanassero continui decreti, quale quello che avrebbe dovuto impedire di gettare in strada: «cenere di carbone, valve di ostriche, ossa, corna, gusci o buccia di piselli e fagioli, in particolare cadaveri di cani e gatti, scarti di animali o altra materia putrefatta, escremento e sterco umano o di bestia, o qualunque forma di sudiciume, spazzatura, sozzura, che lordi e dia fastidio». Inoltre non si potevano abbandonare in strada calcinacci, legname, frammenti di intonaco, mattoni, né spargere la cenere usata per fare sapone, e neppure terriccio, paglia, fieno, erbacce, imbottiture, qualsiasi merce o alimento.
Gli abitanti di Londra (200.000 nel 1600, 750.000 a metà ´700), Manchester (29.000 alla fine del ´700), Oxford (11.000 nel 1770), Bath (8000 nel 1750) erano disubbidienti, non rispettavano i tentativi di legge per rendere più ordinata e meno infetta la città, però si lamentavano: ricorrevano al giudice contro il vicino che svuotava il vaso da notte dalla finestra in strada (la legge permetteva di farlo ma dalla porta di casa), e sopravvivono centinaia di diari (certi celebri, come quelli di Samuel Pepys o della duchessa di Newcastle), inondati di rimostranze contro il degrado invivibile della città. Proprio come si fa oggi. Certo allora era apparentemente peggio, un´apocalisse: le strade erano massimamente sconnesse perché spettava a ogni padrone di casa di pavimentare il tratto antistante e ognuno usava il materiale che voleva e lo sistemava come voleva; gli animali da cortile giravano indisturbati nelle vie, coperte da una fangosa coltre di fango ma anche escrementi animali ed umani. Il rumore era assordante di giorno e di notte: carri e carrozze cigolanti, grida di venditori, urla di ubriachi, un traffico definito allora "tumultuoso". Era insopportabile il baccano degli artigiani che lavoravano in casa, fabbricanti di sapone, di candele, di polvere da sparo, fabbri, falegnami, calderai, macellai che scannavano in strade le bestie ululanti, lasciando scorrere il sangue tra i piedi dei passanti.
Tale il fracasso che in tribunale era impossibile sentire i testimoni. Anche Pepys annota le sue notti insonni a causa dell´abbaiare dei cani litigiosi; rumorosissimi i maiali, migliaia, liberi di circolare e lordare ovunque, malgrado le multe salate ai loro padroni. Ben Jonson, nella sua commedia La silenziosa racconta di un uomo che odia ogni rumore e sposa una donna che si è finta muta. Pare che le donne allora fossero particolarmente portate a vociare e litigare: quindi una disposizione comunale stabilì che per non turbare il sonno dei cittadini, le mogli, più rumorose in questa circostanza, non potevano essere picchiate dopo le nove di sera. Ovviamente puzza, fango, schiamazzi, disordine, putrefazione, riguardavano soprattutto i poveri, ma anche i ricchi non erano del tutto protetti da questi orrori. Le strade anche se percorse in lussuose carrozze erano pur sempre pavimentate male e coperte di liquami, in più la servitù nelle belle dimore disegnate da architetti famosi venivano da quelle strade, portatori di malattie, infezioni, sporcizia; i libri di galateo consigliavano ai padroni di impedire ai camerieri di grattarsi la testa e le pustole dislocate ovunque almeno durante i ricevimenti di gala, mentre servivano preziose cibarie, non sempre freschissime.
I poveri insomma davano fastidio, e se con massimo sarcasmo Swift aveva scritto la crudelissima Modesta proposta in cui consigliava di dare ai ricchi come cibo conveniente i bambini miserevoli, il celebre medico Richard Mead suggeriva, per evitare contagi e pestilenze, di rimuovere gli indigenti dai loro tuguri e deportarli in luoghi irraggiungibili. Nel 1775 Johyn Clayton, cappellano a Manchester, scriveva un poco amichevole pamphlet intitolato Consigli amichevoli ai poveri: il consiglio era, smettetela di esserlo, anche se certo nella povertà loro si trovavano benissimo, «non avendo alcun senso di decenza». Sullo Spectator un lettore infuriato giudicava «scandalosa la visione dei poveri in una città così ricca. privandomi del piacere che potrei ricavare osservando la maestosità della nostra metropoli». Ridicole assurdità del passato? Mica tanto, visto che dopo 233 anni, almeno in Italia i rom vengono sgombrati dai loro campi e i sindaci proibiscono l´antiestetico accattonaggio, in un clima di ripulsa e disprezzo verso i nuovi desiderati, gli immigrati.
Un´offesa a tutti i cinque sensi era anche spesso il solo fatto di stare in mezzo agli altri, in tempi in cui il sapone, fatto con grasso rancido, era considerato un lusso e quindi tassato, l´acqua era scarsa e spesso inquinata, non c´era l´abitudine a lavare il corpo, causando puzze umane spesso insostenibili per gli stessi puzzoni. A causa della mancanza di igiene e delle malattie mal curate, comprese quelle veneree molto diffuse, quasi nessuno aveva una carnagione che non fosse screpolata, arrossata, rugosa, piena di pustole e piaghe, mentre sotto le parrucche e gli abiti di seta, anche i benestanti brulicavano di parassiti. Usando profumo e unguenti per nascondere i loro odori mefitici, riuscivano solo a intensificarli. Nel resoconto di un ballo dell´alta società di Bath, Matt Bramble annota: «Immaginate una forte nuvola di vari odori mischiati, provenienti da gengive putride polmoni intasati, flautulenze inacidite, ascelle sollevate, piedi sudati, piaghe purulente, cataplasmi, ammoniaca, muschio, sale volatile, oltre a un migliaio di altri ruscelli maleodoranti che non sono riuscito ad analizzare».
Questo in Inghilterra a metà ´700. Ma poi: «Odore di chiuso, di sudore, pipì, cacca, sperma, capelli sporchi, alito fetido, denti guasti, scarpe marce, vestiti luridi, cibo avariato, sigarette e alcol. L´odore dell´umanità. E nonostante Tomasz sia più immune della media a quegli effluvi, ha boccheggiato e non ha potuto fare a meno di coprirsi il naso e la bocca con una mano». Tomatz è un polacco non più giovane emigrato per guadagnarsi da vivere, nel romanzo Strawberry Fields della scrittrice inglese di origine ucraina Marina Lewycka, appena pubblicato da Mondadori.
Luogo: campagna inglese. Epoca: oggi, 2008.