Riccardo Staglianò, la Repubblica 11/4/2008, pagina 44., 11 aprile 2008
Il giro del mondo in sei clic. la Repubblica, venerdì 11 aprile 2008 Se non ce l´ha il tuo amico, magari il suo
Il giro del mondo in sei clic. la Repubblica, venerdì 11 aprile 2008 Se non ce l´ha il tuo amico, magari il suo. Oppure un conoscente di questa seconda persona, o una frequentazione della terza. Insomma, a forza di chiedere, dovrebbero saltar fuori anche i numeri di telefono di Angelina Jolie o Brad Pitt. Per il poco che ci si può fare. E´ la celebre teoria dei sei gradi di separazione, per cui ogni persona nel mondo può «arrivare» a qualsiasi altra attraverso una media di sei intermediari. Ed ha appena trovato una conferma in un ponderoso studio sui flussi di messaggi scambiati via internet. Worldwide Buzz: Planetary-Scale Views on an Instant-Messaging Network è il titolo della ricerca effettuata da Eric Horvitz, scienziato di Microsoft Research, e dal suo allora assistente Jure Leskovec. I due, avendo accesso ai server del programma di messaggistica istantanea del colosso di Redmond, ne hanno raccolto e analizzato l´andamento durante tutto giugno 2006. E hanno scoperto, tra le altre cose, che la distanza tra due utenti pescati a caso è di 6,6 contatti. Ovvero che attraverso quel piccolo numero di partner di chat ognuno, pur senza saperlo, è legato a un altro. Ciò che rende questo esperimento più attendibile di quelli compiuti sin qui sono le dimensioni. Spiegano i ricercatori nella pubblicazione che sarà presentata ufficialmente durante l´International World Wide Web Conference di Pechino a fine aprile: «Abbiamo raccolto 4,5 terabytes di dati (ovvero 4500 giga, tanto quanto una ventina di dischi fissi di normali pc, ndr), composti da 1 miliardo di conversazioni al giorno per un mese intero». Al di là delle tecnicalità, che pure danno il senso muscolare dell´ampiezza della ricerca, si tratta delle trascrizioni delle intestazioni (non del contenuto del messaggio, giurano) di 30 miliardi di chiacchierate elettroniche tra 240 milioni di persone sparse per il pianeta. Si conosce quindi il nickname di chi ha iniziato la conversazione, dove si trovava, con chi parlava e per quanto lo faceva. Dall´identificativo elettronico alla vera identità si è arrivati verosimilmente consultando le banche dati di Microsoft Messenger che richiedono una registrazione iniziale in cui si deve fornire un proprio profilo. Ed è così che i due ricercatori hanno riscontrato quella che definiscono una forte «omofilia» (nell´accezione biologica, non sessuale) nel comportamento tra utenti, ovvero - ma sorprende la sorpresa - «che la gente ha più conversazioni e conversa più a lungo con persone simili a loro. Prima di tutto quanto a lingua usata, poi per collocazione geografica e quindi per età». Ovviamente il Messenger «non è un paese per vecchi». La fetta anagrafica di gran lunga più cospicua tra i suoi utilizzatori (e lo stesso è con ogni probabilità vero anche per la concorrenza di Yahoo, Google e gli altri) è quella tra 15 e 19 anni, poi 20-24, quindi 25-29. Oltre quella soglia si ristabilisce una proporzione con l´andamento della popolazione mondiale. L´unico aspetto per cui non vale l´omofilia è proprio quello di genere: si tende a conversare di più, e più a lungo, con interlocutori del sesso opposto. Ognuna delle persone prese in esame ha in media una buddy list, una lista di contatti, di una cinquantina di nominativi. Ed è proprio analizzando la proprietà transitiva delle relazioni, «l´amico della mia amica» è anche amico mio, parafrasando il titolo di un vecchio film di Eric Rohmer, che si è arrivati alla conferma della regola dei sei (6,6 ad esser precisi) gradi di separazione. La teoria ha una genesi complicata e, per l´attribuzione della sua paternità, si fanno i nomi più diversi compreso quello di Guglielmo Marconi. L´esperimento probante avvenne nel 1967 ad Harvard. Lo psicologo sociale Stanley Milgram distribuì 300 lettere a circa 300 persone prese a caso tra Boston e Omaha con l´istruzione che le buste avrebbero dovuto raggiungere un unico bersaglio, un agente di Borsa di Boston. La condizione era che dovevano essere spedite a un amico personale di chi le riceveva, che poi poteva farle girare a sua volta seguendo lo stesso criterio. Alla fine, non senza meraviglia, oltre 60 lettere raggiunsero il destinatario prefissato. Cambiando mano, nella maggior parte dei casi, solo sei volte. Il problema di un piccolo mondo era il titolo dell´articolo che lo illustrava, pubblicato in un primo momento nella popolare Psychology Today e in seguito nell´accademica Sociometry. Nel 2001, poi, il sociologo della Columbia University Duncan Watts provò a replicarlo su internet. Da recapitare questa volta era un´e-mail, a partire da 48 mila mittenti per arrivare a 19 bersagli. Raggiunti anche in questo caso con una media di sei passaggi. Oggi l´ulteriore bis dei due ricercatori. «Sembra quasi che sia uno standard aureo per la comunicazione sociale. Ma è solo una congettura, bisogna ancora lavorarci sopra» ammette Horvitz. La più cocente smentita arriva dalla Cia. I sei gradi di separazione sembrano funzionare per tutti meno che per Osama Bin Laden. Riccardo Staglianò