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 2008  aprile 08 Martedì calendario

Lady Diana, colpevoli l’autista e i paparazzi. Corriere della Sera 8 aprile 2008 La principessa Diana è stata uccisa

Lady Diana, colpevoli l’autista e i paparazzi. Corriere della Sera 8 aprile 2008 La principessa Diana è stata uccisa. Ma non da un complotto. stata vittima della guida folle dell’autista della Mercedes di Dodi Al Fayed e dell’inseguimento scellerato condotto dalla muta di paparazzi francesi, quella notte del 31 agosto 1997. Il verdetto degli 11 giurati dell’inchiesta (la terza dopo quella della polizia parigina e un’altra britannica) dice «unlawful killing», omicidio colposo. Responsabili l’autista Henri Paul, che aveva bevuto troppo e correva troppo; i fotografi che li pressavano a bordo di auto e moto scaricando i loro flash sulla coppia in fuga dall’Hotel Ritz. E il caso: se i due amanti avessero indossato le cinture di sicurezza se la sarebbero cavata, come la guardia del corpo Trevor Rees, l’unico dei quattro a bordo che l’aveva agganciata. E sarebbero ancora vivi se la vettura non avesse sbattuto contro il tredicesimo pilone del tunnel dell’Alma con quell’angolo preciso: sarebbero bastati due centimetri di differenza nell’impatto per cambiare la storia. Questo hanno detto i giurati, che nei sei mesi di udienze hanno ascoltato all’Alta Corte di Londra 256 testimonianze. Testimonianze gravi: anzitutto quella del vecchio Mohammed Al Fayed, il miliardario egiziano proprietario di Harrods, convinto che dietro la tragedia ci fosse la mano dei servizi segreti, ispirati dalla Famiglia Reale che non poteva sopportare che la ex moglie dell’erede al trono potesse diventare la madre di un bimbo musulmano. Repliche sdegnate. E dichiarazioni assolutamente inutili, come quella di Beatrice Broccoli, la produttrice dei film di James Bond chiamata dagli avvocati di Al Fayed a confermare che prima di quella notte Dodi l’aveva chiamata per fissare una visita al set dove si girava uno 007. Il tutto a un costo di circa 10 milioni di sterline (13 milioni di euro), per stabilire che si è trattato di un incidente per ubriachezza mista a eccesso di velocità. Il coroner, Lord Justice Scott Baker, uno dei tanti magistrati che si sono alternati in questo dramma-farsa, prima della camera di consiglio aveva istruito i giurati popolari: «Non c’è stata cospirazione, non c’è un’ombra di prova nei confronti del Duca di Edimburgo o del Principe di Galles». Oltre all’incidente, l’unica alternativa era il «verdetto aperto». Che sarebbe stato disastroso per la Royal Family e le istituzioni. Al Fayed è uscito dal tribunale senza parlare. Troppo infuriato, amareggiato e ora a rischio di imputazioni per diffamazione. Ha fatto leggere un comunicato ai suoi legali: « stata una lunga battaglia per la verità sostenuta da milioni di persone (un terzo dei britannici hanno il dubbio del complotto, ndr). E guardate il verdetto: hanno stabilito che c’erano altre auto quella notte e che non sono state identificate (una misteriosa Uno bianca, ndr). E soprattutto è stato provato che la relazione tra Diana e Dodi era seria. E Filippo e la Regina sapevano cose che avrebbero dovuto dire in tribunale». Lord Stevens, l’ex capo di Scotland Yard che era già arrivato alla stessa conclusione sull’incidente dopo un’altra lunga inchiesta due anni fa, uscendo dalle Royal Courts ieri pomeriggio sembrava un vescovo durante un’omelia di riappacificazione. «Speriamo che dopo il più straordinario processo della nostra storia le teorie del complotto siano state seppellite. Speriamo che dopo tante dolorose accuse le famiglie possano piangere in privato i loro cari. E speriamo che i morti possano finalmente riposare in pace ». In serata i figli di Diana, i principi William e Harry, ringraziano i giurati e fanno sapere di essere d’accordo con la sentenza. Le teorie del complotto, di sicuro, non si spegneranno. Nicholas Davies, rispettabile storico britannico, ha detto al Corriere che «l’ordine di eliminare Diana non venne dalla Royal Family. Erano i servizi segreti, forse quelli americani, a voler fermare la principessa perché stava per lanciarsi in una campagna a favore dei profughi palestinesi, dopo essersi battuta contro le mine anti-uomo». E le cinture di sicurezza? «Non le agganciarono perché erano state sabotate». Parla di complotto anche Hugo Rifkind, editorialista del Times e figlio del vecchio ministro degli Esteri conservatore Sir Malcolm. «Ma se c’erano forze oscure, se c’è stata cospirazione, comincio a pensare che fosse diretta a distruggere con quest’inchiesta quel che resta della Vecchia Gran Bretagna». Guido Santevecchi