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 2008  aprile 08 Martedì calendario

In Italia record europeo: cinque scioperi al giorno. Il Giornale 8 aprile 2008 «La jacuzzi? Uno dovrà pur lavarsi, no?»

In Italia record europeo: cinque scioperi al giorno. Il Giornale 8 aprile 2008 «La jacuzzi? Uno dovrà pur lavarsi, no?». L’allora leader della Cisl Sergio D’Antoni finì dentro Affittopoli per quel suo modesto appartamentino di 219 mq ai Parioli, con due vasche idromassaggio, per 1 milione e poco più di lire al mese. Era il 1995, ma da allora non è cambiato niente. I sindacati si sono trasformati in gigantesche società di servizi alimentate da un sistema di autofinanziamento infallibile, al cospetto del quale impallidiscono anche i partiti. Per garantirsi i loro privilegi, i sindacalisti hanno colonizzato ogni settore e ogni categoria, succhiando oboli da tutti. Basta guardare a quanti contratti collettivi esistono in Italia: 800, secondo un’autorevole voce, quella di Guglielmo Epifani segretario della Cgil. C’è un contratto nazionale per i tagliatori di sughero e uno per le imprese che producono ombrelloni, uno per i lavoratori di penne differente da quello per i lavoratori di matite, uno per i fantini di cavalli da corsa e un altro per i cavalli da trotto. A chi servono? Ai lavoratori poco, ai sindacalisti molto. Perché mentre il potere d’acquisto dei salari cala, i poteri del sindacato non vengono minimamente scalfiti dall’insuccesso. Basta guardare il settore pubblico, il più sindacalizzato di tutti con percentuali bulgare di adesione tra i lavoratori. L’opera dei sindacati sembra finalizzata ad un solo scopo: far lavorare meno e con più privilegi i propri iscritti. I ferrovieri italiani, per esempio, scioperano in media due volte al mese, quelli svizzeri mai. I nostri ferrovieri godono di un contratto che li premia quando mettono piede su un treno (vedi scheda sotto), quando ritardano un po’ meno del solito, o quando sono impiegati su convogli con cuccette (chissà perché). Ma lo stipendio di un ferroviere svizzero è due volte più alto di quello italiano, segno evidente che i sindacati elvetici hanno fatto meglio il loro lavoro rispetto agli omologhi italiani. In compenso, i nostri non li batte nessuno quando si tratta di far incrociare le braccia. stato calcolato che in un anno e mezzo in Italia (tra il 2005 e il 2006) sono stati proclamati 2.621 scioperi, cioè 4,8 al giorno, 27 volte più che in Germania, record in Europa. Il danno economico prodotto è enorme ma difficilmente quantificabile, ma basti pensare che un giorno di sciopero dei trasporti a Milano, nel 2007, è costato 254 milioni di euro di mancati guadagni. I sindacati godono oltretutto di una «immunità» che li dispensa dall’obbligo di rendere pubblici i loro bilanci. Non si sa nemmeno con certezza quanti iscritti abbiano. Cambiano idea i loro stessi leader. Quando contrattano col governo dicono di rappresentare 11 milioni e 731mila lavoratori. Ma quando devono versare i contributi alla Confédération Européenne des Syndicats gli iscritti diventano magicamente 7milioni e mezzo. Paolo Bracalini Bonus ai ferrovieri che salgono sul treno Ai sindacalisti non si può certo rimproverare la mancanza di fantasia. Quando c’è da inventare qualche escamotage per ottenere privilegi sono dei fenomeni. Prendete Trenitalia: il 76% dei dipendenti ha la tessera sindacale in tasca, un record. E i sindacati ripagano i loro adepti strappando alle aziende contratti davvero creativi (ma deleteri per i bilanci). Fino a poco tempo fa, per esempio, i macchinisti avevano diritto a un premio per ogni curva e salita affrontate dal treno. Si capisce, un vero stress non andare sempre dritti e in pianura. Ora questo bizzarro privilegio non c’è più, ma è sostituito da altri non meno surreali. Il manovratore che sposta locomotive diesel da più di 200 cavalli ha diritto a una mancia di 83 centesimi l’ora. Un premio anche al controllore che riesce a farsi pagare il biglietto da chi non lo ha fatto e uno per i minuti di ritardo recuperati (non per chi arriva in orario). C’è poi l’incredibile bonus che scatta quando i ferrovieri salgono sul treno. Che sarebbe come premiare un addetto dei call center ogni volta che risponde al telefono. Per mille metri quadrati solo 4mila euro l’anno Il caro-affitti, per i sindacati, non è un problema. Maghi della contrattazione, sono riusciti a ottenere trattamenti incredibili per occupare immobili in ottime zone. Affitti ridicoli, ancora più spesso gratis. A Milano la Cgil sta in una palazzina di due piani con terrazzo, 1.088 metri quadrati, in via Giambellino. Il canone annuo? 3mila 800 euro. Un affarone. Ma è già tanto che paghino qualcosa. Il segreto sta in una legge del 1977 che ha regalato ai sindacati tutto il patrimonio immobiliare delle disciolte corporazioni fasciste. Naturalmente senza nessuna tassa per il passaggio di proprietà, e tantomeno l’obbligo dell’Ici. I tre maggiori sindacati si sono così trovati ereditieri in linea diretta di un patrimonio impressionante, di cui nessuno è mai riuscito a calcolare il valore preciso, vista la reticenza del sindacato. Solo la Uil ha messo in bilancio una cifra: 35milioni e 75mila euro di immobili. E pensare che dei tre è il sindacato più povero. Chissà quanto varranno le tremila sedi della Cgil e le cinquemila della Cisl. Premi per le «missioni» di oltre 25 chilometri Per i comuni mortali un viaggetto da Milano a Como si chiama «scampagnata». Per i sindacalisti no, è una «missione», come se volassero a Kabul o in Tibet. Miracolo del Falbi-Consal, potentissimo sindacato dei dipendenti della Banca d’Italia. L’articolo 116 del loro contratto (che prevede un surreale «bonus di presenza» per gli impiegati, in pratica un premio per chi non è assente) riguarda funzionari e dirigenti di Bankitalia ed è un capolavoro sindacalese. Stabilisce che la «missione» scatta dopo soli 25 km oltre il proprio comune di residenza. A quel punto, sempre per contratto, il funzionario può decidere se fermarsi in albergo o continuare nella «missione». Che può diventare molto redditizia, poiché dal 25° km scatta anche la diaria pari a 355 euro se la missione si svolge in una città italiana con oltre 200mila abitanti. Il premio però raddoppia quando si superano i 300 chilometri e triplica dopo tre ore di volo. Poi, per incassare il rimborso non è indispensabile passare la notte fuori casa, anche una trasferta in giornata va bene lo stesso. Quando il segretario è l’unico iscritto Inventarsi un sindacato è facilissimo, difficile semmai è trovare una sigla che non esista già nella giungla di associazioni operanti in ogni settore professionale. Solo alla lettera «C» dell’elenco dei sindacati attivi nell’area medico-veterinaria se ne trovano 49 che sembrano presi da un manuale di assiro-babilonese. C’è il Cumi-Anfup e il Cosmed-Aaroi, il Cildi-Snaos e il Cism-Snami, il Confedir-Sinas e il Cism-Simpo, il Cildi-Fildi e il Civemp-Sivemp, il Cimepas e il Conill, il Confedir e il Conmfedersal, il Cida e il Casil. I sindacati proliferano come funghi perché chiunque può fondarne uno anche senza altri iscritti se non se stesso. Colpa di una lacuna legislativa che i sindacati non hanno mai voluto colmare. Perciò, nella selva di sigle oltre le tre principali, è difficile capire chi rappresenti cosa. Tra i sindacati delle agenzie fiscali c’è Verosil che difende gli interessi di ben 11 lavoratori, l’Asgb che ha dietro di sé addirittura 5 iscritti, l’Usippi ne conta 4. Il record è del Sia, che come iscritti ha solo il segretario, il quale convoca scioperi a cui aderisce solo lui. Per il sindacalista la pensione è baby «Il sindacalista? Un mestiere fondato sugli appuntamenti» ha detto Alberto Asor Rosa. Eppure chi lo fa sembra logorato dal lavoro. D’altronde, poveretti, c’è chi ha cominciato nel sindacato già a 14 anni, come giura di aver fatto l’ex segretario aggiunto Cgil Ottaviano del Turco. In buona compagnia, per la verità. Perchè quando nel 1974 passò la cosiddetta legge Mosca, che riconosceva i contributi pensionistici a chi avesse prestato la propria opera in nero nel dopoguerra, di sindacalisti in tenera età ne spuntarono come funghi. All’Inps arrivarono 19mila e 500 domande, poi altre 6mila. Il governo rispose prorogando la scadenza di legge, e bastò per farne piovere sull’Istituto di previdenza altre 15mila domande. Alla fine si scoprì che c’erano 40mila e 500 ex sindacalisti da mettere in regola. Tra di loro, manco a dirlo, tutti i pezzi da novanta del sindacato. Oltre a Del Turco, gli ex Cisl Franco Marini, Sergio D’Antoni e Bruno Trentin, Fausto Bertinotti (ex Cgil) e Pietro Larizza (Uil). Corsi di formazione Tutti al grand hotel Le tessere d’iscrizione non bastano a placare la fame di fondi e sovvenzioni che affligge i sindacati. Per questo ci sono i corsi di formazione finanziati dall’Unione europea, su cui la Triplice si è buttata a capofitto, attraverso enti creati per la bisogna. L’Ires (Cgil) per esempio ha ottenuto nel 2001 la bellezza di 618 milioni di lire per un imperdibile progetto formativo: «Esperto nella gestione delle dinamiche d’aula a San Paolo nel Brasile». Altri enti di formazione, sempre emanati dai sindacati, sfornano corsi di formazione altrettanto interessanti. Lo Ial Cisl o l’Enfap della Uil hanno dato vita al «Progetto per la creazione di una banca dati sulle opportunità di occupazione in Australia» e a un succulento convegno sui «Nuovi orizzonti professionali nell’area del libero scambio euromediterraneo». Nel 2001 poi la Cisl ha invitato 120 suoi dirigenti ad un convegno formativo. Dove? Un posto così, dietro l’angolo: Nizza. Aereo, parenti ospiti, albergo 4 stelle. Il conto? Spedirlo a Bruxelles. Prelievi automatici incancellabili Una legge per ridurre i privilegi dei sindacalisti? Facile a dirsi. Ma ogni volta che qualche temerario ci ha provato è finita malissimo. Il primo è stato Marco Pannella, promotore di un referendum nel 1995 per abolire il prelievo automatico dell’1% sulla busta paga dei lavoratori iscritti al sindacato. Gli italiani approvarono, «vogliono ridurci alla colletta» sibilò Sergio Cofferati. Ma fatta la legge, trovato l’inghippo. Il sindacato ha semplicemente aggirato la nuova regola inserendo la trattenuta nei contratti collettivi. Risultato: tutto come prima. Nel 1998 un deputato di Forza Italia convince 160 colleghi a firmare una proposta di legge per rendere pubblici i bilanci dei sindacati. Ma la maggioranza di centrosinistra boccia il testo: palla al centro. Ultimo dei mohicani, Aldo Perrotta, ex sindacalista nelle file di Forza Italia, che nel 2001 ripropone un testo simile a quello di tre anni prima. Se ne discute per venti audizioni in Commissione. Finché la legislatura non finisce. Tutti a casa. Con grande sollievo del sindacati. Il giorno di riposo per il pilota ha 33 ore Con l’Alitalia i sindacalisti sono riusciti nell’impossibile: dilatare il tempo. Un giorno di riposo per un pilota dura 33 ore o, a scelta, due notti. Tutto vero, è scritto nel contratto. Miracoli della contrattazione sindacale. Del resto l’87% dei piloti è iscritto al sindacato, adesione da Patto di Varsavia, perciò c’è poco da stupirsi. Privilegi che non sono tuttavia compensati da grandi fatiche. I piloti lavorano 556 ore all’anno, cioè 93 minuti al giorno, hostess e steward 5 minuti in più, grazie all’opera dei sindacati, che in Alitalia comandano. Sono loro che hanno deciso che piloti e hostess debbano mangiare ogni sei ore, «per evitare decrementi nelle prestazioni». Sono loro ad aver inventato il «premio di puntualità», la «Banca dei riposi individuali», la commissione per la scelta degli alberghi del personale di volo, chissà perché più cari del 45% rispetto alle altre compagnie. O anche la franchigia di 24 ore al mese per le donne (che dovrebbe coincidere con le mestruazioni). Peccato che la chiedano tutte tra il 31 dicembre e il primo gennaio.