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 2008  aprile 04 Venerdì calendario

Romiti: Alitalia non va venduta. Corriere della Sera 4 aprile 2008 E’ una foto in bianco e nero, che ritrae tutto il gruppo dirigente dell’Alitalia

Romiti: Alitalia non va venduta. Corriere della Sera 4 aprile 2008 E’ una foto in bianco e nero, che ritrae tutto il gruppo dirigente dell’Alitalia. Poteva essere il 1970, a giudicare dagli occhiali che indossava l’amministratore delegato dell’epoca, Cesare Romiti. Al quale quella fotografia evoca un pensiero: «Guardandola mi è venuto in mente che quello dell’Alitalia è un problema di manager. Nessuna grande azienda può andare avanti se non ha un gruppo dirigente selezionato e indipendente». Come il vostro. Ho indovinato? «All’epoca il presidente era Bruno Velani, il padre dell’aviazione civile. Il conte Nicolò Carandini era presidente onorario dell’Alitalia, il sottoscritto era amministratore delegato e direttore generale era Donato Saracino. Dopo che siamo andati via noi, salvo poche eccezioni, a ogni nome non si può che associare il nome di un uomo politico».  successo in tutte le aziende pubbliche. «Ma all’Alitalia non si è più creato il gruppo. Uno dei più grandi banchieri italiani ha detto che l’Alitalia si è fatta soggiogare dalla politica. Recentemente l’ho incontrato e gli ho detto: non è così, è stata anche depauperata dalla politica». E il sindacato non ha nessuna responsabilità? «Le responsabilità sono comuni. Tanto la politica quanto il sindacato hanno creato nell’Alitalia una loro dipendenza per fare ciò che volevano. Non solo ai livelli alti ma anche a quelli bassi». Per questo prima sono scappati gli olandesi e adesso fuggono anche i francesi? «Il presidente di Air France Jean-Cyril Spinetta ha detto che nel 1998 il rapporto fra il fatturato della compagnia italiana e quello della compagnia francese era di cinque a otto. E che adesso invece è di quattro a sedici». Una ragione in più per chiudere in fretta la partita. Non crede? «Invece di cercare a tutti i costi un compratore, per giunta con una tecnica balorda, bisogna cercare un gruppo dirigente capace e che dia fiducia agli azionisti e ai potenziali investitori. Mi vengono in mente almeno tre precedenti. Il primo è quello dell’Agip, che nel 1946 era in liquidazione: Enrico Mattei la fece risorgere » Mattei era stato un capo partigiano. Non fu una scelta politica? «Proprio perché aveva fatto il partigiano Mattei era la persona giusta. Non aveva paura di prendersi delle responsabilità. Il secondo caso è quello della crisi di Banco Ambrosiano. Beniamino Andreatta puntò su Giovanni Bazoli...» Pure Andreatta era un politico. «Il risultato è che Bazoli partendo dall’Ambrosiano ha costruito Banca Intesa, una delle più grandi banche d’Europa. Il coraggio di Andreatta non ce l’ha più nessuno. Il terzo caso mi coinvolge personalmente. Negli anni Settanta la Fiat era tormentata dagli scioperi, eravamo nel mirino delle Br. A un certo punto decisi che bisognava rompere il muro e il risultato fu la marcia dei Quarantamila». Non si fece amici nel sindacato. «Lo sapevo fin dall’inizio. Ci vedevamo di nascosto con Luciano Lama, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto e tutte le volte gli dicevo che non avrei fatto un passo indietro. Il giorno della marcia eravamo insieme in una saletta dell’Hotel Eden, a Roma, e Carniti mi affrontò avvertendomi che il giorno dopo lui ne avrebbe portati in piazza 200 mila. La sera stessa, dal ministro del lavoro Franco Foschi, Lama mi venne incontro ammettendo la sconfitta: un signore. E firmammo l’accordo». Escluso che le manifestazioni di ieri all’Alitalia possano avere lo stesso effetto di quella marcia, se avesse la bacchetta magica che cosa farebbe? «Una cosa molto semplice: azzererei il consiglio di amministrazione, nominerei un amministratore unico, anche straniero, intorno al quale ricostruire un gruppo dirigente e una strategia». Insomma, per Romiti il problema dell’Alitalia è soltanto un problema di uomini. «Proprio così. Manca il gruppo dirigente, da troppo tempo». Da quanto non ne azzeccano una? «Scorra i nomi degli ultimi vent’anni». Non salva proprio nessuno? «Pochissimi. Anche il passaggio dell’ex amministratore delle Ferrovie, nominato all’Alitalia e poi mandato via con una buonuscita favolosa, è stato un pasticcio. Per non parlare di quando alla presidenza della compagnia c’era l’attuale presidente della Sea». Colpa del governo, dell’Iri, o di chi altro? «L’Iri, ha detto. Quella è stata una grande scuola di management. Ai miei tempi c’erano il presidente Giuseppe Petrilli, persona di altissima qualità, e poi Leopoldo Medugno, Fausto Calabria.» E l’Alitalia come andava? «Bene. In giro per il mondo venivamo ricevuti come capi di Stato». Ora invece se la danno a gambe levate come sentono «Alit...» «La situazione è disperata». Chi potrebbe farcela? «Non mi faccia fare nomi». Enrico Bondi? «Eccone uno. Se non fosse andato lui alla Parmalat, e al suo posto avessero messo uno di quelli che è passato all’Alitalia, crede che si sarebbe salvata? Bondi non guarda in faccia a nessuno. Le banche lo odiano. Ci vuole uno così». Forse è più facile vendere e basta. Ammesso che ci si riesca. «Per me non è la soluzione. Tutto si può vendere. La Fiat non poteva essere venduta? Anche il Corriere della Sera si può vendere. Ma poi che Paese rimane?» Il manager Cesare Romiti: in Alitalia manca il gruppo dirigente da 20 anni Sergio Rizzo