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 2008  aprile 08 Martedì calendario

RUGGERI Piero

RUGGERI Piero Torino 27 aprile 1930, Avigliana (Torino) 15 maggio 2009. Pittore • «[…] una sorta di grande opera unitaria, scandita solo dalla frammentazione obbligata dei bordi limitati delle tele. Quello che si percepisce, al di là di una inconfondibile coerenza di linguaggio basata su una specifica interpretazione metaforica della materia pittorica che si carica di energia vitale attraverso l’azione segnica gestuale, è la continua tensione espressiva allo stesso tempo esistenziale e mentale che mira a registrare il senso profondo del rapporto fra l’io è il mondo, fra dimensione soggettiva e oggettiva della realtà. E questo senso viene così chiarito dal pittore: “Ritengo che i miei lavori, di fondo, siano la rappresentazione di una coscienza moderna che lotta per emergere dalle incertezze del suo stato e vuole agire in modo significativo. La fiducia nella volontà dell’uomo di resistere e di prevalere è il fondamentale soggetto di tutta la mia opera pur riconoscendo oggi una lunga vicenda di oscillazioni nel livello di consapevolezza e nel riversamento di questa coscienza in una forma definita e controllata, organizzata e non solamente intuitiva, come avveniva nella prima e più intricata fase del mio lavoro”. La prima fase del suo lavoro è segnata profondamente dalla cultura umanistica esistenziale degli Anni 50 ed è influenzata all’inizio da artisti come Spazzapan, Moreni, Fautrier, De Stael, De Kooning, Kline, Guston e Bacon, ma la dimensione informale della sua pittura si caratterizza ben presto in termini molto personali. Ruggeri si afferma definitivamente con lo straordinario ciclo di dipinti del 1957/64 , nature morte e soprattutto figure in interni o nel paesaggio, che hanno ben poco di figurativo, dove da bui fondali di nera materia pulsante emergono lampi di luce bianca e drammatiche tracce rosse, anche con riferimenti dichiarati ma del tutto reinventati a grandi del passato come Rembrandt e Caravaggio. [...] Per tutti gli anni ’60 (a parte la parentesi delle raffinate tele dilavate presentate alla Biennale del 1962) dominano le tele dove prevale la dialettica fra nero e rosso, fra sfondo e figure, tra cui emergono in particolare gli assurdi e aggressivi Napoleoni. Agli inizi degli Anni 70 si registra una svolta importante, che coincide con il definitivo trasferimento dell’artista nella casa di campagna a Battagliotti. I personaggi scompaiono o si ritraggono nel retroscena dei dipinti, e la dimensione del paesaggio (come struttura compositiva all over , che si allarga su tutta la superficie senza punti privilegiati di attenzione) diventa il tema privilegiato. [...] serie dei Roveti, intricate tramature materiche di segni, spatolate e graffiti con accese vibrazioni cromatiche rossastre o con valenze naturalistiche. A proposito di queste tele Roberto Tassi ha parlato di labirintici grovigli psichici esistenziali, citando anche una frase di Kafka: “Il roveto è, da tempo immemorabile, l’ostacolo che ci sbarra la via. Bisogna che vada in fiamme se vuoi proseguire”. Sullo stesso registro espressivo è anche la serie delle Tate nel bosco, dedicata alla figlia. Verso la metà del decennio successivo i dipinti diventano quasi monocromi. Negli ultimi anni le composizioni diventano più aperte e articolate e molti elementi del passato ritornano in gioco con variazioni e rielaborazioni cariche di nuove suggestioni. [...]» (Francesco Poli, “La Stampa” 7/4/2008).