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 2008  aprile 07 Lunedì calendario

Luca Franco

• Gioiosa Jonica (Reggio Calabria) 11 ottobre 1949, Torino 15 giugno 2008. Inventore del Folk Club di Torino • «[...] artista a sua volta in Cantovivo [...] Tutto era cominciato molto in sordina, nell’88, convincendo le Acli a ristrutturare le sue fondamenta per farci stare dentro il Club. Lucà voleva chiamarlo Folk Studio, come il mitico locale di Roma che diede i natali artistici a De Gregori e Venditti: “Andai da Cesaroni, il patron, e gli chiesi di usare il nome, lui mi sconsigliò: ‘Non farlo, creare cultura con la musica è davvero tosto’. Capii poi che non voleva metter in gioco il nome con uno del quale non sapeva nulla. Anche lui aveva molto faticato, Roma non l’aveva aiutato, e sì che il locale ha fatto la storia della canzone d’autore, ben prima del Tenco”. Erano tempi bui pure a Torino, per la canzone: “non c’erano birrerie, venivano due cantautori l’anno. Il Regio? Lasciamo perdere, ha capito tardi che con la canzone si guadagna; a Settembre Musica ci andavano solo gli ottantenni. L’unica fortuna nostra, è che all’inizio non dovevamo produrre bilancio, ma solo qualità: tutto si reggeva sul volontariato, io lavoravo come perito alla Reale Mutua”. Ancora adesso, Lucà deve ringraziare i suoi 40 volontari, che aiutano a mandare avanti la baracca: insegnanti, impiegati, età media 45 anni; e pure qualche giovane universitario che si è appassionato alla causa, proprio come lui da giovane, militante nei Cantovivo, l’occhio acceso a quel che succedeva in Europa quando il gruppo andava in trasferta, oppure ai Festival dell’Unità che hanno insegnato molto a tutti, in questo campo: “Là si mangiava, noi no. E da subito fu proibito fumare. Mi dicevano che ero pazzo, invece la gente amò il silenzio assoluto, l’odore sano del Club. All’inizio pagavamo il biglietto pure noi”.Non che le cose siano andate subito bene. Per 3 anni, la media fu di 15 spettatori paganti, che poi diventarono 65; un’ascesa lunga e tenace, fatta di artisti portati a dormire e mangiare a casa propria, fino al decollo con Pete Seeger, il vate del folk americano: “Andai a trovarlo nel ’95 a New York: ‘Sei un simbolo, non puoi non venire, in Italia bisogna tirar su le braghe al folk’. Mi scrisse poi una cartolina postale: ‘Arrivo con moglie e figlio. Puoi permetterti 3 biglietti aerei? No premi, no cachet’”. Morale: trionfo, condito da una cena a casa, a base di cucina della sua Calabria. E oggi Lucà può dire: “Abbiamo 35 mila soci, siamo più forti di Forza Italia. Viene gente da fuori, gestiamo pure Maison Musique a Rivoli”. Orgogli, passioni. Moustaki che ha detto sì al Folk Club e no a Pippo Baudo; e Odette, “severa ma con gran cuore, che mi portava le salsine fatte da lei”; Juliette Greco, che scendendo le scale commentò: “Questo è un posto carbonaro. Come sta il tuo amico Berlusconi?”. Già, perché il mondo di appartenenza, ovvio, è la sinistra: “Non sono mai venuti artisti di destra, ma non ce ne sono, non saprei a chi rivolgermi”. In compenso, il Folk Club campa pure, ormai da anni, di corsi di canto e danza popolare: “Vengono professionisti, medici, commercianti, donne e ragazzi. L’avvocata Guidetti Serra era una habituée, ha fatto danza folk fino agli 80 anni”. [...]» (Marinella Venegoni, “a Stampa” 7/4/2008).