varie, 6 aprile 2008
GALLIZIOLI Giuseppe
GALLIZIOLI Giuseppe Brescia 18 gennaio 1935. Pittore. «[...] Il suo apprendistato non ha avuto nulla di scolastico e i suoi frequenti viaggi giovanili sono stati irrituali: non Parigi o Londra, ma il Belgio, la Polonia, la Cecoslovacchia. Inizia informale, poi, negli anni 60, inclina verso la figurazione a quel tempo chiamata ”nuova”, di cui diviene uno dei protagonisti meno omologabili. A due passi da casa, nella milanese Brera, lavorano o si ritrovano, fra gli altri, amici come Romagnoni, Guerreschi, Ferroni. [...] Fuori dalla fabbrica e Scolaro (1958), in cui la pittura è ansimante, come se la psiche faticasse ad uscire dal clima post-bellico. Sono volti e figure scabre, che sembrano uscite da impasti di terra e di gesso. [...] Ombre animate del bosco (’1961), in cui i gialli e i grigi-cenere conquistano l’astrazione della materia, con uno sguardo colto che predilige Fautrier. Ma subito dopo Gallizioli si appassiona a Wols e nella sua pittura s’introduce un segno fitto, intricato, che s’insinua nella natura aggrovigliata delle ”musne” (parola antica che diventa titolo per definire le boscaglie di cespugli, cariche d’insetti). Di opera in opera, l’artista si costruisce un suo originalissimo mondo a metà fra gli ultimi bagliori surrealisti e il recupero ideale degli antichi padri simbolisti: Redon, naturalmente, e il nabis Vallotton. Ma anche Kubin, Klinger, Khnopff. Da quel crogiolo coglie i frutti a lui più congeniali, per approdare ad una sorta di araldica frantumata, che si ”esibisce” con i riverberi di cieli tersi. L’Angelo nordico (1975), che si libra come un aquilone meccanico di latta e cartapesta, segna il passaggio ad una capacità nuova di fabulazione, tracciata con lucida visionarietà. E sembra non più fermarsi l’ironia amara che coinvolge ciminiere infuocate, trappole tecnologiche e piccoli roditori, nel silenzio di mari e cieli avvolti in una solitudine senza tempo. [...] Nel cuore degli anni 80, il ”gioco” si rompe e il sogno di nuovo si rifugia nella natura primordiale, nella materia che torna ad ispessirsi e ricerca, nelle radici di ormai antichi fauvismi, i nuovi ardori cromatici con cui Gallizioli s’incammina nel secolo nuovo» (Giorgio Cortenova, ”Corriere della Sera” 6/4/2008).