La Stampa 3 aprile 2008, Domenico Quirico, 3 aprile 2008
Nel ”98 rimase sveglio tre giorni per costringere i suoi piloti alla resa. La Stampa 3 aprile 2008
Nel ”98 rimase sveglio tre giorni per costringere i suoi piloti alla resa. La Stampa 3 aprile 2008. E’ un rito a cui non rinuncia mai: ogni estate, due settimane in Corsica a Bastelica villaggio sopra Ajaccio, in una casa dove è nata la madre, pietra spessa, quasi un castello austero, di quelli da cui sono usciti tipi come Napoleone e Pasquale Paoli. Il «corso», Jean Cyril Spinetta, non è mai vissuto lì, è nato a Parigi, la lingua dell’isola l’ha imparata dalla madre che era insegnante. La prima pista per indagare Spinetta patron di Air France, è in queste radici, ben nascoste sotto terra ma solidissime, come i principi che gli ha instillato la nonna paterna «qui non si dice mai male di nessuno». Di questa riservatezza ci sono prove e collaudi, i collaboratori raccontano di non averlo mai visto infuriarsi. Spinetta è gentile e implacabile, ha un sorriso a trivello: a una delegazione di sindacalisti che lo insultavano durante una trattativa infuocata spiegò: «Io sono corso e i maiali corsi hanno la pelle spessa». Lo si direbbe, sbagliando, un timido ma a tutti i timidi succede così, che poi si buttano avanti, come se saltassero in un fiume. Ancora la Corsica, isola di Lavezzi, 46 anni fa: sulla spiaggia, deserta, solo uno Spinetta diciottenne e una bionda assai nota, sì proprio lei Brigitte Bardot. Un autografo, almeno un sorriso ? Lui non si avvicinò nemmeno. Uno dei suoi amici più cari, l’ ex ministro della industria, Christian Pierret lo definisce il «distacco divertito». E’ la cifra che non lo abbandona mai, un modo per proteggersi, sostiene qualcuno, il lato corso; che gli è servito per scalare i gradini della République e diventare il capo della prima compagnia aerea del mondo. Soltanto lontano dalla ribalta, in privato, Spinetta cambia, ma non nei trallallà mondani, nei pranzi che adora organizzare nella sua casa parigina. Dove prepara intingoli da settimo cielo e taglia con consumata abilità un prosciutto. Ovviamente corso. La seconda chiave per affrescare Spinetta si chiama Ena, la scuola di alta amministrazione, la palestra dei presidenti e degli alti funzionari, la spina dorsale della Francia. Lui aveva altre aspirazioni: sognava di diventare giornalista sportivo, leggeva l’Equipe come il breviario, adora lo sci e il rugby. Ogni inverno scende sulle piste di Verbier in Svizzera dove ha una casa e non perde una partita del quindici di Francia. E resta asciutto e sano a 64 anni come un ulivo; ogni giorno non rinuncia alla ginnastica, soprattutto dopo che ha cancellato i tre quotidiani pacchetti di Gitanes. Ma non si può sfuggire al destino vivendo in una famiglia dove quella del funzionario è una seconda pelle, un modo dell’anima, del comportamento, una ideologia. Il nonno era un amico di Jean Jaurès, icona socialista, il padre era capogabinetto di Jean Monnet, uno dei padri dell’Europa. Spinetta racconta che da piccolo per passare il tempo attendendo il padre che faceva gli straordinari sfogliava metodicamente «Le Journal Officiel» ed era stupefatto che un signore chiamato il presidente della repubblica avesse il tempo di scrivere tutte quelle cose. Funzionario allora, obbligatoriamente, perché il giornalismo era giudicato un po’ frivolo. Quindi l’Ena, altrettanto doverosamente. L’Ena gli impresse addosso quello che un tempo si chiamava il senso dello Stato, la milizia amministrativa che ha temprato, a fianco di dame di ferro come Ségolène Royal all’Istruzione e Edith Cresson alla commissione europea. «Spi», come lo chiamano i suoi 70 mila dipendenti, è un fondista. Non c’è «vitaccia» che lo stanchi, non c’è fatica che lo spiazzi. Il fiato per affrontare la trattativa Alitalia l’ha fatto con i piccosi piloti di Air France nel 1998; era la vigilia dei mondiali di calcio in Francia, appena insediato si giocava la carriera. rimasto tre giorni senza dormire prima di isteccolirli e ridurli all’osso: «va bene, torniamo al lavoro ma ci dovere pagare le giornate perdute». Spinetta infurentì con un sorriso: no. Perfino il primo ministro Jospin lo scongiurava di mollare, lui non si stiepidì e vinse. «E pensare che quando era arrivato alla guida della compagnia gli contavano i giorni. Avevano nostalgia del predecessore, Blanc, un tipo che fumava sigari giganteschi, un allegrone sbilurcito. Sull’ascensore che lo portava al suo ufficio a Roissy, da dove può osservare decolli e atterraggi, ogni mattina trovava graffiti imbarazzanti «Spi vattene, Blanc ritorna». Adesso il suo stile piace. Perché è l’unico patron dei grandi gruppi francesi che ha rifiutato le stock options. Viste le citrullerie accadute in altre imprese come Eads, è stato prudente, ancora una volta. L’arte di comandare è di non comandare, e lui la possiede. Quando ha ottenuto l’aumento di stipendio (guadagnava due volte meno che il suo collega di Klm) ha offerto una parte a una Ong con cui collabora. Ha fatto proiettare sugli aerei uno spot contro il turismo sessuale e pazienza se qualche manager diceva che i pedofili in fondo sono clienti come gli altri. Uno dei quattro figli, Isabelle, è sorda dalla nascita, con la moglie Nicole, mancata due anni fa, ha dedicato il suo tempo libero a introdurre in Francia un metodo americano di linguaggio per i sordi totali. Oggi Isabelle lavora al marketing delle Ferrovie, rivali accanite di Air France. Ha convinto anche Sarkozy che lo ha confermato nonostante nella sua biografia ci siano due elementi che il presidente detesta, l’esser stato a fianco del socialista Mitterrand e essere enarca. Si vocifera che in autunno, vinta la sfida Alitalia, si ritirerà come ha promesso a 65 anni. L’età in cui di solito si diventa conservatori e si tirano i remi in barca. Ma non i corsi. Domenico Quirico