Giampaolo Visetti, la Repubblica 2/4/2008, pagina 14, 2 aprile 2008
Mugabe sconfitto tratta l´addio lo Zimbabwe sull´orlo del caos. la Repubblica, mercoledì 2 aprile Harare
Mugabe sconfitto tratta l´addio lo Zimbabwe sull´orlo del caos. la Repubblica, mercoledì 2 aprile Harare. Il tempo, per Robert Mugabe, sta per scadere. Ormai solo, il vecchio dittatore è pronto alle dimissioni. L´annuncio che lo Zimbabwe aspettava con il fiato sospeso, inchiodato davanti alla tivù fino a notte fonda, subisce però l´ennesimo rinvio. Sullo schermo, mentre la commissione elettorale continua a leggere i risultati delle parlamentari, scorre una scritta che invita il Paese alla calma e alla pazienza. Ma ormai la gente sa che il regime è finito e comincia a credere al miracolo di un cambiamento democratico. La fine di un incubo per lo Zimbabwe, di un´epoca per l´Africa. Secondo fonti governative, dopo 28 anni al potere, Mugabe annuncerà oggi il suo ritiro. Parlerà alla nazione, anticipando i risultati ufficiali. Dopo un vertice drammatico, ieri pomeriggio, avrebbe convinto esercito e polizia a rinunciare ad un colpo di Stato e a rispettare la volontà popolare, sottomettendosi ad un nuovo governo. Ancora incerti i servizi segreti, messi però in minoranza. In cambio l´ex eroe dell´indipendenza, 84 anni, avrebbe ottenuto la garanzia di poter lasciare il Paese e di non essere trascinato in un tribunale per rispondere di crimini contro l´umanità. Avrebbe chiesto anche di poter essere sepolto in patria. A convincere Mugabe al drammatico addio, la proporzione della sconfitta alle presidenziali di sabato. I risultati sono pubblici da tre giorni, impossibile tentare d´imbrogliare. Così avrebbe prevalso l´orgoglio del leader, che pretende di essere chiamato «padre dello Zimbabwe». Per uscire di scena volontariamente, senza essere umiliato, ha detto no all´inaffrontabile ballottaggio con Morgan Tsvangirai, considerato certo per tutta la giornata. E ha preteso che il suo avversario smentisse di persona i negoziati per il passaggio dei poteri. Mentre nella capitale si attendeva l´annuncio delle dimissioni, il leader dell´opposizione è così riapparso improvvisamente in pubblico. La scenografia, nella sala dell´hotel Meikles dove l´Mdc ha sempre tenuto le sue conferenze stampa, è apparsa cambiata, la promessa di un «buon governo», sugli striscioni ha preso il posto delle denunce contro il regime. Anche l´ex minatore, capo dei sindacati, si è presentato con un aspetto diverso, in un elegante abito blu, senza il consueto camicione africano. «Non ci sono colloqui in corso con il governo - ha detto - non c´è alcun bisogno di accordi. Basta aspettare i risultati delle elezioni». Per la prima volta, davanti agli ambasciatori occidentali, ha parlato da nuovo presidente. «Dopo il 29 marzo - ha proseguito - lo Zimbabwe non sarà più lo stesso. La gente ha votato per il cambiamento, per un nuovo inizio. Insieme costruiremo un Paese tollerante, senza più discriminazioni, democratico. Lavoreremo per garantire a tutti lavoro, cibo, istruzione, pari diritti e assistenza medica». Commosso, ha ricordato i genitori, la sua famiglia e i compagni di lotta. Ha ripetuto che l´opposizione non intende violare la Costituzione: ma che se oggi l´esito delle presidenziali non sarà pubblico, l´Mdc diffonderà i dati definitivi in suo possesso». Subito dopo l´annuncio di Tsvangirai, Mugabe ha lasciato il palazzo presidenziale, raggiungendo la sua residenza privata a Borrowdale, a nord della capitale. Poco prima aveva ritirato l´ordine, dato l´altra notte ma non applicato, di stabilire la legge marziale. La svolta, dopo un «colloquio durissimo» con Washington. La pressione internazionale di Usa ed Europa, l´incubo di sanzioni economiche vere e di un processo internazionale, hanno convinto il vecchio leader a fermare l´imminente repressione dell´esercito. La Slovenia, presidente di turno della Ue, nel pomeriggio gli aveva chiuso ogni via d´uscita: «Ha perso le elezioni - ha detto il ministro degli Esteri Rupel - speriamo stia per andarsene. Altrimenti sarà un colpo di Stato». La mediazione in corso da lunedì con l´opposizione nella sede dell´ambasciata Usa, pur smentita, ha subito un´accelerazione. Mugabe ha preso atto del tracollo elettorale non solo nelle città, ma anche nelle province e nei villaggi contadini che aveva sempre controllato. Per gli osservatori indipendenti, Tsvangirai ha raccolto fra il 47 e il 52% dei voti, Mugabe fra il 39 e il 44%. Al ballottaggio, l´oppositore storico avrebbe sommato anche l´8% dell´ex ministro delle Finanze Simba Makoni. Con il partito del potere allo sfascio, Mugabe rischiava di non arrivare al 20%. Pressato dal mondo, inchiodato dal popolo, ha infine scelto di non paralizzare il Paese in un limbo disastroso e di accettare un passaggio dei poteri non violento. Più di Tsvangirai temeva i generali. Per questo l´accordo segreto con l´opposizione prevede un governo di unità nazionale. L´Assemblea verrebbe assegnata all´Mdc di misura, mentre in Senato conserverà la maggioranza il partito del potere, lo Zanu-Pf. Un modo, oltre che per scongiurare il golpe, per avviare la riconciliazione ed evitare una guerra civile. Giampaolo Visetti