Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  aprile 03 Giovedì calendario

Un paese per vecchi. la Repubblica, giovedì 3 aprile «Vengo da un paesino del Veneto, quattro fratelli

Un paese per vecchi. la Repubblica, giovedì 3 aprile «Vengo da un paesino del Veneto, quattro fratelli. Genitori che hanno fatto solo le elementari. Studio e lavoro per anni, mi laureo. Vinco un concorso a Udine come ricercatore: tutto annullato a favore di un raccomandato. Poi arrivo in testa a un altro concorso, all´Istat stavolta, e allora... «. Alessandro Rosina, 39 anni, professore associato di demografia alla Cattolica di Milano. Uno dei fortunati under 40 che insegnano nelle università italiane (il 17% del totale, 11 punti in meno che in Francia). Ci voleva forse la grinta di uno che ce l´ha fatta prima di avere i capelli bianchi perché ci si dedicasse allo studio delle nuove generazioni in Italia, con dati finalmente completi. Riassunto dell´opera: «Il nostro è il Paese europeo dove i giovani contano meno, dal punto di vista sociale, economico, demografico e politico». Un Paese che vive una sorta di sindrome di Dorian Gray. Tutti si sforzano di apparire giovani, anche se sono anziani. A scapito di chi giovane lo è davvero e viene tagliato sistematicamente fuori dai processi decisionali. Il simbolo di quest´Italia è ancora una volta Berlusconi: lifting, trapianto di capelli, smargiassate con le donne. Un finto ragazzo di 71 anni. E i figli del Sessantotto? «Quelli sono i peggiori - dice Rosina - Convinti di rappresentare l´eterna gioventù. Nessuno li schioda dalle poltrone». Non c´è neppure un termine per definire esattamente una realtà che in Italia ha raggiunto livelli unici in Occidente (gli under 25 sono solo un cittadino su 4, pari agli over 65, e nel giro di una trentina d´anni potrebbero dimezzarsi). Spiega il ricercatore: «Quando parliamo di invecchiamento della popolazione, l´accento viene posto sull´aumento degli anziani, e non sulla diminuzione dei giovani». Lui ha coniato il termine «degiovanimento»: «Un fenomeno nuovo e inedito nella storia dell´umanità». Quando un bene diventa più raro, normalmente ne aumenta il valore. I pochi giovani dovrebbero essere ricercati e ottenere bei salari. Da noi avviene l´opposto. Paolo Virzì, il regista di un film appena uscito e di grande successo come Tutta la vita davanti, dice: «Mi interessano i giovani perché l´affacciarsi alla vita è l´essenza del romanzo. Parlare dei giovani oggi non può che significare descrivere il loro essere precari. Ma il mio pubblico è fatto anche di padri e di nonni, che forse vogliono conoscere meglio figli e nipoti. Loro escono dal cinema sgomenti». il «degiovanimento» lo si ritrova anche nel panel dell´Auditel, che di anno in anno invecchia, seguendo i dati Istat. «Noi siamo la fotografia della società - dice Walter Pancini, il direttore generale dell´istituto - Di pari passo l´offerta televisiva si orienta sul target maggioritario, quello anziano, che passa anche più ore davanti alla tv. Nascono insieme offerte mirate sui giovani, e reti specialistiche, molto apprezzate dalle aziende, sempre attente alle nicchie di mercato». Uno «di nicchia» che pervicacemente ha raggiunto un successo forse insperato è Antonio Incorvaia, autore del romanzo Generazione mille euro, nato tre anni fa come sito internet dove i ragazzi precari potevano raccontarsi. Ora il libro è già stato tradotto in 5 lingue. Dice Incorvaia: «Sono uno che ha svoltato? Mah! A 33 anni vivo ancora con mio padre. Sì, ho ricevuto varie proposte, ma nessuna che dia un senso al mio percorso di studi. Sono uno che spera ancora nel merito, ma dopo aver inviato centinaia di curriculum che rimangono senza risposta si vacilla. Un giovane rischia di diventare cinico e arraffone. più facile cercare di conoscere gente che conosce altra gente fino a trovare qualcuno che conti e farsi raccomandare, che provare a emergere per le proprie capacità». Il nostro sistema del welfare protegge chi ha un lavoro fisso o è in pensione. Escludendo le spese pensionistiche, lo Stato riserva al sociale solo una fettina del Pil pari al 10%, la più bassa in Europa (in Svezia superano il 20, poco meno in Francia e Germania). Su tutto pesa un debito pubblico record, accumulato dalla passata generazione, che rappresenta una pesante ipoteca sul presente e sul futuro. «L´Italia si morde la coda. Si fanno meno figli, ci sono via via meno persone in età di lavoro, la crescita economica langue. Non abbiamo né il dinamismo del mercato del lavoro americano, né la protezione sociale dei Paesi scandinavi - spiega Rosina - Da noi la flessibilità diventa precarietà». Una ragione c´è: «Chi comanda sono gli anziani, in tutti i campi, con pochi ricambi. Elettoralmente poi i giovani sono numericamente sempre meno importanti. Di conseguenza i partiti non si occupano di loro, o solo a parole». E pure il sistema elettorale è squilibrato, con un Senato - essenziale per l´approvazione delle leggi nel bicameralismo perfetto - vietato agli under 40. Disoccupati o precari, ma almeno intanto studiano? Mica vero. Nella fascia d´età tra i 25 e i 34 anni, la percentuale di chi raggiunge il diploma in Italia è di 10 punti più bassa della maggioranza dei Paesi europei, e scende al 16% nel numero dei laureati, poco più della metà della media Ue. Pochi, asini e infingardi, allora, i nostri giovani? Rosina non la spiega così: «Il problema è che da noi è tutto bloccato. C´è anche rassegnazione. Basti vedere che ci si esalta se battiamo la Turchia sull´Expo, capirai che competizione. I giovani italiani sono anche meno dinamici dei francesi, una nazione che ci assomiglia molto, ma sta meglio di noi. Certo che è dura. Purtroppo il concetto di merito, l´unico che può dare un´accelerata positiva, si è quasi perso». Lo scrittore - ma il suo mestiere sarebbe l´architetto - Incorvaia risponde: «Non mi sento di condannare chi decide di emigrare all´estero. Scelta legittima, ci ho pensato anch´io, ma i problemi qui restano tali e quali. Rabbia i giovani ne hanno tanta, ma non è incanalata, così alla fine prevale l´individualismo e l´arrangiarsi». Rosina: «E chi te lo fa fare di rischiare, se hai buone certezze che il lavoro che sarà precario e magari resterai a spasso? Così si rimane in famiglia. La compensazione i padri la pagano mantenendo i figli fino a oltre i 30 anni. Ma è un sistema iniquo, che privilegia i benestanti e taglia le gambe agli altri». Bamboccioni a vita, per dirla con Padoa Schioppa, in attesa di un´opportunità. Intanto non si fa famiglia. E si rimanda il concepimento di figli. Un circolo vizioso.  andata meglio alle donne. Tutto dire, ma è così. Si parla di quote rosa, i partiti si danno da fare per proporre candidati femmine, il trend delle donne ai posti di comando è in crescita. E i giovani? Lo studio di Rosina sulle probabilità di elezione in base al posto in lista nei due maggiori partiti dice che l´età media di chi riuscirà a entrare in Parlamento sarà intorno ai 53 anni, quella degli esclusi 42. Più diminuisce l´età, insomma, più è alta la probabilità di essere trombati. L´attuale classe politica per l´88% ha più anni dietro di sé che in prospettiva, basandosi sull´aspettativa media di vita. Il massiccio afflusso di giovani immigrati cambierà la situazione? «Gli immigrati di seconda generazione - spiega il ricercatore - si troveranno in condizione ancora più svanteggiata e marginalizzati. Oppure, se si integreranno, faranno come gli italiani. E cioè pochi figli, eccetera eccetera». Punto e a capo. Non se ne esce. E allora facciamo a Rosina la domanda che cova dall´inizio: bisogna toglierli di mezzo, questi vecchi che bloccano tutto? No, per fortuna non la vede così. Il demografo della Cattolica accenna al ripristino del concetto di merito, a politiche di sostegno alla famiglia e alla natalità, a riforme di sostanza nella scuola e nel mercato del lavoro. Certo che se qualcuno dei settantenni che comanda si facesse da parte... Enrico Bonerandi