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 2008  aprile 03 Giovedì calendario

Il film che inventò il futuro. la Repubblica, giovedì 3 aprile Poteva intitolarsi "Journey beyond the stars", viaggio al di là delle stelle

Il film che inventò il futuro. la Repubblica, giovedì 3 aprile Poteva intitolarsi "Journey beyond the stars", viaggio al di là delle stelle. Avremmo potuto sentire "Il sogno di una notte di mezza estate" di Mendelssohn al posto del "Bel Danubio Blu" e i "Carmina burana" di Carl Orff al posto di Richard Strauss. Il monolito nero avrebbe potuto avere una forma completamente diversa: un cubo trasparente, una piramide, un tetraedro. A lungo si pensò di usare il formato 1:85 anziché il sontuoso formato dei 70mm superpanavision. Insomma, sarebbe potuto essere completamente un altro film. Certo, un altro film di Stanley Kubrick. Invece, da quattro anni di pensamenti e ripensamenti, di innamoramenti, indagini scientifiche, studi, ipotesi, scritture parallele, invenzioni tecniche, traslochi tra l´America e l´Inghilterra, scontri, lacrime (dei collaboratori), paranoie (dell´autore), gelosie (tra il regista e il suo «scrittore» Arthur C. Clarke) e di cambiamenti (a dispetto di chi pensa che una sceneggiatura cinematografia hollywoodiana sia una botte di ferro) venne alla luce 2001: Odissea nello spazio, la pietra miliare del cinema che domani compie quarant´anni: quarant´anni dalla prima a New York del 4 aprile 1968 di un film che esplose con una combustione lenta mentre l´America e il mondo vivevano in un clima di controcultura giovanile e di protesta, con la guerra del Vietnam sullo sfondo e lo sbarco americano sulla luna di lì a poco. Se esiste qualcosa che merita di esser chiamato zeitgeist, se quello era lo spirito del tempo, il film di Kubrick s´inseriva perfettamente nel quadro. Anche se non fu accolto con il successo che il tempo gli ha poi decretato. Basti dire che l´allora regina della critica americana, Pauline Kael, lo definì spregiativamente «il massimo film amatoriale», facendosi beffe anche dell´apparizione della figlia piccolina di Kubrick in una breve scena del film. Né gli resero giustizia (ma c´era da aspettarselo?) gli Oscar, che lo premiarono solo per gli effetti speciali. Ma con grande stupore del reparto marketing della Mgm, che aveva finanziato il film, gli resero giustizia i giovani, che corsero a vivere quella che consideravano alla stregua di un´esperienza psichedelica. E il biografo di Kubrick, Vincent Lobrutto, giura che nei teatri dove si presentava 2001: Odissea nello spazio, si respirava solo marijuana. Il resto è la storia di un successo che dura da mezzo secolo e che era nato quattro anni prima, nel febbraio del 1964, a New York, dove Kubrick si trovava in occasione dell´uscita di Stranamore con Caras, il pubblicitario della Columbia che si occupava del film. Fu Caras che, di fronte all´interesse espresso da Kubrick per la fantascienza, gli suggerì il nome di Arthur C. Clarke. Uno scambio di telegrammi portò Clarke a New York dal suo eremo a Ceylon, mentre il sempre irrequieto Kubrick divorava un libro di scienza e fantascienza dietro l´altro. Clarke aveva suggerito intanto a Kubrick di leggere il suo racconto La sentinella - dove compare per la prima volta l´idea di una sorta di monolito. Ma il progetto si tradusse in qualcosa di molto più ambizioso e rischioso: sistemato al Chelsea Hotel di Mahattan, Clarke doveva scrivere, sulla base dei suoi racconti e secondo le grandi linee concordate con Kubrick, un romanzo che sarebbe stata la base della sceneggiatura (« la forma di scrittura meno comunicativa mai immaginata», diceva Kubrick), mentre il regista procedeva nelle ricerche e nella preparazione del film... E di ricerche Kubrick ne ha fatte non poche, come si vede anche dal volume pubblicato recentemente da Isbn Edizioni, che raccoglie le ventun interviste realizzate dal regista (in realtà da Roger Caras, con Kubrick committente), davanti alla telecamera, ad altrettanti scienziati e pensatori, da Margaret Mead a Fred Whipple, da Skinner ad Asimov, ponendo loro l´imbarazzante domanda: che cosa ci riserva il futuro? Le risposte sono a dir poco buffe, viste dalla prospettiva del 2008. Il 2001 doveva sembrare molto lontano e ricco di speranze, di illusioni scientifiche e sociali: i computer sarebbero stati intelligenti come Hal 9000 ma buoni come lui non è, saremmo arrivati alla conquista del sistema solare, e via con le magnifiche sorti e progressive. Da questa massa di letture, illusioni, discussioni (che aspetto dovrebbero avere gli extraterrestri per non ricadere nello stereotipo della fantascienza?), di istruzioni date a Clarke circa modifiche e nuove idee per il romanzo, uscì finalmente la sceneggiatura - che Kubrick disse di non amare. Troppo dialogo. Clarke tagliò. E alla fine, su 139 minuti di film, il dialogo avrebbe coperto solo 46 minuti. La lavorazione ebbe inizio il 29 dicembre 1965 in Inghilterra, negli studios di Boreham Wood, dove fu ricostruita la «centrifuga», la grande ruota dell´astronave Discovery. Il film doveva costare 6 milioni di dollari (ma la cifra alla fine avrebbe coperto solo gli effetti speciali, e il budget finale si assestò sui 10,5 milioni, una cifra spropositata per l´epoca, anche se ampiamente ripagata dai risultati). Fu una lavorazione di dimensioni e durata titaniche. Kubrick si trasferì armi e bagagli, moglie e figliolette, nel paese che sarebbe diventato il suo. Tra sperimentazioni ed effetti speciali mai prima sperimentati la lavorazione durò diciotto mesi. La diffidenza di Kubrick per i viaggi fece sì che persino la scena fondamentale in cui Moon-Watcher, lo scimmione capo, lancia il suo osso/arma nel cielo, creando, come disse Clarke, il più lungo flash forward della storia del cinema (quattro milioni di anni), fu girata non lontano dagli studios, tagliando fuori dall´immagine «il ventesimo secolo».  la magia del cinema. Kubrick montò fino all´ultimo minuto, anche a bordo del Queen Elizabeth che lo portava a New York per la prima. Sapeva di aver fatto il film che segnava un´epoca. Ognuno l´avrebbe letto a suo modo. Molto si sarebbe discusso. Kubrick concesse, tra le tante spiegazioni, che poteva trattarsi della ricerca di Dio. Poi cominciò a sognare di fare il suo Napoleone. Irene Bignardi