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 2008  aprile 01 Martedì calendario

"Alla Scala non torno più e ora collaboro con Muti". La repubblica 1 aprile 2008. Il primo Fidelio di Claudio Abbado sarà accolto da una muraglia a semicerchio color carbone, sezionata da celle come un alveare, e dominata da un´onnipresente e minacciosa ghigliottina di sei metri

"Alla Scala non torno più e ora collaboro con Muti". La repubblica 1 aprile 2008. Il primo Fidelio di Claudio Abbado sarà accolto da una muraglia a semicerchio color carbone, sezionata da celle come un alveare, e dominata da un´onnipresente e minacciosa ghigliottina di sei metri. al tedesco Chris Kraus, autore del film Quattro minuti, che il direttore d´orchestra ha affidato, con gesto originale e intrepido (Kraus debutta nella lirica), la regia dell´opera di Beethoven, incandescente sfida contro l´oppressione vinta nel segno risolutivo dell´amore. Il tutto nella cornice violenta di un carcere, come in Quattro minuti, che in una prigione seguiva l´incontro-scontro tra una terroristica maestra di pianoforte e una galeotta punk («è pieno di contrasti, come Fidelio», osserva Abbado, che loda il modo in cui Kraus fa recitare i cantanti «come attori»). Debutto il 6 a Reggio Emilia (replica l´8), prima tappa di quest´atteso allestimento che rappresenta una delle rare e preziose apparizioni sul podio di Abbado. Lo spettacolo viaggerà a Madrid, Baden Baden, Ferrara, Modena, e nel 2010 sarà a Lucerna e ad Aix-en-Provence. Le scene sono di Maurizio Balò, suona la Mahler Chamber Orchestra e due sono i cori: l´Arnold Schönberg e quello della Comunidad di Madrid. Cantano tra gli altri Anja Kampe (Leonore), Clifton Forbis (Florestan) e Albert Dohmen (Don Pizarro). Finora quest´opera di splendida intensità sinfonica non era mai stata affrontata da un sommo interprete beethoveniano quale Abbado: «Io sono così: ho bisogno di tempo per maturare, sedimentare certe opere. Ci ho messo vent´anni a fare Boris Godunov. Nel frattempo però ne ho fatte altre, ciascuna con la sua importanza», dice il maestro, rilassato e in forma. Nel corso della conversazione parlerà non solo dell´approdo al Fidelio, ma di Milano, di Carlo Rubbia eletto presidente di una task-force per la diffusione di fonti di energia rinnovabili (è il tema che più lo entusiasma) e della sua prossima collaborazione con l´Orchestra Cherubini di Muti. Avvicinamento che in molti considerano stupefacente. «Quando ho domandato a Riccardo di "prestarmi" la Cherubini per dirigere a metà ottobre al PalaDozza di Bologna, spazio di cinquemila posti, il Te Deum di Berlioz, unendola all´Orchestra Giovanile Italiana di Fiesole e all´Orchestra Mozart, è stato felicissimo di accettare. Voglio eseguire il Te Deum con tre orchestre, tre cori e seicento bambini, come lo scrisse Berlioz. Con i giovani della Cherubini, Muti ha fatto un lavoro magnifico. Ho anche chiesto a Riccardo di dirigere il Te Deum con le stesse tre orchestre in altre città: sarebbe un peccato che il progetto si limitasse a Bologna». Alla serata bolognese parteciperà anche Benigni? «Prima del Te Deum rifarò con Roberto Pierino e il lupo». Milano si è appena vista assegnare l´Expo Universale del 2015: la città è in festa. Continua a non pensare a un ritorno alla Scala? «Lissner sta facendo un ottimo lavoro. La soluzione dell´alternanza, con inaugurazioni affidate a Barenboim, Chailly e Gatti, è la migliore. Alla Scala, come in quasi tutte le istituzioni musicali, o non vogliono un direttore stabile o i direttori non resistono dopo un certo numero di anni. Nemmeno un Furtwängler o un Toscanini. Ora anche Simon Rattle (suo successore alla guida dei Berliner, ndr) sta avendo gravi problemi con l´orchestra. Il problema della Scala non è la Scala, ma Milano, che è un disastro. L´aria irrespirabile ne riflette l´andamento: l´inquinamento riguarda anche la cultura. A tornare non penso. A me piace lavorare in città piccole e vive, e in regioni dove si fa davvero cultura, come l´Emilia Romagna, ricca di iniziative per rendere il nostro mondo più vivibile». Fidelio contempla più versioni. Quale sarà la sua? «La definitiva, 1814, voluta da Beethoven, con l´ouverture del Fidelio all´inizio e senza l´ouverture Leonore 3. Fu Mahler a inserirla fra la scena della prigione sotterranea e quella della piazza del castello, nel secondo atto, durante il cambio di scenografia, e in seguito s´è presa l´abitudine di eseguirla. In realtà la Leonore 3 nel Fidelio c´è già tutta, non c´è bisogno di ripeterla». C´è chi rimproverò a Beethoven i caratteri ardui del canto. «Lo si è detto anche di Mozart, accusato di salti vocali terribili. Invece la sua scrittura per le voci è straordinaria. Beethoven (ma anche Mozart) riesce a imprimere drammaticità attraverso forti cromatismi. Certo, Fidelio non è facile da cantare, né da suonare. Ma l´esito è di grande modernità. Incredibile come Beethoven abbia anticipato l´evoluzione successiva del genere lirico con un´opera che ha l´andamento formale del Singspiel». LEONETTA BENTIVOGLIO