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 2008  aprile 01 Martedì calendario

PERCH OLIMPIA GIUNTA SINO A NOI

La Repubblica 1 aprile 2008.
«Le olimpiadi moderne sono nate idealizzando i giochi di Olimpia. Ma tale idealizzazione ha aperto la strada ai tentativi di sfruttare politicamente questa grande manifestazione sportiva». Di fronte al dibattito sul possibile boicottaggio delle olimpiadi di Pechino, Paul Veyne, il grande storico dell´antichità che per molti anni ha insegnato al Collège de France, ricolloca la discussione in una prospettiva storica, sottolineando la distanza che separa i giochi contemporanei da quelli dell´antichità. «Nel mondo greco i giochi servivano a celebrare avvenimenti e ricorrenze importanti», ricorda lo studioso francese, autore di molti saggi, tra cui Il pane e il circo e L´impero greco-romano. «I greci utilizzavano qualsiasi pretesto per organizzare gare e competizioni che erano sempre molto apprezzate. Lo conferma nell´Iliade l´episodio della morte di Patroclo. I giochi erano organizzati da diverse città, ma quelli di Olimpia divennero particolarmente importanti, tanto che, per assistervi, gli spettatori giungevano da tutto il bacino del Mediterraneo. A quel tempo, le competizioni sportive non erano percepite come attività minori riservate alla plebe. Erano un grande spettacolo apprezzato da tutti, e soprattutto dalle persone più colte. Un uomo rispettabile doveva aver assistito almeno una volta ai giochi olimpici, era una prova di ellenismo. Anche Cicerone fece il viaggio a Olimpia».
La dimensione religiosa era importante?
«Nel mondo classico, per trasformare una grande manifestazione pubblica in un avvenimento solenne, si utilizzava spesso il pretesto religioso. A Olimpia i giochi erano celebrati in onore di Zeus ed Eracle. Ufficialmente erano uno spettacolo per divertire gli dei e celebrarli, anche se poi la dimensione religiosa era presto dimenticata. Non a caso, quando Pierre De Coubertin ha voluto far rinascere le Olimpiadi, ha tralasciato qualsiasi connotazione religiosa».
Quali sono le altre differenze tra le olimpiadi di oggi e quelle del passato?
«Nell´antichità, i giochi di Olimpia davano luogo a una grande fiera commerciale e a manifestazioni letterarie prestigiose. Erodoto, ad esempio, vi leggeva pubblicamente le sue opere. L´aspetto culturale delle olimpiadi si è completamente perso, come pure la dimensione fieristica. Per quanto riguarda la dimensione commerciale, oggi non c´è più bisogno di organizzare una fiera accanto alle olimpiadi, perché i giochi stessi sono diventati un´enorme operazione economica».
Altre differenze?
«Una è decisiva. Per i greci, la competizione non era un semplice gioco, ma un combattimento che imitava la realtà. Espressione di un mondo di guerrieri, i giochi erano cruenti e gli atleti correvano continuamente dei rischi, che per gli antichi erano la prova del loro valore e coraggio. A Olimpia, la violenza e gli incidenti erano considerati atti di eroismo. Non a caso, San Paolo paragonò i martiri agli atleti dei giochi. Quando però De Coubertin riesuma le olimpiadi, cancella la dimensione cruenta, trasformando le competizioni in un nobile gioco, dove gli atleti non corrono più alcun rischio. La gara sportiva viene di fatto anestetizzata. Solo così è possibile far rivivere i giochi nel mondo moderno».
Significa che De Coubertin ha tradito lo spirito originario dei giochi?
«Sì. Ha idealizzato i giochi di Olimpia, trasformando in un gioco la dimensione dello scontro. Contemporaneamente, ha imposto alle olimpiadi un significato ideale che nell´antichità non avevano. Queste nel passato erano l´espressione simbolica di una cultura dominata dalla guerra. De Coubertin invece le ha trasformate in un´occasione per promuovere la pace e l´amicizia tra i popoli. Di fatto ne ha cambiato il segno, trasformandole in un evento diplomatico, che subito molti paesi hanno cercato di sfruttare politicamente. Per esibire la loro potenza, come ad esempio fece la Germania nel 1936, oppure per ottenere un riconoscimento internazionale, come fa oggi Pechino. In realtà, l´idealismo pacifista era sconosciuto ad Olimpia».
La tregua olimpica non era una realtà?
«Sì, ma non aveva alcun significato diplomatico e non sappiamo quanto realmente fosse rispettata. Anche se i loro atleti partecipavano ai giochi, le città continuavano a restare nemiche. La tregua olimpica nasceva dalla semplice necessità di permettere agli spettatori di circolare liberamente e agli atleti di ritrovarsi a Olimpia senza correre rischi. Il luogo delle competizioni diventava una zona franca inviolabile dagli eserciti. Aldilà di questi aspetti pratici, i giochi erano però animati da un ideale militare».
Cosa ha spinto De Coubertin ha far rivivere una tradizione dimenticata da oltre quindici secoli?
«Nel XIX secolo, la cultura europea era strettamente legata ai modelli della classicità. Dalla civiltà greca aveva ereditato il teatro, la filosofia, la matematica, eccetera. De Coubertin era il prodotto di quella cultura e quindi per lui fu normale fare appello al mondo classico per riabilitare il culto del corpo e della prova sportiva. E siccome a Olimpia i giochi riunivano atleti di città molto spesso nemiche, De Coubertin, all´ideale del corpo, sovrappose quello diplomatico della pace tra i popoli. Ma così ha consentito che le olimpiadi si caricassero di una dimensione politica».
Nell´antichità tale dimensione era del tutto assente?
«Naturalmente anche allora c´era chi cercava di sfruttare la presenza di un vasto pubblico per diffondere il proprio messaggio. il caso di Peregrino, il filosofo greco nemico dei romani che si diede fuoco durante i giochi dell´anno 165. Tuttavia a Olimpia non partecipavano le città, ma singoli atleti che rappresentavano solo se stessi. Era quindi molto difficile sfruttare politicamente i giochi. Oggi invece tutto è molto ufficiale. Le nazioni inviano le loro delegazioni e un solo stato organizza i giochi. Non a caso si può parlare di boicottaggio. Un´idea che nell´antichità sarebbe stata semplicemente impensabile».
FABIO GAMBARO