ItaliaOggi 1 aprile 2008, Antonio G. Paladino, 1 aprile 2008
Professor M., sbagliò pure la scuola. ItaliaOggi 1 aprile 2008. L’accusa è chiara. L’amministrazione scolastica deve far cessare o porre rimedio ai comportamenti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione, posti in essere dal personale docente
Professor M., sbagliò pure la scuola. ItaliaOggi 1 aprile 2008. L’accusa è chiara. L’amministrazione scolastica deve far cessare o porre rimedio ai comportamenti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione, posti in essere dal personale docente. Il mero rinvio alle valutazioni poste in una relazione redatta da un ispettore incaricato di accertare i gravi fatti non esime la stessa amministrazione scolastica dal prendere gli opportuni provvedimenti utilizzando gli strumenti disposti dalla legge. il quadro che emerge dalla lettura della sentenza n. 209/2008 con cui la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Lombardia ha condannato alla rifusione del danno da disservizio il famoso professore M., salito agli onori delle cronache per aver, nel corso di un quadriennio, sommato innumerevoli assenze dal servizio, ascritte a presunti problemi di salute. Assenze queste che venivano commesse in maniera mirata e che altro non hanno prodotto se non un decremento dell’offerta formativa e un minore apprendimento da parte degli studenti. L’articolata sentenza della magistratura contabile lombarda infatti ha dovuto svolgersi su due differenti piani. Da un lato, il danno al servizio causato dal professore M. e per il quale lo stesso è stato condannato a rifondere una somma pari a 50 mila euro, nella considerazione che le assenze del professore oltre che contarsi devono altresì essere «pesate». Non si può intendere il docente di un istituto superiore alla stregua di un mero dipendente pubblico, in quanto egli, grazie alla sua funzione, rappresenta il «garante dell’istruzione delle future generazioni». Sull’altro versante, come richiedeva la procura, una parte del danno doveva essere rifusa dall’ispettore il quale, al termine della terza indagine consecutiva, non aveva trovato di meglio che provvedere al trasferimento d’ufficio del professore M. per incompatibilità ambientale. Ed è su questo versante che le considerazioni del collegio contabile raggiungono dei punti interessanti. In pratica, l’organo requirente ha contestato all’ispettore di aver proposto solamente un provvedimento di urgenza di natura cautelare e non disciplinare quale avrebbe potuto essere la sospensione ex articolo 494 del dlgs n. 297/94. Ma il collegio non è stato dello stesso avviso. Infatti, l’incaricato di una funzione ispettiva non può essere chiamato a una responsabilità per aver proposto l’adozione di una misura diversa da quella che è appropriata. Nella vicenda, però, sottolinea il collegio, non si vuol dire che non ci siano «ulteriori responsabilità e responsabili». Ciò potrebbe verificarsi solo indirizzando le relative verifiche nei confronti dell’organo di amministrazione attiva (l’organo cui compete l’adozione delle misure disciplinari) o dell’organo consultivo cui, per legge, è assegnato un rilevante ruolo nell’ambito dei procedimenti disciplinari a carico del personale docente. Basti pensare, si rileva, che all’epoca dei fatti (in vigenza del dlgs n. 297/94), il parere del consiglio di disciplina del personale docente aveva addirittura valore vincolante per l’organo di amministrazione attiva. Pertanto, l’amministrazione attiva aveva il potere/dovere di delineare le fattispecie sulle quali il consiglio di disciplina doveva emettere il relativo parere, nonché la facoltà di esprimere un avviso sulla questione. La cartina di tornasole delle inefficienze nei procedimenti disciplinari dell’amministrazione scolastica, chiude il collegio, è data da un passo della relazione presentata nel maggio 2006 dalla sezione centrale di controllo della Corte, dove, con riferimenti ai procedimenti nella scuola, si evidenzia il «ruolo vanificatore» degli organismi consultivi: in breve, il superamento dei termini di legge per l’adozione delle sanzioni finiva per consentire ricorsi fondati solo sulla forma, ma efficaci comunque nel provocare l’annullamento in sede giurisdizionale della sanzione e la permanenza in servizio dei docenti sottoposti a giudizio. Per non parlare del fatto che l’amministrazione non poteva aggravare una sanzione proposta dal collegio ma solo ridurla». Antonio G. Paladino