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 2008  marzo 29 Sabato calendario

Sallis James

• Helena (Stati Uniti) 21 dicembre 1944. Scrittore • «La devozione di James Sallis per il poliziesco americano, per quella estensione della letteratura di frontiera reinventata per primi da Hammett e Chandler e poi consacrata dai grandi interpreti dell’hardboiled, data al tempo in cui abitava a Londra – “due stanze, niente riscaldamento” - negli anni della gioventù, e lavorava per una rivista di fantascienza che si chiamava New Worlds. Come lui stesso racconta, infilava le monete nel contatore della stufa elettrica e “munito di infinite tazze di tè” si metteva a leggere quegli autori che aveva lasciato a casa, dall’altra parte dell’Oceano. Da allora, questo scrittore nato a Helena, in Arkansas, nel 1944, traduttore di poesie dal francese e dal russo, autore di una biografia di Chester Himes e melomane indefesso, si è dedicato a recuperare i codici che attraversano il genere hardboiled facendone l’ossatura dei suoi polizieschi, sospinto dall’idea di trovare una sintesi tra romanzo di largo consumo e letteratura alta: “Questi sono i miei punti di riferimento - confessa - questo è il vocabolario che adopero per raccontare le mie storie”. Sia che si tratti di riprodurre il vigore e l’impeto delle riviste pulp (Drive), sia che ammicchi ai noir classici come nella serie dell’investigatore nero Lew Griffin, per Sallis quel che conta è la ricerca esistenziale, il tentativo di ridefinire costantemente sé stessi. [...] Con Lew Griffin ha aperto una porta sull´incubo americano dello scontro razziale. “Non l’ho fatto in modo programmatico. Ho scritto il mio primo romanzo per confrontarlo con una immagine che mi assillava: un uomo in una pompa di benzina, di notte, che bisbiglia a un altro seduto ai suoi piedi. Volevo sapere chi fossero quei due. Dopo una trentina di pagine, e solo allora, realizzai che il mio protagonista era un afro americano. L’arte è un veicolo ideale per questioni così complesse e rappresenta un correttivo del sapere popolare e del riduttivismo della storia. L’incubo americano non risiede nel razzismo ma nel divario sempre più ampio tra l’immagine che abbiamo di noi stessi e le reali condizioni della vita quotidiana [...] L’aspetto principale dei miei romanzi è che sono colmi di speranza: posti di fronte a vite spaventose, segnate da sconfitte e abusi, i miei personaggi diventano, nonostante tutto, delle brave persone. Degli individui speciali, anche se solo in una certa misura: loro sono, in finale, ognuno di noi”. [...] è anche un esperto jazzista. Suona abilmente violino e chitarra, ed è un accanito fruitore di blues. C’è una relazione diretta, nella sua prosa, tra parola e musica? “Assolutamente. Ho iniziato come poeta, e quella sensibilità verso la lingua è rimasta cruciale. Scrivo improvvisando, allo stesso modo del musicista che gioca con un tema musicale, elaborandolo e modificandolo, sempre cercando di vedere cosa c’è lì. Raramente so in anticipo quel che avverrà nelle pagine successive: la sfida e il divertimento sono tutte qui, nello scoprire le cose. Qualunque siano le nostre grandi intenzioni non dobbiamo mai dimenticare che l’arte è un gioco”» (Sebastiano Triulzi, “la Repubblica” 29/3/2008).