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 2008  marzo 19 Mercoledì calendario

«Auden visitato da strane creature». Libero 19 marzo 2008 Pubblichiamo alcuni stralci del volume "Ricordi e commenti" (Adelphi, pp

«Auden visitato da strane creature». Libero 19 marzo 2008 Pubblichiamo alcuni stralci del volume "Ricordi e commenti" (Adelphi, pp. 415, euro 36) del compositore Igor’ Stravinskij con Robert Craft. Nel libro, magnifico, il musicista ripercorre la sua carriera e racconta una vita di incontri straordinari. RIMSKIJ L’ATEO Adoravo Rimskij-Korsakov ma non mi piaceva la sua "mentali tà", con il che intendo il suo ateismo quasi borghese (lui lo chiamava il suo «razionalismo»). Era chiuso a qualsiasi idea religiosa o metafisica. Se accadeva che la conversazione toccasse qualche argomento religioso o metafisico, rifiutava senz’altro di considerare l’argomento alla luce della «religione rivelata». (...) Ricordo che una volta qualcuno introdusse a tavola il tema della risurrezione; Rimskij disegnò uno zero sulla tovaglia e disse: «Dopo la morte non c’è niente». Io ebbi la temerità di osservare che anche questo era solo un punto di vista, ma fui indotto a pensare, per qualche tempo in seguito, che avrei fatto meglio a starmene zitto. DOSTOEVSKIJ IN CASA Dostoevskij amava la musica, andava spesso ai concerti con mio padre e dava anche recital misti di canto e poesia insieme a lui. Ma nella mia mente diventò il simbolo dell’artista perpetuamente bisognoso di denaro. Mia madre ne parlava in questi termini, dicendo che stava sempre a sgobbare. I miei lamentavano che le sue letture delle proprie opere erano di una noia insopportabile. Dostoevskij per me è il russo più grande dopo Puskin. IBSEN SOLITARIO A Oslo c’era un delizioso tempo primaverile, freddo ma gradevole. Un giorno - sembrava che tutta la popolazione fosse per strada - andavamo in carrozza e l’amico che era con noi mi disse di guardare un ometto sul marciapiede alla nostra destra. Era Henrik Ibsen. Portava il cilindro e aveva i capelli bianchi. Camminava con le mani intrecciate dietro la schiena. Certe cose che uno vede restano negli occhi, non scivolano mai nel retroterra del cervello. IL TORO E LA "SAGRA" Nel luglio 1911, dopo le prime rappresentazioni di "Petruska", partii alla volta della tenuta di campagna della principessa Teniseva vicino a Smolensk per incontrare Nikolaj Roerich e progettare la sceneggiatura della "Sagra della primavera". (...) Da Ustilug raggiunsi Brest-Litovsk, e scoprii che avrei dovuto aspettare due giorni il prossimo treno per Smolensk. Corruppi perciò il macchinista di un treno merci perché mi lasciasse viaggiare in un carro bestiame, dove mi trovai solo a tu per tu con un toro. L’ani male era imbrigliato da un’unica fune non molto rassicurante, e poiché mi guardava con cipiglio e sbavava mi barricai dietro la mia solitaria valigetta. Quando a Smolensk uscii da questa corrida, spazzolandomi vestito e cappello, con la mia valigia lussuosa, o almeno non da vagabondo, sarò apparso sollevato. (...) Mi misi al lavoro con Roerich, e in pochi giorni il piano d’azione e i titoli delle danze furono pronti. GIACOMO BALLA Anche allora non avrei saputo descriverlo (l’allestimento dei "Fuochi d’artificio" realizzato dal futurista Balla, Roma 1917, ndr) se non come un fondale vuoto. Ricordo che lasciò perplesso il pubblico, e quando Balla venne alla ribalta non ci furono applausi: la gente non sapeva chi era, cosa aveva fatto, perché si inchinava. Balla allora infilò la mano in tasca e strizzò un aggeggio che fece svolazzare il suo papillon. Djagilev ed io, stavamo nello stesso palco, ci mettemmo a ridere, ma il pubblico rimase muto. Balla era divertente e simpatico, e alcune delle mie ore più spassose le passai in compagnia sua e dei suoi amici futuristi. (...) Lo andai a trovare spesso nel suo appartamento romano. Abitava vicino allo zoo, tanto vicino che il suo balcone si affacciava su una grande gabbia. In casa sua si sentivano rumori animali come nelle stanze d’albero a New York si sentono i rumori di strada. (...) Una volta come regalo di Pasqua mi diede una torta pasqualina di cartapesta, che a tagliarla a fette sospirava prodigiosamente. ERIK SATIE Nel suo appartamento, modestissimo, invece del letto c’era un’amaca, e d’inverno Satie riempiva bottiglie e bottiglie d’acqua calda e le metteva in fila là sotto, coricate, che sembravano una specie di esotica marimba. Ricordo la sua risposta a un tale che gli aveva promesso un dono pecuniario: «Monsieur, ciò che lei dice non trova le mie orecchie restie». GIACOMETTI Disse (Alberto Giacometti, ndr) che anche nella scultura porta a termine alla svelta il prodotto finale, ma fa con lentezza e nel corso di lungo tempo gli abbozzi preparatori, a volte centinaia, che poi scarta. Disegnava con una matita durissima, sbaffando di tanto in tanto le linee con cancellature e borbottava di continuo: «Non... impossible... je ne peux pas... una tête violente... je n’ai pas talente... je ne peux pas...». Disse di essere appena sfuggito a un fabbricante di automobili che gli offriva una somma considerevole perché affermasse che automobili e sculture sono la stessa cosa, ossia begli oggetti. CLINE "Viaggio al termine della notte" e "Morte a credito" mi piacquero molto. Céline mi mandava i suoi libri, e siamo stati in corrispondenza. Propose una collaborazione teatrale di cui non si fece nulla. Dopo il suo comportamento vergognoso durante e dopo la guerra, di lui adesso naturalmente non parlo. W.H. AUDEN Io amavo Auden sotto ogni riguardo, come essere umano e artista, e mi affascinava quanto più lo conoscevo. (...) Dapprima ero sconcertato da quelle che mi parevano contraddizioni della sua personalità. Si conduceva impugnando saldamente il timone della ragione e della logica, e tuttavia professava credenza superstiziose: per esempio nella grafologia, nell’astrologia, nei poteri telepatici dei gatti, nella magia nera, nelle categorie di temperamento, nella predestinazione, nel Fato. (...) Un giorno si lagnò di pressione alle orecchie. Lo portammo da un medico, che da ciascun orecchio gli tolse grosse pallottole di cerume. Auden era molto stupito, e continuava a parlare delle «straordinarie creaturine» che si erano annidate nei suoi condotti uditivi. DYLAN THOMAS Io allora (maggio 1953, ndr) ero a Boston, e Dylan venne a trovarmi. Ero confinato a letto per ordine dei medici, esausto per aver diretto un "Rake" dopo prove insufficienti. Appena vidi il poeta, dal letto, capii che la sola cosa da fare era volergli bene. Era nervoso, fumava una sigaretta dietro l’altra, e si lagnò di forti dolori di gotta... «Ma preferisco la gotta alla cura; non lascerò che un dottore mi conficchi in corpo quelle baionette». IGOR’ STRAVINSKIJ, ROBERT CRAFT