varie, 28 marzo 2008
LUPERI
LUPERI Giovanni La Spezia 3 gennaio 1950. Poliziotto. Responsabile dell’Aisi (l’ex Sisde). Nel maggio 2010 condannato dalla corte d’appello di Genova a quattro anni di reclusione per l’assalto alla scuola Diaz durante il G8 del 2001 (il 21 luglio, poco prima della mezzanotte, i poliziotti sfondarono il portone di ingresso della scuola di via Cesare Battisti: cercavano fantomatici Black Bloc, trovarono 93 persone inermi che furono massacrate di botte e arrestate illegalmente con prove costruite ad hoc) • «’La scuola Diaz è una delle pagine più brutte della storia della polizia. Una notte da dimenticare, una storia orribile. Come quella di Bolzaneto”. [...] Per quella sciagurata irruzione - 93 persone picchiate e imprigionate con prove fasulle - è imputato di falso in atto pubblico, calunnia aggravata, arresto illegale e abuso d’ufficio. Insieme a lui, difeso dall’avvocato Carlo Di Bugno, sono accusati 28 tra funzionari ed agenti. [...] si è presentato in aula ed ha reso spontanee dichiarazioni. Senza contraddittorio, come gli consente il codice. Per la prima volta uno dei super-poliziotti coinvolti ha parlato pubblicamente dell’operazione del 21 luglio 2001. Si è detto ”profondamente addolorato” per tutti quei ragazzi feriti nella scuola. ”Sconcertato” per tutti gli arresti. Però ha preso le distanze dai colleghi, sostenendo di aver avuto un ruolo del tutto marginale e non operativo. La procura invece mostra filmati e testimonianze: sostenendo che in quella ”brutta pagina” [...] abbia avuto un ruolo da protagonista. ”Io al vertice mi occupavo dei rapporti tra le polizie internazionali. Non di polizia giudiziaria. Quella notte ho accompagnato il prefetto Arnaldo La Barbera, appena arrivato a Genova. Per me il G8 era finito, stavo in disparte: quando è finito tutto mi hanno pure lasciato da solo, senz’auto”. Ero solo un osservatore, dice. Ma in un video la si vede con in mano il sacchetto delle due molotov, la regina delle prove fasulle, che un poliziotto aveva portato dentro l’istituto. ”Il peso di quel sacchetto me lo porto dietro da più di sette anni. Mi sono rimaste appiccicate alle mani, le bottiglie. Sono certo di averle poi consegnate ad una funzionaria che conoscevo. Non so chi me le abbia date. Davvero, non ricordo. Comunque, questo non è importante”. E cosa è importante? ”Domandatelo al vigliacco che ce le ha messe dentro. Io come potevo sapere che fosse tutto falso? Ad un certo punto un agente ha detto di aver ricevuto una coltellata da uno sconosciuto. Perché non avrei dovuto credergli?”. La versione degli imputati è la stessa. Nessuno ha picchiato, nessuno ha perquisito. Nessuno ha visto o fatto niente. Nessun responsabile, insomma. Non è che poi pagheranno solo un paio di agenti dalle mani pesanti? ”Lo ripeto, sono consapevole che sia stata scritta una brutta pagina nella storia della Polizia di Stato. Ma non l’ho scritta io. Io non ci volevo andare, in quella scuola”» (Massimo Calandri, ”la Repubblica” 28/3/2008).