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 2008  marzo 19 Mercoledì calendario

Ubs marcata a vista da Berna. Sole 24 ore 19 marzo 2008. L’ultima sirena d’allarme sull’ammontare delle attività a rischio di Ubs è suonata a Berlino, dove si sono dati convegno, lo scorso fine settimana, i 300 top manager del colosso elvetico

Ubs marcata a vista da Berna. Sole 24 ore 19 marzo 2008. L’ultima sirena d’allarme sull’ammontare delle attività a rischio di Ubs è suonata a Berlino, dove si sono dati convegno, lo scorso fine settimana, i 300 top manager del colosso elvetico. L’indiscrezione circolata in quella sede, in modo informale, raccolta dal «Sole-24 Ore», è che il gigante di Basilea, primo gestore al mondo di fortune private, abbia posizioni pericolanti in titoli per 130 miliardi di dollari che potrebbero generare nuove perdite (al cambio odierno, un biglietto verde è quasi pari a un franco svizzero). «Solo due settimane fa il mercato stimava attivi in difficoltà di Ubs per 84 miliardi di dollari, la settimana scorsa la cifra era già salita a 100 miliardi e ora siamo a 130» commenta una fonte che accetta di parlare in cambio dell’anonimato. La situazione di bilancio di Ubs, che con una raccolta di 3.300 miliardi di franchi svizzeri è tra le più grandi banche del mondo, desta preoccupazione nel sistema finanziario. Il gruppo nato dalla fusione tra Unione di Banche Svizzere e Società di Banche Svizzere ha chiuso i conti in "rosso", per la prima volta nel 2007, con una perdita di 4,38 miliardi di franchi e svalutazioni di attivi per 21 miliardi . Come per Citibank e Merril Lynch, il fattore scatenante della crisi sono stati i mutui subprime sul mercato immobiliare Usa. Ma i crediti deteriorati non si fermano ai subprime. La settimana scorsa si è saputo che Ubs ha in portafoglio mutui "Alt-A" (di qualità superiore ai subprime, ma ugualmente a rischio) per 24 miliardi di franchi iscritti a bilancio a 96 cents, che sembrava dovesse vendere al fondo Pimco a 76 cents, con una perdita di circa 5 miliardi. L’indiscrezione è poi stata smentita. Ma è servita a provare l’esistenza di altra merce "avariata" nei conti della banca. E altre insidie potrebbe celare il bilancio del primo trimestre. Il consiglio guidato da Marcel Ospel, il contestato presidente di Ubs, starebbe valutando la possibilità di ulteriori svalutazioni che potrebbero ammontare, secondo la medesima fonte, a 30 miliardi di franchi. La banca in tal caso, per fare cassa, potrebbe vendere Paine Webber (l’investment banking) o varare un aumento di capitale in tempi stretti, anche se non è facile scucire soldi agli investitori in un mercato così scivoloso. L’ultima iniezione di denaro è di circa un mese fa, quando il fondo sovrano di Singapore e un investitore mediorientale hanno sottoscritto un prestito convertibile in azioni Ubs, rispettivamente per 11 e 2 miliardi di franchi. E allora il titolo valeva circa 50 franchi, mentre oggi quota poco più della metà. In questo contesto di crescente criticità, la Banca centrale elvetica ha deciso di marcare a vista il gigante di Basilea. Riferisce una fonte londinese che l’autorità di Berna ha messo sotto osservazione il gruppo da oltre un mese, per tre ordini di problemi. In primo luogo, per contenere, accanto alle perdite per la banca, il danno d’immagine per il Paese. Ubs, pilastro dell’economia svizzera, era la banca fatta prudenza. E l’essere rimasta invischiata nei subprime non depone a favore dell’alta reputazione di cui ha sempre goduto la Svizzera in campo finanziario. In secondo luogo, per contenere il rischio di una scalata ostile. Il valore di Ubs si è più che dimezzato dai 79 franchi del marzo 2007 ai 28 di ieri, pari a una capitalizzazione di quasi 51 miliardi. Chi può escludere un takeover, a questi prezzi? Un attacco potrebbe arrivare dal mondo anglosassone, riferisce la fonte londinese: da banche Usa quali Wachovia o JP MorganChase (che però è impegnata nell’aggregazione di Bear Stearns per una manciata di milioni di dollari, con la garanzia della Fed). Ma in Svizzera questo scenario è ritenuto improbabile. «Se Ubs dovrà proprio aprire il capitale, favoriti appaiono i tedeschi di Deutsche Bank», dicono a Lugano. Per bloccare sul nascere un’eventuale scalata, l’autorità monetaria potrebbe spingere per una fusione tra Ubs e Crédit Suisse. Ma questa, al momento, è solo una speculazione. L’operazione potrebbe rappresentare l’unione di due debolezze. Senza contare i problemi per la concorrenza interna. In terzo luogo, Berna si preoccupa del possibile deflusso di depositi agevolato dall’eccezionale rafforzamento dell’euro su tutte le altre valute: problema delicato soprattutto per una banca che, tra Lugano, Ginevra e Zurigo, gestisce grandi patrimoni individuali anche nell’ordine dei 500 milioni e del miliardo di franchi (proprio un cliente svizzero da 500 milioni di franchi avrebbe chiesto a metà febbraio a Lugano di trasferire la posizione in un’altra banca). Gli insoddisfacenti risultati di Ubs nelle gestioni, il crollo in Borsa, le svalutazioni e le voci di nuovi crack nel mondo sono elementi di possibile panico in Europa. L’autorità elvetica non li sottovaluta. Anche se in altre aree la banca è in forte espansione. A Singapore, dove è il primo istituto, Ubs raccoglie circa 3 miliardi di franchi alla settimana. Giuseppe Oddo