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 2008  marzo 21 Venerdì calendario

Al Qaeda. Repubblica 21 marzo 2008. Cos´è diventata Al Qaeda, dieci anni dopo? Il "Fronte islamico per il jihad contro i giudei e crociati" non è più quello fondato nell´Afghanistan del Mullah Omar, santuario in cui avevano trovato rifugio, a metà degli anni Novanta, gli sconfitti del jihad locale, egiziani e algerini in primo luogo, oltre che i reduci di quello vittorioso e "internazionalista" contro i sovietici, combattuto proprio alle pendici dell´Hindu Kush

Al Qaeda. Repubblica 21 marzo 2008. Cos´è diventata Al Qaeda, dieci anni dopo? Il "Fronte islamico per il jihad contro i giudei e crociati" non è più quello fondato nell´Afghanistan del Mullah Omar, santuario in cui avevano trovato rifugio, a metà degli anni Novanta, gli sconfitti del jihad locale, egiziani e algerini in primo luogo, oltre che i reduci di quello vittorioso e "internazionalista" contro i sovietici, combattuto proprio alle pendici dell´Hindu Kush. L´invasione americana ha provocato l´annientamento di buona parte di quella struttura, anche se non della sua leadership storica. Dunque Al Qaeda non è più quella che si è materializzata nell´ottobre 2001, quando Al Jazeera mandò in onda il famoso "video delle grotte", filmato in cui l´intero vertice dell´organizzazione si mostrò al mondo in un´iconografia allo stesso tempo arcaica e modernissima. La sopravvivenza lascia nelle mani della leadership storica la sigla dell´organizzazione che, dopo l´attacco all´America, ha un immenso valore aggiunto. Bin Laden e Zawahiri faranno del controllo del marchio la loro nuova ragione politica. La clandestinità ha imposto una doppia strategia. Innanzitutto, sfruttare le azioni di gruppi e individui che si richiamano al jihad ma operano autonomamente nei diversi scenari, lasciando che rivendichino la loro appartenenza a Al Qaeda. Il vantaggio di questa cessione del marchio è reciproco: i gruppi locali si legittimano davanti al nucleo storico e carismatico del jihad globale; e quest´ultimo dimostra la propria esistenza nonostante l´inabissamento indotto dalla "guerra al terrore". Dopo Tora Bora Al Qaeda diventa sempre meno una "cupola", con una leadership centralizzata in grado di pianificare le operazioni, e sempre più una struttura a rete. In questo ambiente fluido convivono i collaudati reduci di Al Jihad egiziano o i militanti del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, divenuto in seguito Al Qaeda nel Maghereb; ma anche i "giovani di Leeds" autori degli attentati di Londra del 2005. Insomma, Al Qaeda è, oggi, sempre più il qaedismo: un movimento che convive con la leadership storica ma dalla quale mantiene una forte autonomia politica e militare, nonostante i tentativi della prima di riorganizzarsi sfruttando la favorevole congiuntura in Afghanistan e Pakistan. Il conflitto che ha visto opporsi duramente Zawahiri a Zarkawi, l´uomo che ha radicato il jihad in Iraq senza attendere ordini dalle montagne afgane, illustra bene le relazioni che intercorrono nella galassia jihadista dopo l´inverno 2001. Inizialmente leader di Al Tawhid, Zarkawi aderisce ad Al Qaeda nell´autunno 2004, quando il jihad contro gli americani è ormai in corso da tempo. La formale sottomissione a Osama gli consente di diventare l´emiro di "Al Qaeda nel paese dei Due Fiumi"; nei fatti Zarkawi continua a perseguire la logica territorialista osteggiata da Zawahiri, teorico della guerra asimmetrica globale e ostile allo scontro aperto con nemici convenzionali. La struttura a legame debole impone inoltre l´enfatizzazione del jihad on line. Attraverso Internet, la rete va in Rete: se nel web la galassia radicale discute, manda messaggi e fa propaganda, attraverso le televisioni la Al Qaeda storica punta ad andare oltre la sua mera esistenza "catodica". La necessità di occupare lo spazio della comunicazione, presidiato dalla sezione propaganda As-Sahab, obbliga Zawahiri e Osama ad apparire regolarmente in video, sfruttando il perverso meccanismo che lega media e terrorismo. In questo modo i due tentano di trasformare la leadership virtuale in reale. Oggi il jihadismo globale è assai più debole di dieci anni fa, anche se può fare ancora molti danni. Le sue premesse strategiche si sono rivelate infondate, vanificate non solo dai nemici ma anche dai movimenti islamonazionalisti, o islamisti neotradizionalisti, che agendo alla luce del sole hanno maggiori prospettiva di conquistare il potere. Lo stesso jihad si rivela più efficace quando si salda a realtà territoriali, come dimostra la stessa rinascita dei Taliban. Il sogno neocaliffale di Bin Laden, favorito dalla deteritorializzazione che caratterizza l´era globale, è assai lontano dal realizzarsi. RENZO GUOLO