Il Manifesto 22 marzo 2008, MARINELLA CORREGGIA, 22 marzo 2008
Il giorno dell’acqua e l’anno della toilette. Il Manifesto 22 marzo 2008. Halima è morta di diarrea a tre anni nel villaggio afgano di Spinkay
Il giorno dell’acqua e l’anno della toilette. Il Manifesto 22 marzo 2008. Halima è morta di diarrea a tre anni nel villaggio afgano di Spinkay. Aveva bevuto l’acqua contaminata di un vicino fiume, utilizzata per fare tutto: bere, lavarsi, lavare i panni, cucinare. Del resto il 25 per cento dei bambini afgani, urbani e rurali, di meno di cinque anni, che si ammalano e spesso muoiono di malattie legate all’assenza o al cattivo funzionamento dei servizi igienico-sanitari. Secondo lo State of the World’s Toilets 2007 Report, pubblicato dall’organizzazione inglese Water Aid, in Afghanistan il 92 per cento dei 26,6 milioni di abitanti non ha accesso a un sistema idrico-sanitario decente. Il paese insomma risulta fra i primi, nella lista dei luoghi peggiori al mondo. Ciò non stupisce visto che il 60 per cento della popolazione vive in slum non pianificati e vista la storia di emergenze attraversata da quel paese. Negli anni scorsi si sono fatti investimenti per l’accesso all’acqua potabile, un altro diritto negato (il 22 marzo è la Giornata mondiale per l’acqua) ma quasi nulla sui servizi igienico-sanitari. L’associazione indiana Sulabh, specializzata nel settore (ha realizzato 7.500 toilette comunitarie in India), ha costruito cinque toilette pubbliche a Kabul, con digestori di biogas per il riciclaggio dei rifiuti solidi umani in biogas, da usare per l’illuminazione e l’elettrictà. Il sistema compostante Sulabh è una soluzione povera ma tecnologicamente efficace che richiede pochissima acqua. L’accesso a decenti servizi igienici è nel mondo negato a 2,6 miliardi di persone; 1,5 miliardi vivono in Asia, un terzo delle quali in Cina e un altro terzo in India. Dimezzare queste cifre entro il 2015 è fra gli obiettivi di sviluppo del Millennio indicati dall’Onu. Il 2008 è stato decretato dall’Onu anno della sanitation, ovvero dei servizi igienico-sanitari. Tema poco elegante ma fondamentale se oggi un bambino ne muore ogni venti secondi (e se, come sottolineò Victor Hugo nei I miserabili, «La storia umana è anche la storia delle fognature»). Questo diritto negato colpisce anche l’educazione: è meno probabile che i bambini, soprattutto le bambine, vadano a scuola se non ci sono toilette e punti d’acqua. Se invece ci sono, essi possono avere l’effetto di convincere le famiglie, come il pasto offerto in classe a bambini che magari digiunerebbero. Ogni anno circa 200 milioni di tonnellate di rifiuti solidi umani si perdono nell’ambiente senza trattamento alcuno. Un problema per le acque, per la salute e per la dignità umana. Occorrono tecnologie appropriate, maturate con la partecipazione dei destinatari, in genere i gruppi più emarginati della società. E soluzioni a basso costo, a basso consumo di acqua e tutelanti la dignità umana. Non sarà necessariamente un collegamento alle fogne - l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) ha dichiarato che nel 2030 le persone non collegate a un sistema fognario raggiungeranno i 5 miliardi a causa dell’incremento demografico - che necessitano di molta acqua, ma magari latrine compostanti o altri metodi appropriati. In una prigione a Mombasa in Kenya i detenuti costruiranno un bacino artificiale per smaltire con la fitodepurazione i reflui di 4.000 persone, che ora vanno direttamente a inquinare i corsi d’acqua. In Tanzania si stanno usando le alghe per depurare le deiezioni da poter poi usare come fertilizzanti. Occorre anche, sottolinea la World Toilet Association, sdoganare l’argomento: «Le discussioni a proposito di latrine e fogne devono diventare parte della conversazione abituale». Cerchiamo tutti di farlo, in questo giorno dedicato all’acqua e alle sue crisi. La crisi della risorsa, provocata dal cambiamento climatico, dall’inquinamento, dall’ipersfruttamento industriale e agricolo, e la crisi dei servizi idrici e di igiene. Si tratta di proteggere e gestire il ciclo dell’acqua, dalle piogge al drenaggio. Ma, sottolinea Sunita Narain dell’indiano Centre for Science and Environment, la comunità internazionale non capisce l’acqua e cerca soluzioni tecnologiche rapide anziché governare il processo». MARINELLA CORREGGIA