ALDO CAZZULLO, Corriere della sera 23 marzo 2008, 23 marzo 2008
«Contro Garibaldi e il suo genocidio nel Meridione». Corriere della sera 23 marzo 2008. E’ già un mito, e una leggenda nera: l’uomo più potente di Cuffaro, e il signore delle Asl; il nuovo alleato di Berlusconi, e il campione della politica clientelare
«Contro Garibaldi e il suo genocidio nel Meridione». Corriere della sera 23 marzo 2008. E’ già un mito, e una leggenda nera: l’uomo più potente di Cuffaro, e il signore delle Asl; il nuovo alleato di Berlusconi, e il campione della politica clientelare. E’ il padrone di Catania. Il 13 aprile, se come indicano i sondaggi batterà Anna Finocchiaro, sarà il padrone della Sicilia. La sua ambizione è fondare un partito da Roma in giù, una Lega Sud, con cui contrattare l’alleanza con il Pdl in cambio di denari e potere. Ma chi è Raffaele Lombardo? Cosa si sa di lui, oltre che non bacia, non abbraccia ma riesce a incontrare in un giorno più vescovi, questuanti e giornalisti di Cuffaro? Cosa vuole, oltre al Ponte? «C’è una sola cosa che mi sta a cuore più del Ponte: la revisione storica. Non sono contro l’unità nazionale; non mi conviene. Però è tempo che l’intera nazione prenda coscienza del male che ci ha fatto Garibaldi: l’unità ci ha portato sottosviluppo, immigrazione, e un genocidio chiamato brigantaggio, con gli insorti impiccati, bruciati vivi e denigrati come banditi. La conquista savoiarda ha depredato le casse del Banco di Sicilia e ha impedito la nascita di uno Stato federale sotto il coordinamento di un sovrano, magari del Papa. Ma il primo invasore non è stato Garibaldi; è stato Ulisse. E il primo della lunga serie di scrittori che hanno umiliato i siciliani è Omero. Polifemo era il povero siciliano, un pecoraio che badava al gregge e vendeva il suo formaggio. Ulisse arriva dal mare, sconfigge il gigante cattivo, lo acceca, lo lascia per morto, e passa pure alla storia come il civilizzatore buono. Da lì comincia il saccheggio della mia isola, troppo ricca per non attrarre i predoni». Lombardo dice di non amare una certa idea della Sicilia. «Non mi piace per nulla Verga e la sua immagine dei siciliani sconfitti, rassegnati, vinti. Non amo Pirandello, che invece ce li racconta complicati, imprevedibili, intricati. Non amo De Roberto: mi dipinge l’idea dell’ascaro, che va a Roma con il cappello in mano e qui si gode i privilegi del viceré vessando la sua gente. E meno ancora mi piace Tomasi di Lampedusa. Non è vero che i siciliani siano condannati a non cambiare mai. E non è vero che "siamo dei". Noi siamo fessi. La novità è che ce ne siamo resi conto. Il Ponte servirà anche a guarirci dalla sicilitudine, a svelarci a noi stessi per quel che siamo, uomini come gli altri; infatti lo chiamerei "Ponte della Rivoluzione". Non mi piace la Piovra. E neppure "Il capo dei capi", che esalta le virtù eroiche di Riina. Ammiro Sciascia, profondo conoscitore della psiche siciliana. Brancati è molto meno profondo, si ferma agli aspetti esteriori. Apprezzo Bufalino, Consolo, ora Silvana Grasso, un genio, e non lo dico perché si candida con me. Ma lo scrittore che meglio esalta le virtù dei siciliani è Andrea Camilleri. Perché è vero che ci sono i mafiosi, ma c’è anche Montalbano che li prende a sganassoni. Infatti ho chiesto a Camilleri di candidarsi. Mi ha risposto che aveva già detto no al Pd». Camilleri è di sinistra. «Ma io non sono di destra. Sono autonomista. E un siciliano come Camilleri lo vorrei con me. Ho in lista ex comunisti. Stimo artisti di sinistra: nella mia Catania, Carmen Consoli dirige la sezione musica dell’Etna Fest; al primo concerto per la vita venne pure Franco Battiato, e non volle un euro». Democristiano fin da ragazzo, «mi sono fatto i muscoli con il ciclostile a manovella». Con Scelba, destra del partito. Poi con Mannino – «il politico più colto mai conosciuto » ”, sinistra del partito. Due volte arrestato, «ma sempre assolto, e risarcito. La prima volta mi diedero i domiciliari, per una storia di temi per un concorso. La seconda volta dopo otto giorni mi misero a confronto con l’accusatore, e mi rilasciarono ». Risorto nel Ccd, poi abbandonato per mettersi in proprio: «Con Casini il rapporto è tornato buono, ma lui è prigioniero dell’idea del partitino, del cespuglietto. Doveva aggregare industriali e bocconiani, Montezemolo e Mario Monti, invece ha perso pezzi: Sandro Fontana, Pomicino, uno con il genio della politica. Poteva fare ministro D’Antoni; gli ha preferito Baccini». Medico specializzato in psichiatria forense, tesi in «costruzione di figure deliranti»: «Ho studiato come gli schizofrenici costruiscono i loro deliri, attingendo a figure dominanti; ieri Napoleone, oggi Berlusconi ». Francesco Merlo ha paragonato Lombardo agli accattoni che presidiano i portali delle chiese. «Ma se la fiscalità di vantaggio non costa un soldo allo Stato!». Lei praticamente vuole l’abolizione delle tasse in Sicilia. «No, voglio esentare dalle tasse le nuove imprese, e così frenare l’immigrazione, far crescere i consumi». E le clientele. «La vera fonte di corruzione è questa legge elettorale. So di gente che paga centinaia di migliaia di euro per un posto da capolista. Dobbiamo tornare alla preferenza ». La sua trattativa con Berlusconi è durata tre anni. «Si accorse di me nel 2005. A Catania Enzo Bianco aveva 30 punti di vantaggio su Scapagnini; feci quattro liste in suo sostegno, e lo salvai. Con il Cavaliere non ci siamo presi subito. Ora lo vedo più determinato. Anche lui vuole fortemente il Ponte, per lasciare un segno nella storia». Micciché invece ce l’ha con lei. «Ma no. E’ sempre stato il mio referente in Forza Italia. Si è gettato a capofitto quando ha visto aprirsi uno spazio, dopo la caduta di Cuffaro; anche se l’ho sentito parlare bene di Totò fino al giorno prima». A proposito, Cuffaro? «Lo conosco da trent’anni. Ho conosciuto i suoi genitori, gente mite, umile, ho conosciuto sua moglie e i suoi figli. Ha commesso una grande leggerezza, legata al suo carattere troppo generoso, per nulla cauto. Lo accusano di aver informato due amici. Può non aver saputo che fossero caduti nelle spire della mafia». E lei, ha mai avvertito le spire della mafia? «La mafia mi ha minacciato di morte». Come? «Lettere, telefonate. Senza giri di parole. "Ti ammazzeremo"». Lombardo è più cauto di Cuffaro? «La mano delle persone si può stringere. Rivendico il diritto di parlare con chicchessia. Se poi passa a proposte irricevibili, basta cambiare discorso, e interlocutore». Dei magistrati antimafia cosa pensa? «Sono persone dalla forte motivazione morale, di grande coraggio. Dobbiamo essere protettivi con loro. Anche se mi criticheranno, avranno sempre la mia stima e la mia solidarietà». E Bossi? «Un mito. Uno che ha sacrificato un pezzo di sé per la politica. Ammiro i leghisti. Sì, anche Calderoli. Hanno sempre portato a casa qualcosa per la loro terra». Aldo Cazzullo