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 2008  marzo 23 Domenica calendario

Taiwan, vince il candidato «amico» del regime cinese. Corriere della sera 23 marzo 2008. I nazionalisti del Kuomintang si riprendono Taiwan con il loro candidato, Ma Ying-jeou, che stravince la corsa alla presidenza

Taiwan, vince il candidato «amico» del regime cinese. Corriere della sera 23 marzo 2008. I nazionalisti del Kuomintang si riprendono Taiwan con il loro candidato, Ma Ying-jeou, che stravince la corsa alla presidenza. E’ un risultato che piace alla Cina perché, nel pieno della crisi tibetana, allontana definitivamente l’ipotesi della indipendenza dell’isola, cavallo di battaglia in questi anni dello schieramento democratico- progressista. Ma tirano un respiro di sollievo anche gli Stati Uniti che non hanno risparmiato dure critiche all’ ipotesi di separazione di Taiwan dalla Repubblica Popolare. Se Pechino non può accettare l’idea di perdere un territorio-provincia che ritiene storicamente suo e sul quale rivendica piena sovranità, Washington, legata a Taiwan da un trattato che la obbliga a intervenire militarmente in caso di guerra, non ha alcun interesse ad alterare gli equilibri, già precari, nell’area. Meglio stabilizzare lo status quo piuttosto che uno strappo le cui conseguenze rischierebbero di essere pericolosissime. In questa chiave è certamente un segnale positivo sia per Pechino sia per Washington, oltre al risultato presidenziale, l’esito dei due referendum che chiedevano ai taiwanesi di pronunciarsi sull’adesione all’Onu e toccavano temi sensibili relativi alla identità nazionale: non hanno ottenuto il quorum e sono dunque stati bocciati. L’effetto domino che avrebbe scatenato un eventuale successo dei separatisti è svanito. Pechino è contenta. Per depotenziare nuovi focolai di emergenza aveva adottato una strategia parallela: da un lato aveva approvato la legge antisecessione che consente l’intervento armato a Taiwan ma dall’altro aveva avviato una politica di disgelo, puntando sulla vittoria dei nazionalisti del Kuomintang. Il capo del Kmt, Ma Ying-jeou, ha ottenuto il 58 per cento dei suffragi, più di 7 milioni su 13, contro il 42 per cento di Frank Hsieh, uno dei fondatori del Dpp. Di origine hongkonghina, il trionfatore della competizione ha un dottorato in diritto ottenuto ad Harvard ed è favorevole a discutere la normalizzazione dei rapporti con Pechino. Ciò non significa ne condivida il sistema autoritario e che sia semplicemente orientato ad assecondare i progetti del regime comunista (riassumibili nella formula «Un Paese, Due sistemi» già adottato con Hong Kong e Macao). La sua linea è sintetizzata in tre «no»: no all’unificazione, no alla secessione, no all’uso della forza. E si completa con un programma economico che mira a portare il tasso di crescita al 6 per cento annuo e il reddito pro capite da 16 mila a 30 mila dollari. Lo scarto di voti fra il Kuomintang e i Democratici-Progressisti si è rivelato molto alto ma lievemente inferiore (circa quattro punti in meno) rispetto ai sondaggi che, pur vietati negli ultimi 10 giorni, circolavano alla vigilia dell’ apertura dei seggi. La ragione di questo scarto parziale, secondo gli osservatori, è da ricercarsi nelle polemiche e nelle preoccupazioni che ha generato nell’elettorato taiwanese l’esplosione della questione tibetana. Alla fine, con le immagini degli scontri fra i monaci buddhisti e le forze della sicurezza cinese che scorrevano nelle televisioni, entrambi gli schieramenti hanno affrontato con molta enfasi il delicato tema dei rapporti con Pechino. Ed entrambi, i nazionalisti e i progressisti, hanno puntato a rassicurare i taiwanesi: Taipei, che ha scelto di darsi un assetto parlamentare, non intende rinunciare alle sue conquiste costituzionali e alla democrazia. Conservatore Il nuovo presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou Fabio Cavalera