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 2008  marzo 23 Domenica calendario

E il laureato devasta il chiostro. Il Sole 24 ore 23 marzo 2008. Una delle prime, vere conquiste del Sessantotto fu la soppressione della goliardia

E il laureato devasta il chiostro. Il Sole 24 ore 23 marzo 2008. Una delle prime, vere conquiste del Sessantotto fu la soppressione della goliardia. Nel 1966, quando mi iscrissi a Giurisprudenza a Torino, dovetti subire le forche caudine di ogni matricola, con relativo papiro infarcito di oscenità, processo e assoluzione «in nomine Bacci, Tabacci Venerisque». L’autunno successivo, un gruppo di feluche decise a replicare il cerimoniale fu malmenato e disperso dalle matricole in eskimo. I goliardi erano mummie di un passato mefitico e autoritario, proprio come i baroni accademici. Quarant’anni dopo, mentre i Sessantottini in carriera si autocelebrano – non si capisce per quali meriti visto lo stato del Paese ”, il fantasma con la feluca torna ad aggirarsi negli atenei. Ma è una goliardia da reality, da karaoke, da pub di periferia, che ha dimenticato il latino maccheronico e le rime di Cecco Angiolieri e delle nobili tradizioni conserva soltanto gli aspetti più trucidi e volgari. Per giunta, con la benedizione di mamma e papà. Soprattutto nel civile Nord Est, le sessioni di laurea si trasformano in gazzarre da stadio, con le aule magne gremite di parenti fino al terzo grado, nonne, zie, nipotini in passeggino, torme di fidanzate e di amici che fanno la «ola» . Il candidato o candidata che al termine di uno stentato triennio espone balbettando la sua tesina «googlata» con un frettoloso copia-incolla, viene interrotta dalle ovazioni dei fan davanti ai volti rassegnati dei professori. E all’annuncio del punteggio, anche un miserabile 79 è travolto da boati di giubilo e raffiche di flash che pare la notte degli Oscar. Ma il bello viene dopo: il laureato viene inseguito nei corridoi da leggiadri coretti del tipo «Dottore del buco del c..../ vaffan... vaffan...», trascinato in cortile, denudato, legato a un albero o un’inferriata, ricoperto di uova e farina, mentre i partecipanti al festino, ormai visibilmente alticci, si tirano bottiglie addosso e contro le pareti. Poiché molti atenei italiani hanno sede in palazzi storici, quattro volte all’anno i chiostri del Seicento sono tappezzati di fotocopie di neodottori in mutande e gli addetti alle pulizie devono spazzare cocci e bicchieri rotti e ripulire gli affreschi dagli schizzi di uova e di vino. E se qualche professore fa tanto di protestare, i genitori lo zittiscono prontamente: «Devono ben festeggiare, poveri ragazzi!». Come no? Festeggino pure, ma fuori dall’università, che è o dovrebbe essere un luogo di studio, di rispetto e di formazione dei cittadini. Sarebbe il modo migliore per celebrare il quarantennale del ’68: «La buona educazione al potere!». Riccardo Chiaberge