Liberazione 25 marzo 2008, Valeria Muccifora, 25 marzo 2008
Cara YouTube perché censuri i lesboclip che ci piacciono? Liberazione 25 marzo 2008. Renster era la mia eroina (suppongo fosse una donna)
Cara YouTube perché censuri i lesboclip che ci piacciono? Liberazione 25 marzo 2008. Renster era la mia eroina (suppongo fosse una donna). Aveva creato la sua lesbolandia personale su YouTube, caricando decine di montaggi di fiction lesbica fatti da lei. Sguardi, baci, complicità, effusioni (presumo fosse una donna anche perché il sesso esplicito latitava; per quello bisognava digitare i descrittori hot lesbian fuck, presenti in nutrita schiera). Ogni clip durava il tempo di una bella canzone, anche questa poteva essere una hit recente o invece una nostalgia d’antan, e illustrava meravigliose coppie lesbiche prese da film vecchi e nuovi, serie televisive, soap operas e videoclip provenienti da tutto il mondo, dal bacio della regina Cristina-Greta Garbo alla sua Ebba, passando per la Catherine Deneuve di Miriam si sveglia a mezzanotte che si concede alla bella Susan Sarandon fino alle affettuosità intergenerazionali della professoressa di Loving Annabelle (rifacimento di Madchen in Uniform ancora non arrivato in Italia) verso la sua giovane allieva. E poi c’erano le coppie che hanno fatto impazzire le fan in giro per i canali televisivi del globo, e che vivono, se non più nell’etere, nei tributi a loro votati e disseminati, anche grazie a Renster, in rete: da Bianca e Maggie di All my children , Alex e Paige di Degrassi , Marissa e Alex di The O.C. , Spenser e Ashley di South of Nowhere , fino all’olimpo lesbico di L word . Renster, che accanto alle immagini indicava fedelmente titoli e provenienze, aveva creato un archivio tematico prezioso e godibile e uno strumento utile per l’immaginario di chissà quante lesbiche in cerca di riferimenti identitari. Un brutto giorno, però, cliccando sul suo nick si veniva avvertiti che il suo account non esisteva più. Renster era stata vittima del flagging, una pratica controversa di "pulizia" (abbastanza orwelliana) del sito, che già nel 2006 un articolo del New York Times definiva «una china scivolosa». Secondo questa pratica ogni utente registrato può segnalare (flag) un video come "inappropriate" (esatto: è lo stesso aggettivo usato dal presidente americano Clinton per descrivere la sua non-relazione con la stagista Monica Lewinsky). Il team di YouTube lo esamina e, nel caso verifichi il mancato rispetto delle linee guida del sito, lo rimuove. Ripetute violazioni delle regole conducono alla cancellazione permanente dell’account. Renster però dev’essere un tipo tenace (ecco perché probabilmente è una donna). Oggi la si ritrova online sotto un nick poco differente dal primo, ha ripetuto per 41 volte l’estenuante operazione di caricamento dei suoi video cancellati e nelle note personali rivendica il suo diritto a diffondere immagini di un tipo d’amore del quale ritiene di non doversi vergognare, né che arrechi offesa a nessuna presunta sensibilità. E d’altra parte, non è nella mission di YouTube perseguire delle politiche antidiscriminatorie? Ma allora, visto che Renster è sparita e potrebbe risparire, che cosa succede sulla piattaforma video più popolare del web, la creatura pagata 1,6 miliardi di dollari da BigG, cioè Google, la company che ha come motto don’t be evil (cioè "non essere malvagio")? Ogni minuto vengono caricate sul sito 7 ore di nuovi video, che non possono essere preventivamente filtrati. Attualmente dovrebbero esserne disponibili più di 77 milioni, inseriti dai quasi 3 milioni di user registrati/e. Rappresentano il vero "bottino" di Youtube, operatore privato che vive di pubblicità e che diventa automaticamente proprietario (ma non responsabile) di qualunque cosa venga inserita. Chi si è registrato/a e ha accettato i termini d’uso (che implicano la responsabilità legale sul contenuto dei clip regalati alla piattaforma) può mettere i suoi video in rete, ma deve rispettare delle regole. La principale riguarda il rispetto delle norme sul copyright. In teoria si potrebbe inserire sulla piattaforma esclusivamente materiale user generated, cioè creato ex novo dall’utente. Eppure appare chiaro anche a una veloce ricognizione che YouTube vive sulla violazione sistematica di questa sua prima regola (l’escamotage del fair use - "uso giusto" - sorta di eccezione alle norme del diritto d’autore che si appella all’uso "trasformativo" del materiale copiato è infatti poco più di una foglia di fico): i video che includono contenuti soggetti a copyright (immagini e/o musiche) sono la maggioranza. Le altre regole riguardano la natura dei contenuti. Non si possono mostrare atti sessuali visibili o impliciti, la nudità, immagini sessualmente allusive anche in assenza di nudità, immagini shockanti o disgustose, materiale che inciti all’odio contro gruppi, razze, religioni, disabilità, generi, età, orientamento sessuale e identità di genere. Il flagging è lo strumento al quale YouTube si affida per far rispettare le regole. Ma il suo sistema di applicazione, nonostante sia stato modificato lo scorso novembre e reso, a detta dei responsabili, «efficace, giusto e meno misterioso» di prima, lascia ampio spazio a gravi usi discriminatori e/o a esiti paradossali: potrebbero essere flaggate le istruzioni per l’autopalpazione del seno, il treno altamente metaforico che entra nell’ugualmente metaforica galleria di Intrigo internazionale di Hitchcock, le immagini degli attacchi dell’11 settembre, le testimonianze delle violenze in Iraq, le immagini dello tsunami in cui si intraveda un topless, un cesto di frutta con due arance e una banana messe "male". La censura è detestabile ma la vaghezza censoria è anche peggio, perché è non solo inaggirabile, ma anche declinabile a piacimento. Un omofobo/a (come quello/a che ha fatto cancellare Renster) può giocare sulla nudità o sul copyright per colpire invece una tendenza sessuale. E ciò avviene mentre il descrittore fuck ("fottere") continua non solo ad avere le sue 400mila entries di video consultabili, ma anzi a rappresentare un’esca per "pilotare" migliaia di utenti su qualche video pubblicitario. Il tutto alla faccia delle politiche antidiscriminatorie di cui sopra. YouTube, inutile negarlo, è costantemente pieno di pornografia, negazionismo, odio, immagini shockanti. Ma anche di informazione, arte, cultura, creatività. Il fatto è che YouTube è esattamente come il mondo: sul sito transita (in attesa di possibile flagging - di parte o meno - e conseguente cancellazione) il meglio e il peggio di tutto quello che c’è "fuori". Per questo è così interessante. Censurare è un esercizio odioso, inutile e pericolosissimo (ci si sono "suicidate", in nome della correttezza politica, parecchie comunità di Usenet). E farlo arbitrariamente (ancorché essendo soggetto privato, ma con influenza pubblica sulla libertà d’espressione planetaria) e discriminatoriamente è anche peggio. Specialmente agli occhi delle/gli internaute/i, abituati/e, anche grazie a YouTube, a poter avere accesso a (e vedere) tutto quello che la tv non mostra. Valeria Muccifora