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 2008  marzo 25 Martedì calendario

dal nostro corrispondente PECHINO - Dai Giochi della trasparenza alle Olimpiadi della censura. La rivolta tibetana ha innescato una catena di reazioni difensive nel regime cinese

dal nostro corrispondente PECHINO - Dai Giochi della trasparenza alle Olimpiadi della censura. La rivolta tibetana ha innescato una catena di reazioni difensive nel regime cinese. Finita l´operazione-simpatia, si passa dal nervosismo alla paranoia. Pechino fa marcia indietro rispetto ad alcuni progressi degli ultimi anni nella libertà di lavoro della stampa estera. L´ultimo segnale è il divieto di ogni ripresa televisiva da Piazza Tienanmen, che resterà «invisibile» ai telespettatori del mondo intero da qui alle Olimpiadi. una brutta sorpresa per i network mondiali: l´americana Nbc ha investito da sola ben 2,3 miliardi di dollari per i diritti televisivi sui Giochi e contava di utilizzare ampiamente la più celebre piazza della capitale. Tienanmen è un luogo-simbolo, carico di ricordi e significati politici. la più larga piazza urbana del mondo, nella sua dimensione attuale l´immensa spianata è il risultato degli sconvolgimenti urbanistici voluti da Mao Zedong nel 1949, con la distruzione di vecchi quartieri e l´imposizione di uno stile titanico influenzato dall´Unione sovietica. Teatro di adunate oceaniche delle Guardie rosse durante la Rivoluzione culturale, e di imponenti sfilate militari nelle ricorrenze ufficiali, Tienanmen unisce i luoghi storici del potere antico e contemporaneo: l´ingresso della Città Proibita, la sede del Congresso, il mausoleo con la salma di Mao. Ma nella memoria resta impressa per l´ultima tragedia, quando il 4 giugno 1989 i carri armati dell´Esercito popolare di liberazione schiacciarono nel sangue la protesta studentesca. Nei piani del regime le Olimpiadi dovevano cancellare nell´opinione pubblica internazionale il ricordo del 1989. La Repubblica popolare si preparava a usare i Giochi per imporre un´immagine nuova, fiduciosa e rassicurante. Ora quelle speranze sono compromesse. Anche se il boicottaggio dei Giochi è improbabile, la rivolta iniziata il 10 marzo a Lhasa ha spezzato l´incantesimo. Pechino riceverà mezzo milione di turisti, diecimila atleti e oltre ventimila giornalisti in un clima meno rilassato e amichevole del previsto. Il regime si rimangia impegni formali che aveva preso con il Comitato olimpico internazionale. Il divieto di filmare Piazza Tienanmen non è stato motivato ma la ragione è evidente: il governo teme proteste improvvise e vuole oscurare un placoscenico prediletto dai manifestanti. Per la stessa ragione il Tibet è stato «chiuso» alla stampa estera. Il divieto di accesso viene esteso a tutte le enclave tibetane nelle provincie limitrofe, come lo Sichuan dove la ribellione continua e ieri è morto un poliziotto. una clamorosa marcia indietro nella libertà concessa ai giornalisti stranieri: dall´inizio del 2007 il regime aveva allentato i controlli, eliminando l´antica normativa che imponeva di segnalare i nostri spostamenti nelle provincie e chiedere l´autorizzazione per i reportage. Il consolato Usa a Pechino avverte inoltre i turisti americani che con ogni probabilità gli alberghi per stranieri durante i Giochi saranno invasi di microspie e dispositivi di spionaggio elettronico anche per monitorare Internet e le email. Mentre stringe la morsa della censura, il regime cinese sta anche soffiando sul fuoco del nazionalismo e della xenofobia. Dopo una breve pausa iniziale in cui i mass media di Stato avevano messo il silenziatore alla rivolta tibetana, ora gli ordini di scuderia spingono nella direzione opposta. L´opinione pubblica viene bombardata di immagini raccapriccianti (e a senso unico) sulle violenze commesse dai manifestanti tibetani contro la popolazione di etnìa cinese han a Lhasa e in altre zone del Tibet. Fatto rarissimo per la tv pubblica Cctv, che di solito evita le notizie negative e diffonde immagini di violenze solo se accadute all´estero, la copertura delle aggressioni tibetane contro cittadini cinesi indifesi è dettagliata, con particolari scabrosi: sui teleschermi continuano a comparire gli scheletri carbonizzati di una famigliola cinese arsa viva dai manifestanti. Certe immagini sono un falso clamoroso: la foto di un presunto attentato incendiario a un autobus, attribuito alle manifestazioni di questi giorni, è in realtà riciclata da un fatto di cronaca di tre anni fa. L´opinione pubblica è sotto choc. Sui forum online dei giornali e nella blogosfera s´ingrossa l´onda di piena del risentimento cinese contro i tibetani. Anche noi siamo nel mirino: la propaganda di Pechino ha lanciato una campagna per denunciare la disinformazione dei mass media occidentali e «smascherare» le distorsioni nella cronaca delle manifestazioni tibetane. La Cnn sarebbe stata colta in flagrante perché una foto del suo sito, tagliata, non mostra alcuni manifestanti tibetani impegnati in una sassaiola contro un camion. Ma il governo rifiuta il rimedio più efficace per consentirci un´informazione «equilibrata»: lasciarci entrare in Tibet e in tutte le zone sotto assedio, per vedere con i nostri occhi.