Milano Finanza 21 marzo 2008, Giuliano Castagneto, 21 marzo 2008
Sarà un anno di purgatorio. Milano Finanza 21 marzo 2008. Come sottolinea in questa intervista a MF / Milano Finanza Guido Manca, che di Independent Strategy è il co-fondatore insieme a David Roche, ci aspettano almeno 12 mesi di sofferenza, durante i quali la Federal Reserve sarà costretta a trascurare non solo la stabilità del dollaro, ma anche quella dei prezzi, proprio per ridurre l’impatto reale della restrizione creditizia prodottasi in queste settimane sul mercato
Sarà un anno di purgatorio. Milano Finanza 21 marzo 2008. Come sottolinea in questa intervista a MF / Milano Finanza Guido Manca, che di Independent Strategy è il co-fondatore insieme a David Roche, ci aspettano almeno 12 mesi di sofferenza, durante i quali la Federal Reserve sarà costretta a trascurare non solo la stabilità del dollaro, ma anche quella dei prezzi, proprio per ridurre l’impatto reale della restrizione creditizia prodottasi in queste settimane sul mercato. Domanda. Dottor Manca, questa è una crisi di liquidità o di solvibilità? Risposta. E’ una crisi che è nata da un problema di liquidità, ma che gradualmente si è trasformata in crisi di solvibilità, a causa delle svalutazioni degli asset in portafoglio alle istituzioni finanziarie, soprattutto quelle che non accendono depositi. Proprio per questo motivo gli interventi della Federal Reserve possono portare qualche sollievo temporaneo ma non possono essere il toccasana. D. Ma Wall Street ha accolto l’ultimo taglio con un rialzo del 3,5% del Dow Jones. R. Durante questi periodi di forti ribassi ci sono sempre dei violenti e momentanei recuperi, ma la tendenza di fondo rimane negativa. D. Avete provato a fare una stima delle perdite potenziali ancora non emerse? R. Riteniamo che, su tutte le istituzioni finanziarie, banche, assicurazioni, hedge funds e anche operatori delle carte di credito, e su tutti i prodotti disponibili, le perdite potenziali si aggirino intorno a 1.400 miliardi di dollari. Cifra che corrisponde al 2,5% del pil mondiale. D. Se le misure della Fed sono di limitata efficacia, quali altri strumenti possono essere predisposti per attutire un simile impatto? R. Negli Stati Uniti si continua a parlare di una struttura promossa dal governo, un super Siv, che dovrebbe acquistare i prodotti finanziari più in difficoltà. Ma non c’è nulla di definito. Vede, anche nel 1991, in occasione della crisi delle Savings and Loan associations, ci fu un intervento governativo a sostegno delle istituzioni in crisi. Ma stiamo parlando di un fenomeno molto più limitato e circoscritto agli Stati Uniti (il costo totale fu di 124 miliardi di dollari, ndr). In questo caso, invece, il problema si sta trasmettendo a vari comparti e in diverse aree della finanza mondiale. D. I fondi sovrani possono essere una soluzione? R. I fondi sovrani investono per guadagnare, e adesso puntare sulle banche può essere rischioso. D. Quali sono le istituzioni maggiormente a rischio? R. Quelle non bancarie che si sono molto indebitate per investire in strumenti complessi e poco liquidi. Gli hedge fund e i fondi cosiddetti alternativi, in pratica. E in effetti un’altra decisione importante presa dalla banca centrale Usa è stata quella di aprire la discount window anche alle banche d’investgimento, ciò che dà la possibilità di ottenere credito a breve dando a garanzia titoli molto spesso di buona qualità D. Iniettando liquidità, Bernanke stimola l’inflazione e deprime il dollaro. Questo potrebbe ridurre l’appetibilità dei prodotti finanziari sugli Usa per gli investitori esteri, inducendoli a vendere e ad alimentare le svalutazioni? R. Adesso il dollaro non è fra le priorità della Fed, alla quale tutto sommato conviene anche un’accelerazione della dinamica dei prezzi, perché riduce l’impatto in termini reali dell’attuale stretta creditizia. D. Secondo lei quale sarà l’epilogo di questa crisi? R. Una robusta contrazione dell’attività economica per un periodo fra 12 e 18 mesi. Questo è inevitabile. D. Quali sono le decisioni da prendere ai fini della gestione del portafoglio? Per esempio anche i Btp son stati colpiti dalla crisi. R. Lo spread fra Btp e Bund dovrebbe ridursi notevolmente rispetto ai livelli attuali, anche perchè l’economia italiana è parte integrante di quella europea, che è ancora solida. Suggeriamo di ridurre il peso in portafoglio delle azioni, fra le quali privilegerei titoli difensivi quotati sui listini europei e anche i tecnologici, con un approccio selettivo. Infine resterei molto cauto sulle materie prime, che si sono apprezzate moltissimo e che potrebbero risentire del rallentamento dell’economia globale. Giuliano Castagneto