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 2008  marzo 17 Lunedì calendario

Una vita in simbiosi per le forzate dell’acqua. La Stampa 17 marzo 2008. Con l’argento al collo, sotto la pioggia, sotto gli zaini, a bivaccare su un marciapiede buio in attesa di un autobus

Una vita in simbiosi per le forzate dell’acqua. La Stampa 17 marzo 2008. Con l’argento al collo, sotto la pioggia, sotto gli zaini, a bivaccare su un marciapiede buio in attesa di un autobus. Tutte insieme, in dodici, come al solito, una vita in sincro a faticare per un attimo di gloria che dura davvero poco anche quando arriva. A Eindhoven, la nazionale di nuoto sincronizzato esce dal primo giorno di finali con un secondo posto di squadra, podio costante agli Europei, e un inedito bronzo in solitaria, medaglia che mancava da 9 anni, dal bronzo di Giovanna Burlando. Lo ha vinto Beatrice Adelizzi, mimetizzata tra le altre, «con i capelli impomatati che e’ l’unica pettinatura che ci possiamo permettere» e il trucco pesante, da gara. Per arrivare a quei tre minuti di colonna sonora, davanti a un pubblico e a una giuria e a una tv che dara’ in differita una sintesi da qualche parte a qualche ora della notte, ha passato 10 mesi in raduno, tre settimane su quattro. Riposo solo la domenica, 2 settimane a Natale e tre nella pausa tra una stagione e l’altra, il tutto per 8 mila euro lordi, «tassati» come dicono loro, il valore di una borsa di studio che ha bisogno di premi prestazione per diventare sopravvivenza «e comunque se non ci mantenessero i genitori...». Il resto e’ simbiosi o quel che serve per raggiungerla, che e’ un misto di sofferenza e adrenalina «non si sa da dove arriva e quando molla sei al buio». Bea, come la chiamano le altre in un tam tam di soprannomi e battute tipiche di chi condivide ogni ora, ha esordito agli Europei di Budapest con un quinto posto, qui e’ salita sul podio ieri e ci riprova oggi nel duo che le ha raddoppiato l’esistenza. Si esibisce con Giulia Lapi «ci hanno messo insieme un anno e mezzo fa e all’inizio non ci incastravamo, ora siamo sorelle. Non abbiamo dovuto imparare solo il numero, anche la coabitazione e la gestione del tempo. Io agitata, lei calma e trovare l’equilibrio ha portato a delle belle crisi isteriche». Alla domanda «chi te lo fa fare?» non rispondono mai, perche’ non esiste un motivo per sfiancarsi 4 ore fuori dall’acqua e 5 dentro: palestra, pesi, flessibilita’, allungamenti, esercizi acrobatici, pilates, una lezione dopo l’altra dentro una monotonia assoluta. «Bisogna non essere a posto, avere una tara, qualcosa che tilta nel cervello per decidere di fare sta vita». Lo dice il Ct, Laura De Renzis mentre le ragazze sorridono, annuiscono, gesticolano e in fondo speravano di meglio, speravano che una ragione piu’ razionale ci fosse invece neanche la veterana, ex atleta e tecnico da 26 anni, ha un buon motivo: «Credo che la soddisfazione di uscire dall’acqua con il tuo corpo, inventare nuove forme e armonie sia pazzesca. Non lo so, la sola parola che mi viene in mente e’ creazione». Pero’ e’ un attimo, un istante, nemmeno tutto l’esercizio che e’ fatto anche di spinte, prese subacquee e allineamenti al millemetro, il momento perfetto dura ancora meno dell’esibizione. «Eppure vale, vale». Adelizzi racconta il ritmo dentro l’Acqua Acetosa di Roma, sede dei raduni, mentre le altre si mettono in fila alla fermata, cappucci in testa e ognuna a un pelouche colorato che rimbalza attaccato al borsone. «Il tempo libero non me lo ricordo, c’e’ la domenica che passo a dormire e cerco di andare al cinema, ultimo film visto "Non e’ un Paese per vecchi", prima di partire». Non e’ neanche uno sport per vecchi, nella squadra azzurra si arriva al massimo ai 25 anni «difficile resistere oltre». Lo fanno le spagnole che hanno vinto tutto, prime anche qui sia in squadra che in singolo, e superano i 30. Pochi altri. In Italia, il movimento di vertice e’ minimo, ci sono le dodici nel giro nazionali e un’altra ventina di senior, il resto allieve, sotto i 12 anni, 400 persone e juniores, altri 350. «Da piccola non lo sai come va a finire, inizi ed e’ divertente, la musica, la danza, ballare nell’acqua e’ entusiasmante per qualsiasi bambino», Bea ha iniziato a 8 anni perche’ era stufa di nuotare, «prima che mi ritrovassi dentro questo sport ne e’ passato e quando ti accorgi ormai e’ tardi, fa parte di te. Mi fa rabbia che ci sia qualcuno che non pensa a noi come atleti». Troppo atlete, tanto che per loro e’ impossibile avere una posizione sulla Cina e il Tibet, «l’ultima settimana e’ prove e basta, non ho mai guardato la tv, non ho visto una sola immagine. Puo’ sembrare imbarazzante, ma e’ il mio lavoro e funziona cosi’». Per loro la Cina esiste dal 16 aprile, torneo preolimpico dove le possibilita’ di qualificarsi tra le squadre e’ minima, balla un posto solo da contendersi con il Canada. De Renzis cerca di sdrammatizzare: «Le ragazze escono, hanno le loro storie, certo davanti agli impegni importanti, tiriamo un po’ il guinzaglio. Ma si fa per dire, in realta’ studiano un sacco, non so come fanno». Sono tutte universitarie e non frequentano, non hanno il tempo, il calendario esami e’ il retro di quello competizioni, quando uno e’ vuoto, l’altro e’ pieno e il privato resta in mezzo, stritolato. «Siamo l’altra Italia, c’e’ Amici, il Grande fratello... noi stiamo da un’altra parte. Come tutti gli atleti, ma noi ancora piu’ nell’ombra. E’ un posto ancora diverso». Non ci arrivano i riflettori, le copertine, non ci arriva neanche il Coni che non include le sincronette nel club olimpico, l’elite che riceve piu’ finanziamenti, «zitti, forse ora si muove qualcosa, aspettiamo novita’. Magari anche un doppio misto, mi piacerebbe aprissero il sincro agli uomini, sarebbe divertente». Il pullman carica la squadra, una dopo l’altra, in coda. Domani un altro giro, martedi’ rientro e riprende la routine, smossa solo dagli stage invernali in Sud Africa, Pretoria da due anni, prima era Los Angeles «sverniamo, almeno questo». A casa ci sono le coreografie da perfezionare, quelle di Stephane Miermont, uscito dal Cirque du soleil e ora coreografo di Stati Uniti e consulente per l’Italia. «E’ anche grazie a lui se abbiamo avuto punteggi migliori, ma adesso sotto, qui abbiamo fatto il conto delle ore pero’ c’e’ chi si allena piu’ di noi, cinesi, russe. Loro non conoscono pause». L’Italia poche e prima di Pechino diminuiranno. Tutto per un istante, «Vale, vale». GIULIA ZONCA