Federico Fubini, Corriere della Sera 22/3/2008, 22 marzo 2008
MILANO
La differenza, a prima vista, è nel caffé. Sia le multinazionali cinesi che quelle russe hanno aumentato a ritmi esponenziali gli investimenti in Italia nell’ultimo anno, ma le prime si sono scontrate con un problema ambientale. «La differente cultura si manifesta anche nella frequenza delle nostre "pause caffé", la cui necessità non è immediatamente comprensibile per un manager asiatico », scrivono Gianluca Pellicciari e Renato Ridella di A.T. Kearney. Invece, «il problema non appare rilevante in quelle russe ».
Sarà anche per questo, ma il recente rapporto di due analisti mostra che proprio gli investitori russi hanno ormai il peso maggiore in Italia fra quelli dei Paesi emergenti. Le consociate di gruppi di Mosca o San Pietroburgo sono relativamente poche, 12 contro le 27 cinesi o le 26 indiane. Ma in un’economia da quattro milioni di piccole e medie imprese, scommettono sui grandi numeri: i dipendenti in Italia delle multinazionali russe sono più di diecimila, per un fatturato di oltre tre miliardi di euro.
A bene vedere, anche i loro mestieri rivelano come l’Italia dei russi non somigli poi troppo a quella di indiani o cinesi. Questi ultimi, notano Pellicciari e Ridella, cercano il «made in Italy» per uscire dall’angolo che li vede posizionati nella trappola «basso prezzo-bassa qualità ». In parte è lo stesso obiettivo di Spi Group, leader mondiale della vodka che in Russia produce la Moscovskaya e dai Marchesi de’ Frescobaldi ha preso il 26% di Tenute di Toscana. Ma colossi russi dell’acciaio come Severstal, Rusal e Evraz, Rusal o Novolipetsk in Italia puntano più alla sostanza che allo stile: il rilancio delle acciaierie Lucchini da parte di Severstal è solo il più visibile di una serie di investimenti concentrati sull’industria pesante. Così i russi sbarcano in Sardegna con Rusal su Eurallumina o nel bresciano con Renova su Energetic Souce, mentre Lukoil guarda alle raffinerie Erg. Coordinati o meno, si concentrano tutti su nicchie nell’energia e nelle materie prime di cui non sempre gli italiano ricordano il valore.
Federico Fubini Alexey Mordashov, numero uno di Severstal. A sinistra, Vagit Alekperov, fondatore e leader di Lukoil