Sergio Romano, Corriere dela Sera 23/3/2008, 23 marzo 2008
I trogloditi hanno vissuto per secoli in «abitazioni» ricavate scavando nel tufo, avendo capito che già pochi metri nel sottosuolo la temperatura della terra era costante: venti gradi sia d’inverno che d’estate
I trogloditi hanno vissuto per secoli in «abitazioni» ricavate scavando nel tufo, avendo capito che già pochi metri nel sottosuolo la temperatura della terra era costante: venti gradi sia d’inverno che d’estate. Senza chiedere di «tornare» sottoterra (avremo tutto il tempo di restarci poi), potrebbe spiegarmi come mai nel nostro Paese gli impianti geotermici per sfruttare questa risorsa energetica naturale (gratuita, pulita e inesauribile) siano così poco diffusi? Senza dimenticare quella città cinese, citata dal buon Beppe Grillo, di due milioni e mezzo di abitanti (non un paese di quattro case!) che oltre ad essere completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, cede addirittura corrente alla rete pubblica! Franco Milletti milletti@email.it Caro Milletti, I n Italia la geotermia è legata al nome di un geniale ingegnere francese, François Jacques Larderel, che giunse a Livorno verso la fine del Settecento e seppe sfruttare il vapore che si sprigiona dai lagoni o soffioni boraciferi della Toscana. Per estrarre l’acido borico dai fanghi naturali di una zona della provincia di Pisa, nel comune di Pomarance, riuscì a imbrigliare il calore naturale e a servirsene per l’alimentazione delle caldaie. Fu un imprenditore, ancor prima che un inventore, e accumulò una considerevole fortuna. Italianizzò il suo nome (Francesco Giacomo), aggiunse al cognome la particella nobiliare «de» e divenne infine, grazie al Granduca Leopoldo II, conte di Montecerboli, dal nome del comune dove aveva fatto i suoi primi esperimenti. Non basta. In omaggio all’ingegnere francese divenuto toscano, il granduca volle che la zona in cui era sorto il primo stabilimento si chiamasse Larderello. Ammirato e nobilitato, Larderelle finì per imparentarsi, sia pure alla lontana, con i Savoia quando una nipote sposò un figlio naturale di Vittorio Emanuele II. Nel suo libro sulle diverse fonti di energia Leonardo Maugeri ricorda che a Larderello ebbe luogo nel 1904, per iniziativa di Piero Ginori Conti, il primo esperimento per la produzione di energia elettrica da fonte geotermica e che qui fu costruita nel 1913 la prima centrale geotermoelettrica «propriamente detta, attrezzata con una turbina da 250 kw». Qualche tempo fa mi capitò di sorvolare la zona in elicottero e di constatare che i grandi comignoli sormontati da un pennacchio di fumo bianco s’inseriscono perfettamente nel paesaggio toscano e danno alla zona un carattere fiabesco. I soffioni di Larderello sono soltanto una delle molte fonti di calore che emergono dalla superficie terrestre e di cui l’uomo si serve sin dall’antichità, anche per fini terapeutici. Per farne uso su larga scala, tuttavia, occorre scendere a maggiore profondità e individuare giacimenti importanti. Maugeri ricorda che la temperatura del sottosuolo aumenta mediamente di 25-30˚C ogni chilometro. I problemi, a questo punto, sono sostanzialmente due: una buona conoscenza geologica del sottosuolo e tecnologie ancora più avanzate di quelle sono state realizzate per la ricerca degli idrocarburi. La geologia ha fatto grandi progressi e la tecnologia ne farà certamente altrettanti. Ma credo che tutto dipenda in ultima analisi dal prezzo e dalla disponibilità delle fonti di energia di cui ci serviamo attualmente. Sfrutteremo il sottosuolo, in altre parole, soltanto quando le altre fonti di energia diventeranno scarse e ancora più costose di quanto già non siano.