Marco Castelnuovo, La Stampa 22/3/2008, 22 marzo 2008
La differenza c’è, ma è minima. Il Pd scrive nel suo programma: «Abolire le Province a partire da quelle ove esistono le città metropolitane»
La differenza c’è, ma è minima. Il Pd scrive nel suo programma: «Abolire le Province a partire da quelle ove esistono le città metropolitane». Il Pdl, per bocca del suo leader Silvio Berlusconi, rilancia: «Le Province sono tutte inutili e fonte di costi per i cittadini». Visto che anche in campagna elettorale tiene banco il tema dei costi della politica, tagliare gli enti locali può essere lo strumento giusto per risparmiare. Sì, ma quanto? Dieci miliardi di euro, spiega l’Eurispes, l’istituto di studi politici che individua nell’abolizione delle Province il modo più efficace per tagliare i costi della politica. Per l’Eurispes, infatti, «nel solo 2006 le Province hanno speso complessivamente 13 miliardi di euro, contro gli 11 di flussi finanziari in entrata e i 2 di indebitamento. Di tali 13 miliardi, il 18,3% sono spese per il lavoro dipendente, contro il 28,4% dei consumi intermedi, il 22,3% di investimenti fissi lordi e il 31% di tutte le altre voci di spesa. Nell’ipotesi in cui il personale (62.778 tra dirigenti e impiegati) venisse re-impiegato in altre amministrazioni o istituzioni locali, l’abolizione delle Province consentirebbe appunto - calcola ancora l’Eurispes - un risparmio complessivo di 10,6 miliardi nel 2006, dal momento che verrebbero meno tutte le altre voci di spesa». Una scelta radicale, l’abolizione delle Province, che l’Eurispes propone alla luce fra l’altro del loro crescente indebitamento tra il 2000 e il 2006, totalmente imputabile, escluso il 2006, «alle inefficienze nella gestione in conto capitale», e del fatto che il maggiore bisogno finanziario è dato dai consumi finali (redditi da lavoro, consumi intermedi e ammortamenti), il 78% della spesa corrente del 2006. Le Province italiane, infatti, presentano soprattutto negli ultimi anni conti economici in netto peggioramento: dal 1986 al 2006 le entrate sono aumentate a un tasso di crescita medio annuo del 13,9%, ovvero il 5,3% in più rispetto a quello di tutte le amministrazioni pubbliche e lo 0,6% in più rispetto a quello delle amministrazioni centrali. A causa del tasso di crescita così elevato, le entrate provinciali sono quasi quadruplicate nel corso di un ventennio, raggiungendo, nel corso del 2006, gli 11 miliardi di euro, contro i 2,9 del 1986». I dati relativi all’andamento dei conti economici provinciali, regione per regione, dal 2000 al 2005, evidenziano la presenza di «un tasso di crescita delle entrate elevato nelle Province dell’Abruzzo (+125 per cento), della Calabria (+124,2) e del Veneto (+118) e prossimo allo zero in Friuli Venezia Giulia (+0,6%) e in Molise (+1,6%); un tasso di crescita della spesa che nelle Province di sei Regioni (Veneto, Calabria, Piemonte, Abruzzo, Emilia Romagna, Marche) ha superato il 100%; un peggioramento complessivo dei conti economici delle amministrazioni provinciali, tanto che il numero delle Regioni le cui Province presentano una condizione di indebitamento è passato da 4 nel 2000 a 10 nel 2005 (di cui 5 nel Nord Italia, 2 nel Centro Italia e 3 nel Sud e Isole); una situazione dei conti economici provinciali particolarmente sofferente nel Lazio, nel Veneto, nel Piemonte e nell’Emilia Romagna; il miglioramento dei conti economici provinciali in sole sei regioni (Toscana, Puglia, Sicilia, Campania, Umbria e Abruzzo), di cui il caso più eclatante è sicuramente quello della Sicilia che, nel 2000, presentava una situazione di indebitamento per 102 milioni di euro e che, nel 2005, ha ottenuto un saldo positivo per 166 milioni di euro. Il crescente indebitamento delle amministrazioni provinciali, quindi, non è imputabile, omogeneamente, a tutte le Province, ma è la risultante di due dinamiche opposte tra loro: da un lato, il miglioramento dei conti economici delle Province di alcune Regioni (Sicilia, Puglia, Campania, Toscana); dall’altro, il peggioramento dei conti economici delle Province di tutte le altre Regioni (soprattutto Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna), tale da compensare il buon andamento dei primi e determinare l’incremento sensibile dell’indebitamento complessivo. L’Eurispes segna la strada, i candidati seguono (a parole), ben sapendo che questa sarà una battaglia che difficilmente riusciranno a vincere.