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 2008  marzo 22 Sabato calendario

Quando Fabio Fazio ha rivolto ad Abraham Yehoshua delle domande su temi altamente drammatici (conflitto mediorientale, identità ebraica…) non riusciva a evitare di ridere, o almeno di sorridere

Quando Fabio Fazio ha rivolto ad Abraham Yehoshua delle domande su temi altamente drammatici (conflitto mediorientale, identità ebraica…) non riusciva a evitare di ridere, o almeno di sorridere. Ora, Fazio, solitamente misurato, non è l’infame Franti di Cuore. Non intendeva dissacrare alcunché. Da dove nasce questa coazione al riso? Dal desiderio di rassicurare a oltranza il suo pubblico? Da una difficoltà a esprimere il tragico? In verità con un’altra scrittrice, Helga Schneider, il conduttore sembrava un po’ afasico di fronte all’argomento trattato (la Shoah). In entrambi i casi ho percepito una sua distanza – gentile ma «di sicurezza » – dall’interlocutore. La mia impressione è che, come tutti gli italiani, Fazio sia convinto che qualsiasi cosa accada nel mondo non ci riguardi davvero! Una candida illusione cui vorrebbero invece strapparci a forza altre trasmissioni tv, pensosamente contrite dei mali dell’universo. Esagerano per sensibilizzarci, non ci risparmiano nulla (apocalissi ambientali, violenze sui bambini…), ma alla fine l’iperbole della catastrofe ci sembra egualmente irreale. Cesare Garboli osservò che il nostro Paese, incline a far ridere o piangere, ama soprattutto la recita. Forse questo è il punto. Tendiamo alla messinscena di sentimenti e stati d’animo, per poterli distanziare. Ci piace recitare il riso e le lacrime, il cinismo e l’indignazione, senza mai restarne troppo coinvolti. Tanto noi stiamo sempre altrove. Il reale è un optional. Così in letteratura. Perché in Italia va di moda il noir? Perché mostra gli orrori «spettacolari », non quelli prosaici che si nascondono nelle nostre esistenze quotidiane. Fingiamo di spaventarcene. Ne restiamo ammutoliti o possiamo perfino sorriderne. FILIPPO FACCI